Aumenta l’impegno
militare italiano in Libia, con costi triplicati
e scenari sempre più incerti, e quello nelle missioni
Nato in funzione anti-russa lungo
la nuova “cortina di ferro” che corre dal Baltico al Mar Nero. Raddoppiano gli
stanziamenti per le missioni in Turchia e
triplicano quelli per le operazioni
dei servizi segreti. Sono queste le principali novità del rifinanziamento missioni
2017 all’esame del Parlamento da questa settimana. Rifinanziamento che da
quest’anno avviene secondo la nuova
legge-quadro sulle missioni (entrata in vigore lo scorso 31
dicembre) che prevede che le commissioni Esteri e Difesa del Parlamento
si esprimano su ogni singola
missione contenuta nella dettagliata deliberazione del governo (del 14 gennaio) che
prende il posto degli scarni decreti-legge del passato.
Da un’approfondita analisi del documento, condotta
dall’Osservatorio
sulle spese militari italiane (Mil€x),
emerge un aumento dello stanziamento generale di circa il 7 per cento rispetto
allo scorso anno: 1,28 miliardi di
euro contro gli 1,19 miliardi del 2016. Soldi destinati a
finanziare l’impiego di 7.600 uomini, 1.300 mezzi terrestri, 54 mezzi aerei e 13 navali in decine di
missioni attive in 22 Paesi, nel Mar Mediterraneo e nell’Oceano Indiano.
Libia: costo triplicato –
Il costo di questa missione per il 2017 è quasi triplicato rispetto
all’anno precedente (da 17 a 48 milioni), anche per la riattivazione della
missione di supporto alle locali marina militare e guardia costiera. Terminata
la battaglia di Sirte, non è
chiaro quale sarà l’impiego dei militari italiani basati a Misurata, che finora
hanno curato i miliziani impegnati al fronte. Quel che è certo è che il
contingente italiano (326 soldati e 107 mezzi terrestri) — che già rappresenta
l’unico obiettivo militare occidentale nel Paese per i gruppi jihadisti locali
— rischia di trovarsi in una situazione difficile a causa del rafforzamento del
generale Haftar sostenuto da Russia
ed Egitto.
Mar Libico: verso la terza
fase di Sophia – Al largo delle coste libiche proseguono anche
le operazioni navali di soccorso ai barconi di migranti:
quella nazionale Mare Sicuro (84
milioni), con 4 navi, 5 aerei e 700 uomini, e quella europea Sofia (43
milioni), con un’altra nave, due velivoli e 600 uomini. A queste si aggiunge,
con la stessa funzione, la missione navale NatoSea
Guardian (19 milioni) con 3 navi, 2 velivoli e 300 uomini. Una
postura “umanitaria” che presto potrebbe
evolvere in qualcosa di diverso, con l’estensione delle operazioni alle acque
territoriali libiche e l’applicazione di un blocco navale: la cosiddetta terza
fase dell’operazione Sophia. Un’evoluzione che comporterebbe, inevitabilmente,
un ulteriore aumento dell’impegno militare italiano.
Turchia, spese su da 7 a 12
milioni – Altro aumento di spesa (da 7 a 12 milioni)
riguarda la missione “Active Fence” dei 130 soldati italiani basati nel sud del
Paese con il compito di presidiare il confine
siriano con una batteria
anti-missile e la partecipazione (con un’aerocisterna) alla
missione Nato di pattugliamento dello
spazio aereo turco. Entrambe le missioni hanno ufficialmente funzione di deterrenza contro la minaccia aero-missilistica del
regime di Assad, ma anche di sorveglianza delle attività militari russe nella
regione.
