giovedì 18 giugno 2015

Apologia del barcone - Massimo Nicolazzi

Mare. Tragedia. Abisso. Commozione.

E infine politica (?). Che prende la forma del lasciare il migrante in fondo al mare e dell’annunciare guerra santa al negriero. Inchiodare lo scafista sul bagnasciuga e magari fargli a pezzi il barcone. Fermare e sconfiggere i novelli trafficanti di umani. Per umanità e in nome dell’umanità.

Qui però qualche neurone sembra incidentarsi, forse sovraccarico (di falsa coscienza?). Il trafficante/schiavista classico acquistava in piena proprietà umani schiavi; e schiavi li rivendeva a un compratore.

L’armatore del barcone si fa pagare il viaggio da un uomo “libero”; e libero (?) lo sbarca a fine traversata. È sicuramente un criminale, ma la vittima dei suoi crimini è un suo cliente, non un suo schiavo. Il presunto negriero, in realtà, è un tour operator. Promette la traversata del Sahara con mezzi di fortuna e acqua e cibo non garantiti; poi quella del Mediterraneo con mezzi in condizioni di galleggiamento precario.

Eppure i clienti fanno la coda. E non, a quanto si capisce, giusto per gusto dell’estremo. Oltre a fare la coda pagano pure. Si dice non meno di mille euro giusto per la crociera mediterranea. E probabilmente non meno di tremila (ma c’è chi anche dice cinquemila) per il percorso netto Sahara mediterraneo. Le statistiche correnti ci dicono che tra gli altri già 37 mila eritrei e 17 mila somali avrebbero approfittato dell’offerta.

E provare con un altro tour operator? Un biglietto aereo Addis Abeba-Europa con 3-400 euro lo si trova. Viaggio breve, confortevole e sicuro. Costa un decimo della concorrenza. Poi arrivi, chiedi asilo politico, e speri che te lo diano. Non funziona. Senza visto non ti imbarcano; il visto turistico hanno smesso di dartelo per paura che tu non voglia tornare; e per avere asilo politico bisogna che tu arrivi perché all’Ambasciata del paese in cui sei non si può fare (guardatevi – anche per gli impedimenti comunitari – Hans Rosling, Why Boat Refugees Don’t Fly).

I migranti fanno la fila per acquistare il biglietti dal tour operator criminale per una semplicissima ragione. Lui agisce in regime di monopolio. È la conseguenza di una nostra scelta (e questo non è un giudizio di valore, ma solo una constatazione). Se il somalo vuole venire in Europa, può arrivarci solo in barcone. L’Europa non dà licenza ad altri di trasportarlo.

La politica del respingimento all’origine lascia aperta per i migranti solo la speranza di un accoglimento a destinazione; e per i migranti sub-sahariani (ma non solo) la via obbligata dell’affidamento a un’organizzazione criminale per il trasporto a destino. Se sopravvivi a Sahara e Mediterraneo, magari in un momento di pietas e rilassatezza l’asilo te lo danno; se ci provi in un altro modo non ti lasciano nemmeno cominciare la pratica.

Due corollari, poi liberi tutti di tenerne o di non tenerne conto. Il primo: il somalo (o chiunque altro) che si affida al criminale sa i rischi cui va incontro – l’informazione è globale. Eppure preferisce il rischio di morire di sete prima o affogato poi alla certezza di trascorrere la sua vita nel paese in cui è nato.

Il secondo: il somalo deve mettere assieme per pagarsi il viaggio non meno di tremila euro. E viene da un paese con un reddito medio annuo pro capite di 123 dollari scarsi (dati Onu). Il biglietto del tour operator è roba per ricchi. Da chiamare a raccolta famiglia e famiglie per metterli assieme.

Difatti spesso paga a rate. Prima la traversata del Sahara, poi il saldo per l’imbarco e il Mediterraneo. E spesso si fa mesi o anni di quasi prigionia in Libia in attesa che arrivino i soldi per il saldo. Meglio impegnare ogni avere e farsi un po’ di schiavitù sulla costa libica che aspettare di morire a casa propria. Rischia la vita, sapendolo, e investe la ricchezza di famiglia pur di partire. Parlando di accoglimento e respingimento, sarebbe bene tenessimo a mente il metro della sua disperazione.

Poi non tutto si può accogliere, e il problema può solo essere gestito ma non risolto, e l’accoglimento deve essere “selettivo”. Tutto giusto e ragionevole. Purché discusso alla trasparente luce del sole. Evitando di arricchire oltre l’inesauribile semantica della falsa coscienza.

Non ci riuscirà, anche volendo, di distruggere i barconi. E neanche di inchiodare gli scafisti sul bagnasciuga. Però, se ci riuscisse, bloccheremmo oggi con loro anche l’unica speranza di fuga dalla disperazione di una folla di migranti che ha pagato il biglietto. E che preferisce il rischio della morte alla vita cui è altrimenti destinata.

Si scrive”guerra ai trafficanti”; ma si legge “chiudiamo la frontiera”. La frontiera è legittimo chiuderla. E sappiamo che l’alternativa dell’accogliere non può che essere nell’immediato solo parziale, dunque limitare il fenomeno senza risolverlo e senza essere capace di mettere immediatamente fuori mercato la traversata del Sahara.

Ma se vogliamo comunque accogliere, non importa quanto selettivamente, c’è giusto un modo per farlo evitando ai migranti gli abissi. Dargli un altro tour operator. E con preghiera (nostra) che sia europeo.

Il modo più sicuro per prevenire il naufragio di un barcone è evitare che salpi; però, a volte, basta che non si riempia.


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