…
e la sindrome della vedetta
Le zapatiste e gli zapatisti vedono e
sentono che sta arrivando una tormenta, qualcosa di terribile, di ancor più
distruttivo di quel che stiamo vivendo. L’idra del capitalismo sembra aver
rigenerato le sue molteplici teste. Ma sono zapatisti, appunto, e, tra le molte
altre cose – tante che nei dizionari non esistono termini per definirle –
questo vuol dire che pensano di potersi sbagliare. Anche perché vedono persone
che sanno molte cose dire, a volte a parole e sempre con i comportamenti, che
non sta accadendo niente, che non c’è nulla di pericoloso da segnalare. Come se
lo Stato fosse sempre lo stesso, con le funzioni di venti, quaranta, cento anni
fa – perciò si ricorre alle stesse forme di lotta: cortei, reali e virtuali, riunioni,
elezioni. La riflessione dell’Ezln, che s’interroga a fondo sulla funzione di
sentinella, segnala invece una catastrofe in arrivo. Possono sbagliare, certo. Così
vogliono domandare ad altri, di altri calendari e di geografie diverse, che
cosa vedono loro. E vogliono farlo in una riunione di pensieri grande, molto
grande, mondiale. Un semenzaio di idee, analisi, critiche su come sta andando
il sistema. Non si terrà in un solo luogo e in un solo momento ma comincia in
un posto, un caracol. Perché gli zapatisti usano il caracol per
richiamare la collettività
del Subcomandante Galeano
Aprile 2015
A loas compañeroas della
Sexta:
A tutt@ gli interessati:
Anche se non sembra, questo è un invito…
o una sfida?
Se siete aderenti alla Sexta, se siete
di un media libero, autonomo, alternativo, indipendente o comunque si dica, se
siete interessati al pensiero critico, allora fate vostro questo invito al
Seminario “Il
Pensiero Critico di fronte all’Idra Capitalista”. Se, oltre ad accettare l’invito, volete
partecipare, per favore seguite questo link:
Se siete stati invitata, invitato, invitadoa come
relatore, vi arriverà una missiva simile a questa attraverso lo stesso tramite
col quale siete stati contattati. La differenza sta nel fatto che la
lettera di invito ai relatori contiene una “clausola segreta”.
Bene, l’invito, come si dice, è
l’involucro.
Dentro, più in basso e a sinistra, c’è…
La
Sfida.
Oh, lo so. Gli inizi classici delle
riflessioni zapatiste: sconcertanti, anacronistici, confusi, assurdi. Anche
senza volerlo, è così, viene fuori una cosa tipo “vi lasciamo ad essa”, “vedete
voi cosa farne”, o qualcosa del genere “è affare vostro”. Come se prendessero
un pezzo di un puzzle e si aspettassero che si capisse che non stanno
descrivendo una parte della realtà, ma stanno immaginando l’immagine completa.
Come se guardassero il puzzle già completato, con le sue figure e i suoi bei
colori, ma con i bordi dei pezzi visibili, come per segnalare che l’insieme è tale grazie
alle parti, e, chiaramente, che ogni parte acquisisce il proprio
senso nella sua relazione con le altre.
Come
se la riflessione zapatista sollecitasse a vedere quello che manca, e non solo
quello che c’è, quello che si percepisce nell’immediato.
Qualcosa
di simile a quanto fece Walter Benjamin con “Angelus Novus” di
Paul Klee. Riflettendo sul dipinto, Benjamin lo
“completa”: vede l’angelo, ma vede anche quello che l’angelo vede, vede come è
spaventato per ciò che vede, vede la forza che lo aggredisce, vede l’orma
brutale. Vede il puzzle completo:
“C’è un quadro di Klee che s’intitola
Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da
qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le
ali distese; l’Angelo della Storia deve avere questo aspetto. Ha il viso
rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola
catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi
piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto.
