È morta Simonetta Salacone, maestra e dirigente scolastica per molti
anni. Una grave perdita per la scuola, per Roma e le sue periferie, per chi non
si accontenta di una pedagogia astratta e accademica, per coloro che non hanno
dimenticato il significato della parola uguaglianza,
per chi rifiuta l’aziendalizzazione della scuola, per chi cerca di cambiare il
mondo ogni giorno.
Questa la Lettera
aperta di Simonetta Salacone, ex preside della scuola Iqbal Masih di Roma,
scritta nel marzo 2011 (al governo c’era Silvio Berlusconi, mentre Maria Stella
Gelmini era ministra dell’istruzione). Qui invece (La città senza orologi),
Simonetta aveva partecipato a un incontro al Cinema Palazzo ed era intervenuta
su due temi per lei fondamentali: come e perché la scuola dovrebbe aprirsi ogni
giorno al territorio,
l’importanza del tempo lento dell’apprendimento.
di Simonetta Salacone
“Ho lavorato per
quarantatré anni nella scuola di Stato, prima come docente di scuola
elementare, poi, per ventuno anni, come direttrice didattica e, per i restanti
dieci anni, come dirigente scolastica in scuole della periferia romana. Ho
anche svolto, per incarico del Ministero, per cinque anni, il compito di
Presidente dell’Istituto Regionale per la Ricerca la Sperimentazione e
l’Aggiornamento Educativo (IRRSAE) del Lazio.
Ho fondato, con
colleghi dirigenti e docenti degli Istituti di Roma Est una Rete di circa
trenta scuole, tuttora viva ed operante, per favorire la continuità fra ordini
e gradi di scuola, per promuovere l’innovazione, la pratica della ricerca
didattica e la diffusione di esperienze educative efficaci. Ho diretto una
Scuola a tempo Pieno della periferia romana a cui le amministrazioni locali e
tanti genitori si sono rivolti, sia per la qualità dell’offerta formativa che
per la disponibilità ad affrontare situazioni problematiche (disabilità,
disagio sociale, integrazione di migranti).
Ho tutte le carte in
regola per giudicare l’impegno che le docenti e i docenti profondono
quotidianamente per educare i bambini e i giovani loro affidati, utilizzando la
cultura disciplinare, le competenze psico-pedagogiche, le personali attitudini
alla relazione di ascolto e cura.
Ritengo che non si
debba permettere ad uno screditato Presidente del Consiglio un giudizio
pesantemente offensivo verso l’Istituzione alla quale la Costituzione affida il
compito di formare cittadini, competenti, critici, aperti, collaborativi.
Nella Scuola di tutti, quella
statale, operano in piena libertà culturale, docenti di diversa
formazione e provenienza culturale, i quali non “inculcano valori”, ma educano,
istruendo e trasmettendo saperi disciplinari, con l’unico orizzonte valoriale
che accomuna tutti: quello contenuto nella prima parte della Costituzione
italiana, dove sono definiti i Principi Fondamentali su cui si fonda la
Repubblica democratica.
Nella mia lunga
esperienza professionale ho sperimentato che i docenti migliori sono quelli che
sanno accogliere le diversità, mettersi in
discussione, confrontarsi collegialmente, senza
nascondere le proprie idee, ma anche senza imporle come verità assolute a
colleghi e alunni.
Nella scuola di
stato, quella aperta a tutti, c’è posto, laicamente, per opinioni, idee e anche
fedi diverse. Niente è assoluto, se non il valore dell’uguaglianza dei cittadini e la loro” pari dignità,
sociale di fronte alla legge, senza distinzioni di sesso, razza, lingua,
religione, opinioni politiche e condizioni personali e sociali” (art.3).
Poiché “l’arte e la
scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”(art. 33) ogni docente sa che
non deve trasmettere certezze dogmatiche. La conoscenza è aperta a tutte le
possibili scoperte. Apprendere deve voler dire
anche mettere in crisi precedenti certezze perché è così che si cresce,
senza paura di confrontarsi con il nuovo e il non ancora conosciuto. Una buona
scuola aiuta bambini e adolescenti a confrontarsi con idee e culture diverse, a
incontrare altre narrazioni e miti fondanti diversi da quelli della cultura a
cui si appartiene, a trovare, attraverso lo studio e la ricerca, nuove e sempre
più efficaci risposte alle domande che la complessità del mondo richiede.
I docenti e le
docenti migliori sono quelle e quelli che, senza nascondere le proprie
convinzioni, operano con onestà intellettuale, confrontandosi con chi la pensa
in modo diverso e ponendo le proprie opinioni come risposte possibili e
personali, ma mai assolute. Nessun docente capace ed onesto “inculca” idee
negli alunni.
Nella mia lunga
esperienza professionale ho potuto apprezzare l’impegno e la libertà di
pensiero di tanti insegnanti credenti, non credenti, di diversa formazione
culturale e politica, più o meno impegnati nel sociale, tutti, però consapevoli
della ricchezza che solo il pluralismo delle idee porta nella crescita
culturale della società e dei giovani in formazione.
Con i tantissimi
docenti preparati, colti e professionalmente capaci di interrogarsi criticamente e anche di discutere animatamente su
temi educativi e su riforme ho avuto splendidi rapporti professionali.
Non ho stimato
quelli, per fortuna rari, che nascondono le proprie idee dietro un comodo e
pigro conformismo, o che, per piaggeria o per desiderio di carriera, si
adeguano alle idee dell’autorità del momento o rispondono, come servi sciocchi,
alle richieste delle famiglie che, perché pagano, si assumono il ruolo di
“datrici di lavoro”.
Mai la Scuola” azienda” , diretta da”consigli di
amministrazione” e condizionata da impostazioni ideologiche predefinite sarà
più libera della Scuola di tutti.
Prego tutti i
genitori che hanno fatto l’esperienza della ricchezza della scuola di tutti e
che per i propri figli hanno scelto una scuola “libera” e non condizionata da
indirizzi confessionali o ideologici di far sentire la propria voce e di
spiegare al nostro Presidente del Consiglio che si fregia di essere un
“liberale” che la scuola pubblica statale è scuola di democrazia e di
pluralismo e che la partecipazione sociale
è la condizione che ne garantisce la funzione sociale e la libertà.”
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