Il Coordinamento Nazionale “Per la Scuola
della Costituzione” è nato alcuni anni fa proponendosi di riunire in un
movimento collettivo le battaglie che in varie realtà territoriali avevano un
comune obiettivo : la difesa di una scuola volta a realizzare (e a non
disperdere) i principi e i valori delineati nella nostra Carta costituzionale.
La Costituzione è stata
riconosciuta da tutti i comitati, le associazioni, le forze politiche e
sindacali presenti all’assemblea che si tenne a Bologna nel 2012, non come un
feticcio da conservare in una sorta di teca oleografica e impermeabile, ma come
l’approdo di un momento storico in cui dalle rovine del nazifascismo erano
emerse vincenti ragioni e sentimenti che avrebbero potuto condurre
le nuove generazioni a una convivenza civile per una pace duratura nella
giustizia sociale.
E’ questa la motivazione che ci
porta oggi ad esprimerci nei confronti di un ddl che abbiamo seguito nel suo
percorso e che ci sembra nel suo complesso volto più a disperdere che a
conservare le conquiste frutto di lotte dei precedenti decenni.
Limiteremo pertanto le nostre
osservazioni agli aspetti che più ci sembrano aggredire la “scuola della
Costituzione”.
In premessa, ribadiamo quanto
emerso in tutte le nostre assemblee.
“ L’assunzione dei
precari ( personale docente e ATA) costituisce una priorità assoluta. Ci
richiamiamo a quanto il Parlamento già ben conosce: le assunzioni sono un atto
dovuto all’attesa dei tanti precari che hanno fatto camminare la scuola in
questi anni, e alla sentenza della Corte di Giustizia Europea. Ma desideriamo
soffermarci nell’occasione su una delle vicende più scandalose di cui portano
la responsabilità i governi che dal 2011 a oggi si sono succeduti. Si tratta
del taglio in organico degli 87.ooo posti docenti e dei 45.500 Ata
effettuati sotto il ministero Gelmini, dichiarati ILLEGITTIMI con sentenza del
Consiglio di Stato del 29 luglio 2011.
Nonostante le pressioni di
associazioni, movimenti, forze sociali, NULLA E’ STATO INTRAPRESO dalle forze politiche a livello di istituzioni nazionali e
regionali per far valere concretamente il peso di quella sentenza.
Si può ben dire che alla
soppressione dei posti di lavoro, e- di conseguenza- alla perdita di qualità della
scuola della Repubblica non è stata posta alcuna attenzione! Una così
importante sentenza non ha avuto alcuna ricaduta sulle politiche governative
delle maggioranze che si sono succedute alla guida del paese, e i precari di
oggi ne pagano le spese.
PER QUESTE RAGIONI NOI CHIEDIAMO
CHE SI PROCEDA RAPIDAMENTE A UN DL CHE STABILIZZI TUTTI I PRECARI
DALL’1 SETTEMBRE ,secondo le promesse fatte, stralciando questo provvedimento
dal ddl complessivo, consentendo al ddl i tempi per un disteso dibattito
come lo richiedono norme che hanno per oggetto la scuola degli anni futuri, e
che non possono essere affidate in numero esorbitante con delega in bianco al
Governo, come invece viene configurato nel ddl.
1 ) In merito all’
analisi del ddl, una prima aggressione alla scuola della Costituzione la
ravvisiamo in quell’ “anche in relazione alla dotazione finanziaria”. Il
riferimento taciuto ma palese è alla legge 62/2000 che pone – in contrasto col
dettato costituzionale- scuole statali e private paritarie in un unico sistema
scolastico nazionale; ma qui si va oltre, ossìa si dà vita a quel documento dei
31 “una nuova idea per la scuola “ del 1994, in cui si ponevano le basi per
un’autonomia degli istituti scolastici su modello delle scuole private, “ allo
scopo- come qui si dice- di garantire la massima flessibilità,
diversificazione, efficienza ed efficacia del servizio scolastico…”.
Nelle 136 pagine del progetto “buona scuola” si diceva chiaramente che lo Stato
non è in grado di provvedere alle sue scuole,(quindi sostegno delle
scuole private in senso “sostitutivo”, non come libere istituzioni,
eventualmente aggiuntive.)..Il ddl si apre con una differenziazione dichiarata
tra le scuole la cui autonomia sarà disciplinata “anche
in relazione alla dotazione finanziaria”, una discriminazione resa per la prima
volta palese.
Da questa premessa deriva una serie
di altri provvedimenti, la presenza di contributi privati, la possibile
devoluzione alle scuole- statali e paritarie- del 5 per mille come si trattasse
di singole fondazioni, lo sgravio fiscale a tutti coloro che si trovano
nel “sistema nazionale” (quindi in pratica ai frequentatori, anche se non
nominati, delle scuole paritarie, nelle scuole dell’Infanzia e fascia
dell’obbligo). La distinzione tra scuola dello Stato e scuola privata è
cancellata; di garanzia per la laicità della
Scuola non si parla; il tutto è assimilato in un unico calderone: libertà,
diritti, fondi privati e pubblici.