Ma una tempesta spira dal Paradiso, si è impigliata nelle sue ali ed è così
forte che gli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente
nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle macerie sale davanti
a lui fino al cielo. Questa tempesta è ciò che chiamiamo progresso.” (X, “Tesi
su filosofia della storia”).
È come se le nostre riflessioni fossero
una sfida, un enigma dell’Arcano, una sfida da Mr. Bane, un jolly nelle mani
del Joker mentre chiede “Perché così seri?”.
Come se il gatto-cane, super eroe e
super cattivo, Sherlock e Moriarty, irrompesse sulla scena a disturbare con
domande quali: che cosa guardiamo? perché? dove? da dove? per quale motivo?
È
come se discutessimo del mondo, criticando il suo rozzo girare, dibattendo
sulla sua direzione, sfidando la sua storia, disputando la razionalità delle
sue prove.
È come se, per un solo momento, fossimo…
La
Sentinella.
Come potete vedere, di solito, in un’installazione militare ci sono delle
postazioni ai confini. Sono chiamati “Punti di Osservazione”, “Posti di Guardia” o “Postazioni della Vedetta”. Scopo di queste postazioni è vigilare i paraggi e
gli accessi alle installazioni in modo da sapere che cosa o chi si
avvicina o si muove o si trova nei dintorni del luogo. Bene, questi posti di vigilanza (negli accampamenti
zapatisti li chiamiamo “la posta”, ignoro la ragione; per esempio, diciamo “ti
tocca la posta alle 00:00 H”, “il cambio della posta è alle 12:00, ecc.)
avvisano o danno l’allarme al resto dell’installazione e bloccano o fermano
chiunque cerchi di entrare senza autorizzazione. Chi occupa il posto di
osservazione è la guardia, la vedetta, la sentinella. Oltre ad osservare e
stare attento a quello che succede, la sentinella è chi lancia l’allarme in caso di
attacco e di eventuale pericolo.
Secondo noi, zapatiste e zapatisti, la riflessione teorica, il
pensiero critico svolge questo compito di sentinella. A chi lavora col pensiero analitico, tocca il turno
di guardia nella postazione della vedetta. Potrei dilungarmi sull’ubicazione di
questa postazione nel tutto, ma per adesso basti solo dire che questo è una
parte, niente di più, e niente di meno. Dico questo per quelli, quelle e aquelloas(non dimenticare l’equità di genere ed il
riconoscimento della diversità) che pretendono di:
– O stare al di sopra e al di fuori di
tutto, come in disparte, e si nascondono dietro “l’imparzialità”,
“l’obiettività”, “la neutralità”. E dicono di analizzare e riflettere
dall’asepsi di un impossibile laboratorio materializzato nella scienza, la
cattedra, l’investigazione, il libro, il blog, il credo, il dogma, lo slogan.
– O mutano il loro ruolo di vedette e si
aggiudicano quello di nuovi sacerdoti dottrinari. Sono solo delle sentinelle,
ma si comportano come se fossero il cervello guida che muta in tribunale penale
secondo convenienza. E da lì ordinano ciò che si deve fare, giudicano e
assolvono o condannano. Benché si debba riconoscere loro che il fatto che
nessuno faccia loro caso, soprattutto la realtà sempre ribelle, non li inibisce
affatto nel loro delirio (etilico, non poche volte).
La sentinella ha a che vedere col posto
della vedetta in questione. Ma torneremo sull’argomento in qualcuno dei nostri
interventi durante il seminario.
Per adesso, basti dire che, esausto,
sommerso dal compito di osservazione critica in un mondo ingannevolmente
istantaneo, durante il suo turno al posto di guardia il vigilante può cadere
nella…
La
Sindrome della Vedetta.
Sembra
che la sentinella “esaurisca” la sua capacità di vigilanza dopo un certo
periodo.
Questo
“esaurimento” (che noi zapatisti e zapatiste chiamiamo “sindrome della
vedetta”) consiste, grosso modo, nel fatto che la personache si trova alla postazione di guardia, dopo un certo
periodo di tempo sviluppauna
specie di “percezione in loop” o “costanza della percezione”. Ovvero, nella sua
percezione cosciente riproduce continuamente la stessa
immagine, come se nulla cambiasse,
o come se i cambiamenti fossero parte della normalità dell’immagine stessa. Ha a che vedere,
suppongo, con la percezione visiva, ma anche col
desiderio che niente alteri la routine.
