Il crollo demografico italiano e l’esempio russo - Marco Bordoni
Si sa che la demografia è una materia
discretamente esplosiva, e che, mentre tutti sono d’accordo sui dati storici,
esistono sempre differenze di interpretazioni sulle proiezioni. Il che è
perfettamente normale, visto che le proiezioni dipendono largamente da fattori
economici, politici e sociali naturalmente imponderabili. Tuttavia anche
lavorando sui soli dati storici è possibile rappresentare in maniera fedele
alcune tendenze in atto, specie quelle meglio consolidate. Purtroppo questo
lavoro viene proposto raramente dei maggiori mezzi di informazione, che
talvolta divulgano i dati diffusi dai ricercatori, ma raramente li
contestualizzano in modo da consentire all’ uomo della strada di farsi una idea
precisa di quello che sta succedendo. La demografia resta quindi una materia
riservata agli addetti ai lavori, che il pubblico ignora quando non guarda con
diffidenza…
...Conclusioni. La questione demografica,
un problema rimosso. Tornando al caso italiano crediamo che dalle poche
considerazioni esposte emerga con una certa evidenza che il panorama
demografico nazionale è assai preoccupante (si veda la “prima sintesi”). Da
oltre 30 anni il tasso di fecondità è inferiore non solo al valore di
sostituzione (2,1) ma anche a quella soglia di 1,5 che potrebbe farci sperare
in un decremento non traumatico. La debolezza delle dinamiche demografiche
interne accresce le difficoltà a integrare il contributo degli elementi
stranieri, che oggi i numeri ci mostrano come indispensabile.
Riteniamo assai preoccupante che
l’argomento delle dinamiche demografiche sia completamente rimosso dal
dibattito pubblico nel paese, anche perché l’assenza di dibattito provoca, in
questo caso come molti altri, una decisione inconsapevole. Ciascuno è libero di
suicidarsi o di vivere, ma fermarsi a riflettere sul da farsi in una casa in
fiamme equivale, nella sostanza, a scegliere il suicidio. E’ urgente, a nostro
avviso, mettere la questione al centro del dibattito, così come è avvenuto in
Russia a metà del decennio scorso.
Gli argomenti su cui confrontarsi
sarebbero due: prima di tutto si dovrebbe dibattere se una popolazione almeno
stazionaria sia un valore da perseguire. La risposta non è affatto scontata
come appare. Decidere che la maternità e la paternità sono un valore per lo
stato implica una presa di posizione etica e culturale che incontrerà non poche
resistenze.
In ogni caso questo argomento dovrebbe
occupare una posizione centrale nel confronto nazionale e la decisione finale,
qualsiasi fosse, dovrebbe essere consapevole e non compiuta semplicemente
ignorando le tendenze in atto.
La seconda questione da risolvere è
quale sia il massimo calo compatibile con la tenuta del sistema economico
sociale complessivo. Ovviamente questa valutazione dovrebbe tenere conto
dell’opinione degli esperti. In ogni caso appare chiaro che il protrarsi a
tempo indefinito di un tasso di fertilità nell'ordine di 1,1 – 1,4 colmando le
voragini di popolazione che si creano con immigrati e anziani, significa
scommettere tutto su di una dinamica economica espansiva che, per usare un
eufemismo, non sembra affatto scontata.
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