È diventato un luogo comune dire che oggi
tutti siamo troppo occupati. C’è però una lamentela che si sente più spesso di
altre: non abbiamo più tempo per leggere. Un amico che fa l’editor per una casa
editrice (cioè un tizio pagato apposta per leggere romanzi) mi ha detto che
ultimamente ha avuto un intervallo tra due lavori, e la cosa migliore è stata
potersi finalmente leggere qualche romanzo. Qui c’è qualcosa che non torna: non
si sente mai dire a un operatore di gru nei cantieri edili che è tutto contento
di poter dedicare il tempo libero a far funzionare una gru.
Un altro lettore di professione, il
romanziere e critico Tim Parks, ha scritto in un lungo articolo sulla New York
Review of Books: “Le condizioni in cui leggiamo al giorno d’oggi non sono più
quelle di cinquant’anni fa e nemmeno di trenta. I momenti dedicati a letture
serie te li devi conquistare e programmare”. Parks ha scritto questo articolo a
giugno, e io ho finalmente trovato il tempo di leggerlo il mese scorso.
A rendere il problema ancor più spinoso è
il fatto che per risolverlo non sembrano bastare i soliti metodi di gestione
del tempo. Internet pullula di liste di consigli tipo “Smetti di guardare la
tv” oppure “Portati sempre dietro un libro”. Ma l’esperienza mi dice che usare
questi metodi per ritagliarsi mezz’ora ogni tanto non funziona. Ti siedi a
leggere, e intanto il volano dei pensieri legati al lavoro continua a girare,
oppure sei talmente stanco che l’ultima cosa di cui hai bisogno è un libro
impegnativo. Secondo Parks la mente moderna “tende eccessivamente alla
comunicazione. Non è solo il fatto di essere interrotti: è che tendiamo all’interruzione”. Per immergersi a fondo nella
lettura non occorre solo tempo, ma un tipo speciale di tempo che non si ottiene
semplicemente diventando più efficienti.
Anzi, “diventare più efficienti” fa parte
del problema. Pensare al tempo come a una risorsa da massimizzare significa
concepirla in modo strumentale, cioè giudicare che un momento è speso bene solo
se ci fa avanzare verso un dato obiettivo. Invece immergersi nella lettura
dipende proprio dalla disponibilità a rischiare l’inefficienza, la mancanza di
obiettivi e persino lo spreco di tempo. Mettere la lettura in una finestra
temporale della propria agenda, trattarla come una delle tante “cose da fare”,
può aiutare tutt’al più a trovare il tempo per una lettura specifica, che
magari a volte sarà anche utile, ma non è certo il massimo della soddisfazione.
“Il futuro si presenta come una fila di bottiglie vuote che scorrono su un
nastro trasportatore inarrestabile e quasi infinito”, ha scritto Gary Eberle nel
suo libro Sacred
Time, e noi “ci sentiamo in dovere di riempire
quelle bottiglie di misure diverse (giorni, ore, minuti) via via che passano,
perché se le lasciamo passare senza riempirle ci sembra di sprecarle”. È
l’atteggiamento mentale peggiore per chi vorrebbe perdersi in un libro.
Ma allora qual è la soluzione?...
Articolo davvero bello. Sono abbastanza d'accordo. Io mi sentirei davvero sola, senza libri da leggere.
RispondiElimina"immergersi nella lettura dipende proprio dalla disponibilità a rischiare l’inefficienza, la mancanza di obiettivi e persino lo spreco di tempo."
RispondiEliminaleggere deve essere un attività inutile, non si guadagna niente, subito, col tempo si capirà.
Mai stata più d'accordo ma sopratutto leggere dev'essere un piacere e non un obbligo. Programmarsi la giornata con uno "spazio lettura" poi è davvero una cosa da perfettini che toglie romanticismo all'atto stesso della lettura. Io leggo quando mi va e come mi va, se quel giorno sono stanca... ebbene non leggo, se ne ho voglia e tempo posso andare avanti anche per ore se il libro è particolarmente interessante ;)
RispondiEliminaDipende poi anche il fattore dell'importanza, perché se io do importanza ai libri può anche essere che ad altri non interessino, come ho detto all'inizio: mica è obbligatorio :)
Roland Barthes ha scritto “Il piacere del testo”, magari anche per te :)
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