Lettonia e Bulgaria,
missioni Nato in funzione anti russa – La funzione
anti-russa è invece esplicita per le due nuove missioni Nato a protezione dei confini orientali dell’alleanza,
cui l’Italia parteciperà inviando nel corso dell’anno 160 soldati e 50 mezzi
terrestri (costo 20 milioni) sul confine lettone-russo nell’ambito della
“Spearhead Force” di reazione rapida della Nato e 4 caccia Eurofighter Typhoon con 110
uomini al seguito (costo 11,5 milioni) per pattugliare lo spazio aereo bulgaro nell’ambito
della missione a rotazione di “Air Policing”. Altri 6 caccia Eurofigher Typhoon
con 145 uomini al seguito (costo 3 milioni) saranno inviati in Islanda per il turno nella
missione Nato di protezione condivisa dello spazio aereo della piccola nazione.
Servizi segreti: triplica lo
stanziamento per operazioni di intelligence – Degno di nota
il triplicare dello
stanziamento (da 5 a 15 milioni) per le operazioni d’intelligence a supporto
delle missioni condotte dagli agenti operativi dell’Agenzia
di informazione e sicurezza esterna (Aise), attivi soprattutto in
Libia, Iraq e Afghanistan. L’incremento è legato alla novità (introdotta un
anno fa da Renzi) dell’impiego di assetti
militari (forze speciali) a supporto delle operazioni d’intelligence per
operazioni segrete.
In Iraq il contingente
italiano più numeroso – E’ ormai diventato il principale impegno
militare italiano, con un costo di 300 milioni l’anno (50 milioni in più rispetto
al 2016) e l’impiego di 1.500 soldati (il contingente più numeroso dopo
quello americano), 420 mezzi terrestri e 17 mezzi aerei. Missione: supportare i bombardamenti aerei della Coalizione contro l’Isis (individuazione
obiettivi e rifornimento in volo bombardieri), addestrare i combattenti
iracheni e crudi e fornire loro soccorso in prima linea (evacuazione feriti con
elicotteri e forze speciali).
L’impegno in Afghanistan
insieme ai marine – E’ il secondo teatro più impegnativo per le
forze armate italiane, presenti nel Paese ormai da quindici anni, con un costo
(analogo al 2016) di 295 milioni — compresi i 120 milioni per il sostegno alle
forze di sicurezza locali — e l’impiego di 900 soldati, 148 mezzi terrestri e 8
elicotteri. A tre anni dal ritiro dalla prima linea, l’avanzata dei talebani a Farah ha
costretto gli italiani a tornare ad assistere le truppe afgane che combattono
al fronte, insieme ai marines americani.
Le altre missioni dal Libano
alla Somalia – Nessuna rilevante novità — neanche sui costi —
per tutte le altre missioni. Libano (153
milioni) con 1.125 uomini, 303 mezzi terrestri e 6 mezzi aerei; Kosovo (80 milioni) con 568
uomini, 202 mezzi terrestri e un mezzo aereo; missione antipirateria in Oceano
Indiano (27 milioni) con 2 navi, 2 mezzi aerei e 407 uomini; supporto aereo
logistico in Emirati,
Qatar e Barhain (21 milioni), con 12
aerei e 126 uomini; Somalia (13
milioni) con 130 uomini e 18 mezzi aerei; base militare italiana a Gibuti (112 milioni) con 116
soldati e 21 mezzi terrestri. Seguono le missioni in Albania (6 milioni),
Egitto (4 milioni), Palestina (3 milioni), Mali (2,5
milioni), Bosnia, Cipro, Niger e Pakistan, in tutto
poco più di 1 milione.
L’analisi dell’Osservatorio sulle spese
militari italiane (Mil€x) considera lo stanziamento per le sole spese militari
(comprese quelle relative alla protezione militare delle ambasciate e degli
interessi nazionali nelle aree di conflitto, pari a 30 milioni), escludendo tutti
i finanziamenti destinati alle iniziative di cooperazione allo sviluppo e
sminamento umanitario (111 milioni, erano 91 l’anno precedente) e agli
interventi di sostegno ai processi di pace e stabilizzazione e alla connessa
partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali (34 milioni,
erano 19,8 nel 2016).
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