giovedì 16 aprile 2015

i numeri della demografia

Il crollo demografico italiano e l’esempio russo - Marco Bordoni

Si sa che la demografia è una materia discretamente esplosiva, e che, mentre tutti sono d’accordo sui dati storici, esistono sempre differenze di interpretazioni sulle proiezioni. Il che è perfettamente normale, visto che le proiezioni dipendono largamente da fattori economici, politici e sociali naturalmente imponderabili. Tuttavia anche lavorando sui soli dati storici è possibile rappresentare in maniera fedele alcune tendenze in atto, specie quelle meglio consolidate. Purtroppo questo lavoro viene proposto raramente dei maggiori mezzi di informazione, che talvolta divulgano i dati diffusi dai ricercatori, ma raramente li contestualizzano in modo da consentire all’ uomo della strada di farsi una idea precisa di quello che sta succedendo. La demografia resta quindi una materia riservata agli addetti ai lavori, che il pubblico ignora quando non guarda con diffidenza…


...Conclusioni. La questione demografica, un problema rimosso. Tornando al caso italiano crediamo che dalle poche considerazioni esposte emerga con una certa evidenza che il panorama demografico nazionale è assai preoccupante (si veda la “prima sintesi”). Da oltre 30 anni il tasso di fecondità è inferiore non solo al valore di sostituzione (2,1) ma anche a quella soglia di 1,5 che potrebbe farci sperare in un decremento non traumatico. La debolezza delle dinamiche demografiche interne accresce le difficoltà a integrare il contributo degli elementi stranieri, che oggi i numeri ci mostrano come indispensabile.
Riteniamo assai preoccupante che l’argomento delle dinamiche demografiche sia completamente rimosso dal dibattito pubblico nel paese, anche perché l’assenza di dibattito provoca, in questo caso come molti altri, una decisione inconsapevole. Ciascuno è libero di suicidarsi o di vivere, ma fermarsi a riflettere sul da farsi in una casa in fiamme equivale, nella sostanza, a scegliere il suicidio. E’ urgente, a nostro avviso, mettere la questione al centro del dibattito, così come è avvenuto in Russia a metà del decennio scorso.
Gli argomenti su cui confrontarsi sarebbero due: prima di tutto si dovrebbe dibattere se una popolazione almeno stazionaria sia un valore da perseguire. La risposta non è affatto scontata come appare. Decidere che la maternità e la paternità sono un valore per lo stato implica una presa di posizione etica e culturale che incontrerà non poche resistenze.
In ogni caso questo argomento dovrebbe occupare una posizione centrale nel confronto nazionale e la decisione finale, qualsiasi fosse, dovrebbe essere consapevole e non compiuta semplicemente ignorando le tendenze in atto.
La seconda questione da risolvere è quale sia il massimo calo compatibile con la tenuta del sistema economico sociale complessivo. Ovviamente questa valutazione dovrebbe tenere conto dell’opinione degli esperti. In ogni caso appare chiaro che il protrarsi a tempo indefinito di un tasso di fertilità nell'ordine di 1,1 – 1,4 colmando le voragini di popolazione che si creano con immigrati e anziani, significa scommettere tutto su di una dinamica economica espansiva che, per usare un eufemismo, non sembra affatto scontata.

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