Tutto si
vende. Migranti, frontiere e dignità. A prezzo stracciato quest’ultima. La
stessa politica e dunque la stessa economia giocano alternandosi a guardie e ladri.
Si delocalizza dove costa meno la mano d’opera e dove sono assenti i controlli
sindacali. Dove c’è più libertà di manovra per gli imprenditori e meno aggravio
fiscale. E, a domicilio, da noi, tutto si subappalta. Mansioni particolari,
indotti, cantieri, contrattuali, ditte e la politica. Subappalto al capitale
globale di cui lo svizzero Davos è la retorica vetrina. Come
stupirsi, dunque, se anche nel controllo della mobilità umana, passa la
medesima logica mercantiista. In termini puliti questo si chiama
esternalizzazione delle frontiere dell’Europa. In termini onesti si tratta di
militari, muri, centri e deportazioni. Bell’Europa
murata che esporta frontiere che congiungono i due mari, quello d’acqua salata
e quello di sabbia, bagnato di lacrime. C’è da rivedere il tracciato dei
confini territoriali.
Sulla carta, in Africa Ocidentale, c’è la libertà di
circolazione di merci e persone. Patto sottoscritto e ora tradito. Se
prima il povero Cristo si fermava a Eboli ora è bloccato ad Agadez e
parcheggiato ad Arlit. Sono questi gli avamposti nigerini per il transito in
Libia, Algeria, Marocco, Italia e infine Ventimiglia.
Per gli stessi abitanti del Niger ora si è complicato persino il transito
all’interno del proprio paese. Il crimine presunto è quello di migrazione
illegale, irregolare e fastidiosa del sistema di dominazione globale. Per il
bene dei migranti, per combattere i trafficanti e speculatori e dunque, in
definitiva, per salvare vite umane. Questa la storia raccontata per
giustificare il misfatto.Naturalmente si guarda l’ultimo segmento del
tracciato. Si mostra al pubblico l’ultimo episodio della serie televisiva dedicata
agli sbarchi e ai salvataggi dei canotti. In effetti la storia comincia molto
prima, solo che sono solo i cacciatori che la raccontano.
C’è stato il
colonialismo, noi che siamo andati da loro, poi le
guerre che gli europei hanno chiamato mondiali. Migliaia di africani sono morti
per la libertà del paese che li ha colonizzati. Segue poi
il neo-colonialismo ideologico, politico ed economico. La
pesca locale nei mari del Golfo di Guinea è stata smantellata da accordi,
diritti comprati a suon di milioni che le élite africane hanno intascato.
Centinaia di migliaia di pescatori sono scomparsi nel nulla. Gli accordi di
partenariato commerciale hanno liquidato le imprese contadine a gestione
famigliare. Libere volpi in libero pollaio è quanto ha guidato la logica che ha
accompagnato i vari patti siglati finora. Quanto alle risorse minerarie, di cui
l’Africa Occidentale è relativamente ricca, sono appannaggio di multinazionali
che alla fine dividono coi locali le briciole di quanto rimane. E poi arriviamo
al culmine che appare come il nuovo investimento sicuro: l’acquisto di terre.
I subappalti della
gestione delle frontiere hanno incominciato in Mauritania e da
lì si sono estesi in Marocco. Ceuta e Melilla, enclavi spagnole in questo
paese, sono circondate da tre gironi di fili spinati e lame taglienti. Si
controlla il mare che separa il Marocco dalla Spagna con pattuglie e a volte si
speronano i canotti con a bordo i contrabbandieri di futuro. Con l’Algeria la
frontiera è regolata da un fossato abbastanza profondo da sconsigliare
tentativi di passaggio. In Algeria i migranti senza documenti sono espulsi a
centinaia e condotti di nascosto nel deserto e ivi abbandonati. E infine ci
siamo noi qui, nel Niger, gli ultimi arrivati nel CLUB dei GENDARMI per conto
dell’Europa. Solo perché, con l’eliminazione violenta di Gheddafi, che
organizzava campi di concentramento migranti, ora in Libia vige il prevedibile
caos. In subappalto il controllo, l’arresto e infine la detenzione, secondo il
piano previsto dall’Europa sono garantiti. Rimandare in Africa gli indesiderati
e poi vedere cosa farne per sbarazzarsene definitivamente. Il Niger ringrazia
per i milioni ricevuti in cambio del contratto. Chi sarebbero, dunque, i
criminali da fermare?
Mauro Armanino, Niamey, Febbraio 017
Mauro Armanino, Niamey, Febbraio 017
Questo articolo è stato scritto anche per la rubrica
Diario Irregolare che Mauro Armanino pubblica su Avvenire
Nessun commento:
Posta un commento