lunedì 25 agosto 2014

Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani - Fabio Geda

seguire le avventure e i viaggi di Emil, un ragazzino di 13 anni romeno-italiano, è davvero un'impresa, non sta mai fermo.
e però è un bel viaggiare, faticoso ed emozionante, saltando frontiere e guardie, con continui colpi di scena.
una bellissima opera prima, prima di " Nel mare ci sono i coccodrilli. Storia vera di Enaiatollah Akbari", non privatevene - franz




Un ragazzino rumeno di tredici anni immigrato clandestinamente in Italia abita a casa di un ambiguo architetto assieme a un'amica. Tex Willer è il suo eroe. Quando un giorno l'architetto tenta di abusare di lui, il ragazzino lo colpisce con un pugno e scappa. Decide allora di mettersi sulle tracce del nonno, che gira l'Europa con una compagnia di artisti di strada e che gli scrive con regolarità, ogni ultima domenica del mese, lettere scritte in una lingua molto particolare. Il ragazzo inizia così un viaggio che, in compagnia di una schiera sempre più grande di nuovi amici, lo porterà prima a Berlino, poi in Francia e infine a Madrid, alla vigilia della strage alla stazione ferroviaria del marzo 2004. Romanzo d'avventura e formazione al tempo stesso, divertente e profondo.

Fabio Geda, l’autore di questo libro, di mestiere fa l’educatore e questa è la sua opera prima. Un esordio non da poco, giustamente candidato al Premio Strega. Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani racconta una storia di viaggio e di formazione, con la freschezza e l’ingenuità di un tredicenne catapultato in un mondo troppo complesso e tentacolare, un mondo che sarebbe più facile da vivere se fosse solo un grande fumetto di indiani e cowboy.
Emil ha tredici anni e la vita non è stata un granchè clemente con lui, da quando è arrivato in Italia da clandestino su un camion di riso parboiled. Ora suo padre è in prigione da qualche parte in Romania e sono successe molte cose e molte difficili da capire, come le attenzioni dell’Architetto, esteta in un mondo di plastica dove esistono “23 sfumature di bianco”. Emil si è trovato da solo alla stazione di Porta Nuova a studiare una mappa dei treni ramificata come le corna di un cervo nella Foresta Nera, e pochi giorni dopo nella Foresta Nera con un tossico e una ragazza dolce con il volto bucato dai piercing. Ha dormito in un centro sociale di Berlino e cercato la Faccia Verde, poi ha mangiato foie gras e zuppa di verdure a Carcassone e viaggiato insieme ad un costruttore di mongolfiere con sette figli. La sua storia non lascia al lettore il tempo di alzare gli occhi dalle pagine. Emil ha l’intensità e la disperazione degli adolescenti – “sei il ragazzino con l’aria più disperata che io abbia mai visto” – gli dice la ragazza dei piercing quando lo incontra alla stazione, pestato da un gruppo di zingari. E’ disperato e bisognoso d’affetto ma al tempo stesso maturo e pieno di passione per la vita, una vita che va conquistata ogni giorno. Non stupitevi se vi scappa una lacrima, anche se siete di quelli che non piangono mai: è una storia così, si piange e si ride, senza mai provare pena o pietà – per semplice, naturale empatia.

…Eh si, proprio Tex Willer, la pistola più veloce del West, vive nell’immaginario di un ragazzino rumeno che ha imparato l’italiano attraverso i fumetti del suo nuovo eroe, conosciuto il giorno stesso del suo difficoltoso ingresso nel Bel Paese. Emil ha 13 anni, ma ne ha viste già molte per l’età che ha: orfano di madre, è entrato clandestinamente in Italia due anni or sono insieme al papà, su un camion carico di riso parboiled. Si è subito ambientato, ma la sua vita a Torino è stata fino a questo momento assai difficoltosa, nonostante la buona integrazione, la scuola e un alloggio trovato grazie alla relazione del padre con Assunta, una prosperosa donna delle pulizie. Pochi mesi dopo, in effetti, il papà è stato rimpatriato in seguito ad una rissa, ed Emil e Assunta hanno trovato rifugio presso l’abitazione di un malinconico architetto che manifesta una morbosa attrazione nei confronti del ragazzo. Ma l’ambiguo interesse dell’architetto, e l’impossibilità del padre di tornare in breve tempo, perché recluso in un carcere rumeno, fanno prendere ad Emil una decisione rischiosa ma risoluta: andare in cerca di nonno Viorel, artista di strada itinerante che il giovane conosce solo attraverso le lettere che gli arrivano da ogni parte d’Europa. Ultimo domicilio conosciuto: Berlino. Qui comincia il viaggio di Emil, e in sostanza anche questa piacevolissima e non banale opera prima di Fabio Geda, che immagina un ragazzino vivace e pieno di vita, in circostanze inusuali per l’età, districarsi assai bene attraverso le tante situazioni non semplici che si troverà ad affrontare, e che con il tocco magico dell’infanzia che va a incontrare l’adolescenza, saprà riconvertire  in energia attiva, contagiando positivamente gran parte dei personaggi che incontrerà sulla sua via…

Traspare da molte pagine un gusto del narrare che si esprime anzitutto nella voracità con cui i personaggi ghermiscono i casi che la vita riserva loro. Costruito su un impianto narrativo compatto (a cui dà spessore l’utilizzo asimmetrico della seconda voce narrante, quella dell’architetto), il romanzo trova nella sincerità di intenti pressoché assoluta la forza non solo di rappresentare ma anche di interpretare un frammento sia pure minuscolo della contemporaneità che ci appartiene. Sotto un diverso ma non opposto angolo visuale, ed oltre l’invidiabile freschezza dell’entusiasmo proprio dell’opera prima, la storia che Geda offre ai suoi lettori costituisce un atto di rinnovata fede nella scrittura, particolarmente significativa se confrontata alla narrativa spesso esangue che ha caratterizzato gli ultimi tempi, nonché ad alcune recenti teorizzazioni nichilistiche circa una presunta inutilità della letteratura.

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