Così, per esempio, il vigilante non desidera che compaia un pericolo, e
trasferisce questo desiderio in ciò su cui vigila. “Tutto bene, non succede
niente di brutto”, si ripete continuamente, e questo si trasferisce nella sua
valutazione della realtà. Il suo obiettivo è consegnare un
laconico rapporto di vigilanza: “niente da segnalare”.
Quello che sto dicendo è il prodotto di
un’osservazione empirica, non di uno studio scientifico. In anni ed anni di
vigilanza, è la conclusione a cui siamo arrivati sulla base della nostra
(piccola) esperienza. Nel persistente dubbio se questa osservazione fosse
scienza o rientrasse negli usi e costumi, abbiamo chiesto a qualcuno che ne sa
di neuroscienza. Ci ha risposto che il fenomeno esiste, benché non sia chiaro
il meccanismo che lo provoca (prima che mi srotoliate le diverse correnti o
posizioni in ambito psicologico, chiarisco che la sola cosa che ha confermato è
che il fenomeno è reale, accertabile). Dunque, perché avviene? Be’, potete
capirlo – sarebbe bene che, mentre ci pensate, vi mettiate d’accordo su quale
sia l’oggetto di studio nella “scienza” della psicologia -.
Quella persona ci ha spiegato cos’è
“l’attenzione selettiva” e ci ha mandato un libro di quelli di una volta (cioè,
dove si capisce di cosa si parla). Parola più, parola meno, si tratta del fatto
che registriamo solo una piccola parte di quello che vediamo in un determinato
momento ed ignoriamo tutto il resto. Quel resto che ignoriamo è “la cecità al cambiamento” o “cecità per
disattenzione”. È come se filtrando le parti dell’immagine che
vediamo, diventassimo ciechi verso ciò che non selezioniamo come importante.
Per adesso non svilupperemo questo
argomento, ma, in sintesi, la “sindrome della sentinella” consiste in questo:
a).- Non si vigila sul tutto, bensì solo
su una parte di quel tutto.
b).- Quando si “stanca”, la guardia non
percepisce i cambiamenti che avvengono nella zona vigilata perché gli sono
impercettibili (cioè, non sono degni di attenzione).
Per contrastare tutto ciò, usiamo varie
misure:
Una di queste è la vigilanza non
diretta, la “visione periferica” o, in termini semplici, “guardare con la coda dell’occhio”. Lo sguardo
indiretto permette di rilevare alterazioni della routine. Deve
esserci una spiegazione anche di questo nella neuroscienza, ma credo che ci
manchino gli studi.
Altri modi di risolvere la fatica della
sentinella, sono: mettere due o più vedette a coprire lo stesso punto; o
ridurre la durata di vigilanza ed aumentare la frequenza dei cambi di guardia.
Si
può e ci sono altri modi per svolgere il compito di sentinella.
Ma
la cosa importante è che bisogna essere attenti ad ogni segnale di pericolo. Non si tratta quindi di avvertire il pericolo quando
è ormai presente, ma di scorgerne gli indizi, valutarli, interpretarli, insomma,
considerarli in modo critico.
Per esempio: quei nuvoloni
all’orizzonte, significano che arriverà una pioggia passeggera, quale sarà la
sua intensità, si dirigerà di qua o si allontanerà?
O si tratta di qualcosa di più grande,
più terribile, più distruttivo? Se così fosse, bisognerà allertare tutt@
dell’imminenza della…
La
Tormenta.
Beh, il fatto è che quello che noi, zapatiste e zapatisti, vediamo e sentiamo è che
sta arrivando una catastrofe in tutti i sensi, una tormenta.
