Mare.
Tragedia. Abisso. Commozione.
E
infine politica (?). Che prende la forma del lasciare il migrante in fondo al
mare e
dell’annunciare guerra santa al negriero. Inchiodare lo scafista sul
bagnasciuga e magari fargli a pezzi il barcone. Fermare e sconfiggere i novelli
trafficanti di umani. Per umanità e in nome dell’umanità.
Qui
però qualche neurone sembra incidentarsi, forse sovraccarico (di falsa coscienza?). Il
trafficante/schiavista classico acquistava in piena proprietà umani schiavi; e
schiavi li rivendeva a un compratore.
L’armatore
del barcone si fa pagare il viaggio da un uomo “libero”; e libero (?) lo sbarca
a fine traversata. È sicuramente un criminale, ma la vittima dei suoi crimini è un
suo cliente, non un suo schiavo. Il presunto negriero, in realtà, è un tour operator.
Promette la traversata del Sahara con mezzi di fortuna e acqua e cibo non
garantiti; poi quella del Mediterraneo con mezzi in condizioni di
galleggiamento precario.
Eppure
i clienti fanno la coda. E non, a quanto si capisce, giusto per gusto dell’estremo. Oltre a fare la coda pagano pure. Si
dice non meno di mille euro giusto per la crociera mediterranea. E
probabilmente non meno di tremila (ma c’è chi anche dice cinquemila) per il
percorso netto Sahara mediterraneo. Le statistiche correnti ci dicono che tra
gli altri già 37 mila eritrei e 17 mila somali avrebbero approfittato
dell’offerta.
E
provare con un altro tour operator? Un biglietto aereo
Addis Abeba-Europa con 3-400 euro lo si trova. Viaggio breve, confortevole e sicuro.
Costa un decimo della concorrenza. Poi arrivi, chiedi asilo politico, e speri
che te lo diano. Non funziona. Senza visto non ti imbarcano; il visto turistico
hanno smesso di dartelo per paura che tu non voglia tornare; e per avere asilo
politico bisogna che tu arrivi perché all’Ambasciata del paese in cui sei non
si può fare (guardatevi – anche per gli impedimenti comunitari – Hans Rosling, Why Boat Refugees Don’t Fly).
I
migranti fanno la fila per acquistare il biglietti dal tour operator criminale per una semplicissima ragione. Lui
agisce in regime di monopolio. È la conseguenza di una nostra scelta (e questo
non è un giudizio di valore, ma solo una constatazione). Se il somalo vuole
venire in Europa, può arrivarci solo in barcone. L’Europa non dà licenza ad
altri di trasportarlo.
La
politica del respingimento all’origine lascia aperta per i migranti solo la
speranza di un accoglimento a destinazione; e per i migranti sub-sahariani (ma non
solo) la via obbligata dell’affidamento a un’organizzazione criminale per il
trasporto a destino. Se sopravvivi a Sahara e Mediterraneo, magari in un
momento di pietas e
rilassatezza l’asilo te lo danno; se ci provi in un altro modo non ti lasciano
nemmeno cominciare la pratica.
Due
corollari, poi liberi tutti di tenerne o di non tenerne conto. Il primo: il somalo (o chiunque altro)
che si affida al criminale sa i rischi cui va incontro – l’informazione è
globale. Eppure preferisce il rischio di morire di sete prima o affogato poi
alla certezza di trascorrere la sua vita nel paese in cui è nato.
Il
secondo: il somalo deve mettere assieme per pagarsi il viaggio non meno di
tremila euro. E
viene da un paese con un reddito medio annuo pro capite di 123 dollari scarsi (dati Onu). Il
biglietto del tour operator è
roba per ricchi. Da chiamare a raccolta famiglia e famiglie per metterli
assieme.
Difatti
spesso paga a rate. Prima la traversata del Sahara, poi il saldo per l’imbarco e il
Mediterraneo. E spesso si fa mesi o anni di quasi prigionia in Libia in attesa
che arrivino i soldi per il saldo. Meglio impegnare ogni avere e farsi un po’
di schiavitù sulla costa libica che aspettare di morire a casa propria. Rischia
la vita, sapendolo, e investe la ricchezza di famiglia pur di partire. Parlando
di accoglimento e respingimento, sarebbe bene tenessimo a mente il metro della
sua disperazione.
Poi
non tutto si può accogliere, e il problema può solo essere gestito ma non
risolto, e
l’accoglimento deve essere “selettivo”. Tutto giusto e ragionevole. Purché
discusso alla trasparente luce del sole. Evitando di arricchire oltre
l’inesauribile semantica della falsa coscienza.
Non
ci riuscirà, anche volendo, di distruggere
i barconi. E neanche
di inchiodare gli scafisti sul bagnasciuga. Però, se ci riuscisse, bloccheremmo
oggi con loro anche l’unica speranza di fuga dalla disperazione di una folla di
migranti che ha pagato il biglietto. E che preferisce il rischio della morte
alla vita cui è altrimenti destinata.
Si
scrive”guerra ai trafficanti”; ma si legge “chiudiamo la frontiera”. La
frontiera è legittimo chiuderla. E sappiamo che l’alternativa dell’accogliere
non può che essere nell’immediato solo parziale, dunque limitare il fenomeno
senza risolverlo e senza essere capace di mettere immediatamente fuori mercato
la traversata del Sahara.
Ma
se vogliamo comunque accogliere, non importa quanto selettivamente, c’è
giusto un modo per farlo evitando ai migranti gli abissi. Dargli un altro tour
operator. E con preghiera (nostra) che sia europeo.
Il
modo più sicuro per prevenire il naufragio di un barcone è evitare che salpi;
però, a volte, basta che non si riempia.
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