2) Non stupisce a questo punto
tutto ciò che consegue:
la valorizzazione del
ruolo del dirigente, normata al Capo II, Art.2, ma richiamata in più passi del
ddl. Responsabile dell’avvio della china è il dl.vo 59 del 1998. Ci si
sarebbe aspettato un ritorno alla collegialità avviata con gli Organi
Collegiali negli anni ’70, nello spirito della partecipazione democratica di
cui è pervasa l’intera Costituzione. Allora la riforma rimase incompiuta
lasciando intatto il potere al ministro di turno con conseguente disaffezione
negli eletti in questi organismi; avanzava la predilezione per un modello
di autonomia della singola scuola, anziché per il completamento della
democrazia scolastica con la conclusione dell’iter democratico nella direzione
di un’autonomia non delle singole scuole ma dell’intero sistema
scolastico nel suo complesso … Una proposta, questa, alla
quale abbiamo lavorato a lungo nel nostro Coordinamento e che abbiamo
presentato anche a rappresentanti istituzionali del PD. Di tutto ciò non
c’è traccia in questo ddl.
Le funzioni e i compiti del
dirigente- è stato più volte sottolineato e da più parti in questi ultimi mesi-
sono quelli di un manager che deve procurarsi clienti e offrire un progetto in
grado di attirarli. Ogni attenzione va rivolta a benefattori, che siano anche
in grado (Art.4,c.5 ) di consentire interventi per” l’occupabilità
degli studenti” (?? ) Lesa è l’autonomia degli Organi Collegiali, cui non
si garantisce alcun autentico spazio decisionale. Ma lesa è soprattutto
la libertà d’insegnamento garantita dall’Art.33
della Costituzione. Quale libertà effettiva ci potrà essere se la chiamata è
attuata dal dirigente sulla base di un progetto educativo di suo gradimento
attingendo direttamente a un albo territoriale? Ne risulta un’idea di scuola in contrasto con la scuola della
Costituzione, quella scuola che si era cercato di costruire difendendo la
dignità del docente dalla discriminazione delle “note di qualifica”, certi di
aver allontanato per sempre lo spettro degli encomi, dei meriti acquisiti in
forme comunque oscure, capaci solo di determinare rivalità, competizioni, tra
colleghi, genitori, alunni e alunne. E che dire del concetto di “premialità e
merito dello studente” (Art.2,c.4), mentre nulla si dice sul clima della
classe, della cooperazione, dell’educazione alla reciprocità….? Questo Art fa
il paio con l’Art.11 “valorizzazione e merito del personale docente”. Si
cavalca la tigre delle peggiori pulsioni, si accarezzano gli istinti rivolti a
vincitori e perdenti, in prosecuzione dei messaggi dei media….
3) L’Art.4 che dovrebbe
essere il cuore dell’innovazione rappresenta invece un ulteriore tassello di
attacco alla scuola della Costituzione. Vi è completamente ignorato l’art.
4/Cost. su cui si fonda la nostra idea di lavoro, secondo la quale
ognuno ha diritto a una formazione che lo metta in grado di adempiere al dovere
di svolgere un’attività o una funzione secondo le proprie possibilità e la
propria scelta. La scuola di questo ddl, non è piuttosto il contrario di
questo processo? Nell’Art.4 si normano le modalità per l’Apprendistato, inaccettabile
nel percorso scolastico, e solo in coda all’Art. si inserisce quasi di
soppiatto ciò che dovrebbe costituire il cardine dell’Art. “rapporti con
le imprese finalizzati anche all’orientamento…” Per “didattica
laboratoriale”, anziché un forte impegno nell’orientamento, si prevedono
infatti “laboratori in rete per l’occupabilità”; si parla di imprese, settori
strategici, spazi esterni….400 ore per i Tecnici e Professionali, 200 per i
Licei. Vige la consueta discriminazione. La manualità è il contrario dello
studio; la demarcazione è netta, nessun accenno a un elevamento dell’obbligo scolastico dopo la Terza
Media, nessun riferimento a un reddito di cittadinanza per un vero
riconosciuto diritto allo studio, inteso come formazione critica.
In definitiva, questo ddl è un
adattamento della scuola all’esistente, a quella parte del mondo occidentale
che vede la scuola come preparazione a un’economia di mercato. Altro è il
traguardo della nostra Costituzione, altri i principi che l’hanno ispirata e
che hanno per obiettivo una società fondata sulla giustizia sociale e
l’uguaglianza dei diritti. Solo una scuola consapevole del
suo alto compito è in grado di prepararne il cammino.
La Legge di Iniziativa Popolare
(LIP) forte di 100.ooo firme si iscrive in quell’ orizzonte. Durante il
confronto svoltosi in questi mesi nelle scuole tra coloro che hanno avuto
modo di conoscerla e il ddl governativo di cui ci stiamo occupando sono emerse
con grandissima forza le differenze. Esse sono di tale portata da far emergere
con chiarezza l’inemendabiltàdi
un testo cui non si tratta di apportare integrazioni o modifiche, ma dove
l’impianto nel suo complesso prefigura un’idea di scuola che viola i principi
costituzionali e che pertanto rifiutiamo.
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