Ma…, noi, zapatiste e zapatisti, vediamo
e sentiamo anche che persone che ne sanno tanto dicono, a volte a parole,
sempre con il loro comportamento, che non sta succedendo niente.
Che quello che la realtà ci sta
mostrando, sono solo piccole variazioni che non alterano sostanzialmente il
paesaggio.
Cioè, noi, zapatiste e zapatisti, vediamo una cosa, e loro
ne vedono un’altra.
Noi
vediamo che si continua a ricorrere agli stessi metodi di lotta. Si continua
con i cortei, reali o virtuali, con elezioni, con sondaggi, con riunioni. E, in maniera concomitante, nascono e si sviluppano
i nuovi parametri del “successo”, una specie di applausometro che, nel caso
delle marce di protesta, è inverso: quanto più sono per bene (cioè, meno si
protesta), maggiore è il loro successo. Nascono nuove organizzazioni, si
abbozzano piani, strategie e tattiche, facendo vere e proprie manipolazioni dei
concetti reali.
Come se Stato, Governo e Amministrazione
fossero equivalenti.
Come
se lo Stato fosse sempre lo stesso, come se avesse le stesse funzioni di 20,
40, 100 anni fa.
Come se anche il sistema fosse lo stesso
e uguali le forme di sottomissione, di distruzione. O, per metterlo in termini
della Sexta: le stesse forme di sfruttamento, repressione, discriminazione e
saccheggio.
Come se là in alto il Potere avesse
mantenuto invariato il suo funzionamento.
Come
se l’idra non avesse rigenerato le sue molteplici teste.
Quindi pensiamo che sia noi o loro
soffriamo della “sindrome della sentinella”.
Noi, zapatiste e zapatisti, guardiamo di
sottecchi questi cambiamenti nella realtà. Prestiamo più attenzione, saliamo in
cima alla ceiba per cercare di vedere più lontano, di vedere non quello che è
accaduto, ma quello che accadrà.
E quello che vediamo non è niente di
buono.
Vediamo
che sta arrivando qualcosa di terribile, di ancora più
distruttivo se possibile.
Ma ancora una volta vediamo che quelli che pensano ed analizzano non
dicono niente di questo. Continuano a ripetere le cose di 20 anni, 40 anni, un
secolo fa.
E vediamo che organizzazioni, gruppi,
collettivi, persone, continuano a fare le stesse cose, presentano false opzioni
escludenti, giudicando e condannando l’altro, il diverso.
Ed inoltre: ci disprezzano per quello
che diciamo di vedere.
Ma,
già lo sapete, siamo zapatisti. E questo vuol dire
molte cose, così tante che nei dizionari della vostra lingua non esistono
termini per definirle.
Ma vuole anche dire che pensiamo sempre che possiamo
sbagliarci. Che forse tutto va avanti senza
cambiamenti fondamentali. Che forse il Prepotente continua a comandare come
decenni, secoli, millenni fa. Che può essere che quello che accadrà non è
qualcosa di così grave, ma solo un aggiustamento minore, una risistemazione di
cui non vale nemmeno la pena parlare.
Allora, niente pensiero, analisi,
teoria, ma lo stesso di sempre.
Noi, zapatiste e zapatisti, pensiamo che dobbiamo domandare ad altri, ad altre, ad otroas,
di altri calendari, di geografie diverse, che cosa è che vedono.
Credo che sia come quando ad un malato
si dice che è molto grave, cioè che “è conciato male”, diciamo qua. Quindi
bisogna cercare un secondo parere.
Dunque, diciamo che il pensiero, la
teoria stanno sbagliando. Che sia la nostra a sbagliare o che sbagliano gli
altri. O forse sbagliano entrambi.
Quindi, pur essendo generalmente
diffidenti, noi abbiamo fiducia nelle compagne, compagni e compañeroas della Sexta. Ma sappiamo che il mondo è molto grande,
e che ci sono anche altri, altre, otroas,
che si impegnano in questo compito di pensare, analizzare, osservare.
Quindi pensiamo che dobbiamo considerare
il mondo, ed ognuno dei nostri calendari e geografie.
