lunedì 20 aprile 2015

Non è stato il mare - Gabriele del Grande

Altro che blocco navale, il governo italiano dovrebbe per prima cosa ricostruire la lista dei passeggeri e portare a Roma le settecento famiglie dei morti per un funerale di Stato. Vogliamo abbracciare quelle madri e quei padri a cui ieri il mare ha strappato quanto avevano di più caro: la vita di un figlio. Perché non può ridursi tutto a dei numeri sul giornale. Quel dolore dobbiamo farlo esistere, dargli un nome, un rito, una storia. Sarebbe un importante gesto di pace in questi tempi di guerra in frontiera. Perché guardate che non è stato il mare! La strage ha i suoi mandanti a Bruxelles e a Varsavia. In frontiera si combatte una guerra. Ed è per questo che i suoi morti non fanno più male ai cuori assuefatti dell'Europa: perché a cadere ogni volta è il corpo di un nemico. Un giorno è un naufragio, un giorno sono gli spari della polizia spagnola a Melilla, un giorno un suicidio in un CIE. Non li compiange nessuno, nemmeno i loro governi e le loro ambasciate. Qualcuno ha letto dichiarazioni dei governi africani sui giornali di oggi? Dove sono? Possibile che su un intero continente nessun governo si prenda la briga di difendere i propri cittadini? Che nessun governo si coalizzi per negoziare con l'Europa condizioni migliori in termini di diritto alla mobilità? E in tutto questo, dove sta andando a finire la Libia? Possibile che il contrabbando libico sia in grado di corrompere le milizie che controllano le regioni degli imbarchi a Zuwara e a Misrata al punto da non dover rispondere alle autorità nemmeno di fronte alla strage di settecento persone in una notte? Già, ma quali autorità?! La Libia è un paese al collasso, diviso tra due governi che non si riconoscono, impegnata in una guerra civile e alle prese con le cellule impazzite di Daesh, che giusto ieri hanno pubblicato l'ultimo video dell'esecuzione di un gruppo di prigionieri etiopi uccisi perché cristiani... Europa se ci sei batti un colpo. Altro che blocco navale. La politica vuole fare qualcosa? 
1) Portate a Roma le famiglie dei morti per un funerale di Stato.
2) Riunite subito i governi africani per riscrivere le regole sui visti. Perché a Lampedusa arrivano i diniegati delle nostre ambasciate! Date loro i visti e arriveranno in aereo! Si tratta di legalizzare la mobilità. Come? Semplificando le procedure e introducendo il visto per ricerca lavoro. Solo così si toglie al contrabbando il monopolio della mobilità sud-nord. 
3) Fate pressione sulla comunità araba e internazionale per una soluzione politica in Libia. Perché finché nel paese impera il caos, nessun capo del contrabbando sarà mai consegnato alla giustizia. 
4) Andate a Bruxelles a sbattere i pugni sul tavolo esigendo una risposta dall'Europa. Che non vuol dire più navi da guerra per Frontex, bensì semplificazione dei visti Schengen e unificazione del sistema d'asilo e di immigrazione in Europa. Cioè un documento di soggiorno comune valido per circolare e lavorare in tutta Europa. Affinché sia il mercato del lavoro a farti scegliere dove fermarti e rifarti una vita in Europa e non la burocrazia o le leggi trappola scritte in tempi non sospetti alla scuola di chi oggi invoca i blocchi navali. Perché l'accoglienza non la fa la repressione né l'assistenzialismo. L'accoglienza la fa il lavoro.
5) Non dimenticate la Siria. Perché è la più grave crisi umanitaria nel Mediterraneo degli ultimi decenni. Una crisi che ha messo in fuga 12milioni di persone tra rifugiati e sfollati interni. Servono risposte straordinarie nell'immediato, ovvero visti straordinari nelle ambasciate europee almeno per i siriani che abbiano in Europa parenti o chiunque sia in grado di ospitarli. Così intanto li togliamo dal monopolio del contrabbando. Poi ovviamente serve sul lungo termine un'azione politica che ponga fine alla guerra, alla dittatura e al terrorismo. Perché è l'unica condizione affinché 12milioni di profughi possano tornare nella loro terra oggi così dilaniata.
Detto questo, a tutti noi che non siamo in politica non resta che continuare a camminare, insieme, dietro al nostro sogno del mare che unisce. Perché i morti non torneranno, ma ci sono i vivi e come dice Tasnim nel nostro film "Ci sei tu! Ci sono io! E insieme continueremo questa strada!"

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