Pensiamo, ancora meglio, che dovremmo
avere uno scambio di pensieri. Non come uno scambio
di merci, come nel capitalismo, piuttosto come se facessimo che io ti dico il
mio pensiero e tu mi dici il tuo. Cioè come una riunione di pensieri.
Ma non pensiamo che questo sia solo un
vecchio incontro, ma deve essere grande, molto grande, mondiale si
dice.
Noi, zapatiste e zapatisti, non sappiamo
molte cose. Forse, ed attraverso la lotta, sappiamo qualcosa dei nostri, nuestroas compañeroas, compagne e compagni della Sexta.
Ed abbiamo visto che queste riunioni di
pensieri in alcune parti le chiamano “seminari”, crediamo perché “seminario”
vuol dire “semenzaio” cioè che lì si piantano semi che a volte crescono
rapidamente, e a volte meno.
Allora diciamo che faremo un semenzaio di idee, di analisi, di pensieri critici
su come sta attualmente il sistema capitalista.
Quindi il seminario o semenzaio non sarà in un solo luogo né in un solo momento. Ma si
dilaterà nel tempo e nei luoghi.
Per questo diciamo che è dislocato, cioè
non in un solo posto, ma in molti luoghi e da molte parti. Diciamo che è
mondiale, perché in tutti i mondi esistono pensieri critici che si stanno
domandando che cosa sta succedendo, perché, che cosa fare, come, e tutte quelle
cose che si pensano nella teoria.
Però, comincia in qualche posto ed in
determinato momento.
Dunque, questo semenzaio collettivo comincia in un posto, e questo posto è un caracol
zapatista. Perché? Perché i popoli zapatisti usano il caracol per
allertare e per richiamare la collettività.
Per esempio, se c’è un problema nella
comunità, o una questione che bisogna risolvere, si chiama il caracol e tutto
il villaggio sa che c’è una riunione della collettività affinché il pensiero si
esprima.
O per vedere come fare per resistere.
Diciamo che il caracol è uno degli
strumenti della sentinella. Dal caracol avvisa che c’è un pericolo.
Quindi, il luogo è un caracol zapatista:
il caracol di Oventik, montagne del sudest messicano, Chiapas, Messico.
E la data di inizio è il 3 maggio. Perché il 3 maggio?
Nei nostri villaggi è il giorno della
semina, della fertilità, del raccolto, del seme. È il giorno della Santa Croce.
Nei
villaggi è usanza seminare una croce dove nasce il fiume, il ruscello o la
sorgente che dà vita al villaggio.
Ed è così che si segnala un luogo sacro. Ed è sacro perché l’acqua dà la vita.
Quindi il 3 maggio è il giorno in cui si prega l’acqua per la semina ed un
buono raccolto. I coloni si recano quindi dove nasce l’acqua e fanno offerte.
Loro parlano all’acqua, le offrono fiori, le danno la sua tazza di atole, l’incenso, il brodo di pollo senza sale. In altri
villaggi le offrono un bicchierino di alcolico, ma nelle comunità zapatiste
l’alcool è proibito e quindi le offrono delle bibite. Il brodo di pollo che si
dà all’acqua è senza sale, affinché l’acqua non si prosciughi. Durante questa
cerimonia delle offerte, si fa musica e tutt@, bambin@,ragazz@, anzian@
ballano. Quando terminano le offerte, inizia la condivisione. Si condivide il
cibo che ognuno ha portato: atole aspro, pollo, fagioli, zucca. Tutto il cibo viene
spartito e consumato lì, dove nasce l’acqua. Poi, si torna alle proprie case. E
per pura allegria, i balli proseguono nel villaggio e si mangia insieme con
pane e caffè. Dei compas zapatisti muratori che seguono questa usanza,
raccontano che si costruisce una croce con il legno che c’è a disposizione e la
croce si pianta quando si comincia una costruzione. Dicono che è per la
responsabilità del lavoratore. Cioè, il lavoratore diventa così responsabile
della costruzione e ci dà dentro affinché venga bene, perché è compito suo che
venga bene.
Quindi ora lo sapete. Vedete voi se
accettare o no la sfida, sta a voi decidere.
Attenzione: quello che segue è solo per i relatori. Cioè, c’è solo negli inviti formali che vengono
inviati a@ relator@. Non pubblicatelo perché è una…
Clausola
Segreta:
Tutto questo è perché comprendiate, come
dire, il contesto del seminario.
Che
cosa ci aspettiamo da voi?
Che capiate che vengono persone da molto
lontano che sacrificano il loro salario ed il loro tempo per venire ad
ascoltare quello che esporrete. Non vengono per ozio, né perché ci guadagnino
qualcosa. Non vengono per moda o ignoranza. Vengono perché forse vedono quei
nuvoloni nei loro orizzonti, perché le piogge ed i venti già li frustano,
perché la fame di capire non si sazia, perché sentono che la tormenta si
avvicina.
Come noi, zapatiste e zapatisti, vi
rispettiamo, così vi chiediamo di rispettare quelle persone. Ci sarà qualche
infiltrat@, ma la maggioranza sono nostr@ compas. Sono persone che vivono e
muoiono lottando, senza che nessuno, se non noi, zapatiste e zapatisti, ne
tenga conto. Per loro non ci sono musei, né statue, né canzoni, né poemi, i
loro nomi non sono incisi su vagoni della metro, strade, quartieri. Sono dei
nessuno, certo. E non nonostante questo, ma proprio per questo, per noi,
zapatiste e zapatisti, sono tutto.
Quindi, non offendetevi ma non portate slogan, dogmi, atti di fede, mode; non ripetete quello che già hanno detto prima altri
da altre parti; non incoraggiate il pensiero vacuo; non tentate di imporre il
pensiero dogmatico; non diffondete il pensiero bugiardo.
Vi chiediamo di portare la vostra parola
e che questa solleciti il pensiero, la riflessione, la critica. Vi chiediamo di
preparare il vostro messaggio, di affilarlo, di renderlo brillante. Che con
esso non onoriate l’accademia ed i suoi pari, ma chi lo riceve come una scossa,
o come uno schiaffo, o come un grido.
Il seme che vi chiediamo per questo
seminario o semenzaio, è quello che metta in discussione, provochi, incoraggi,
spinga a continuare a pensare ed analizzare. Un seme affinché altri semi
sentano che bisogna crescere e lo facciano a modo loro, secondo il loro
calendario e la loro geografia.
Oh, sì, lo sappiamo: non vedrete
ingrossato il vostro prestigio, né il conto in banca, né la fama. Non vedrete
nemmeno se otterrete nuovi seguaci, discepoli, greggi.
Ed ancora, non vedrete il solo indizio
di successo, e potrà essere che in molte parti, in altri calendari ed in
geografie diverse, altre, altri, otroas,
smentiscano tutto e critichino, discutano, immaginino, credano.
Questo vi chiediamo. Solo questo.
Dalla portineria della Escuelita,
diventata ora “Ufficio di protocollo, design e stampa inviti a nozze, XV anni,
divorzi, battesimi, promozioni frustrate, seminari ed altro”, e mentre appendo
dei cartelli che dicono “Oggi non si fa credito”, e nemmeno domani”,
“Salvagente su richiesta”, “Prendete il vostro telescopio
pirata-molto-economico-tutto-legale-mio-caro-certoooo”, “In questa sede non si
fanno discriminazioni per ragioni di miopia”.
Il
SupGaleano
Messico, Aprile 2015
Ehi,
ehi. Fermatevi. L’indirizzo di posta elettronica al quale state mandando i
vostri dati di registrazione non è corretto. Dovete mandare a: seminario.pensamientocritico15@gmail.com
Grazie
per la comprensione (andateci piano con gli insulti, per favore) (*).
(*) gioco di parole in spagnolo nel testo
originale: que
las mentadas sean de menta, no hay que ser.
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