Contrasto delle
migrazioni “irregolari”, gestione dell’ordine pubblico e repressione del
dissenso. Con Marco Minniti al Viminale si annuncia un giro di vite alla
vigilia di importanti appuntamenti come il G7 a Taormina e le elezioni
politiche.
Quello guidato da
Paolo Gentiloni è davvero il governo fotocopia di Matteo Renzi? La promozione di
Domenico “Marco” Minniti da sottosegretario con delega ai servivi segreti a
ministro dell’Interno rappresenta una novità più che inquietante alla luce dei
nuovi programmi di contrasto delle migrazioni “irregolari” o di gestione
dell’ordine pubblico e repressione del dissenso. Non è certo un caso, poi, che
il cambio al Viminale avvenga alla vigilia dei due appuntamenti internazionali
che hanno convinto a rinviare sine die la fine della legislatura: la
celebrazione del 60° anniversario della firma del Trattato istitutivo della Cee
(il 25 marzo a Roma), ma soprattutto il vertice dei Capi di Stato del G7 a
Taormina il 26 e 27 maggio. Marco Minniti, di comprovata fede Nato, vicino
all’establishment ultraconservatore degli Stati Uniti d’America e alle centrali
d’intelligence più o meno occulte del nostro Paese appare infatti come il
politico più “adeguato” per consolidare il giro di vite sicuritario sul fronte
interno e strappare a leghisti e centrodestra il monopolio della narrazione sul
“pericolo” immigrato. Curriculum vitae e trame tessute in questi anni ci
spiegano come e perché.
Originario di Reggio
Calabria, una laurea in filosofia e una lunga militanza nel Pci prima, nel Pds
e nei Ds dopo, nel 1998 Minniti viene chiamato a ricoprire l’incarico di
sottosegretario alla Presidenza del Consiglio (premier l’amico Massimo
D’Alema), anche allora con delega ai servizi per le informazioni e la
sicurezza; l’anno seguente, con le operazioni di guerra Nato in Serbia e
Kosovo, Minniti assume il coordinamento del Comitato interministeriale per la
ricostruzione dei Balcani. Nel 2001 viene eletto per la prima volta alla Camera
dei deputati e con la costituzione del governo Amato, è nominato
sottosegretario alla Difesa per la cooperazione militare con Ue, Nato e Stati
Uniti e la promozione dell’industria bellica (ministro Sergio Mattarella). Con
il ritorno di Silvio Berlusconi alla guida di Palazzo Chigi, Minniti assume il
ruolo di capogruppo Ds in Commissione Difesa e componente della delegazione
italiana all’Assemblea dei parlamentari presso il comando generale della Nato.
A Bruxelles il politico calabrese fa da relatore del gruppo di lavoro
sull’Europa sud-orientale e la partnership Ue-Nato, perorando l’ingresso
nell’Alleanza di Albania, Croazia e Macedonia. Nel novembre 2005 è Minniti a
presiedere il convegno nazionale Ds su “difesa e industria bellica in Italia”,
relatori, tra gli altri, ministri, capi delle forze armate e manager delle
holding belliche. “Chiedo un maggiore impegno a sostegno del complesso militare-industriale,
per ottenere finanziamenti aggiuntivi per nuovi sistemi d’arma e rafforzare la
difesa europea con la costituzione di battaglioni da combattimento che si
coordino con la Forza di pronto intervento Nato”, fu l’accorato appello di
Minniti ai compagni di partito.
Con Romano Prodi alla
guida del governo (2006), Minniti torna a fare il viceministro dell’Interno
dedicandosi in particolare alle prime “emergenze” sbarchi di migranti in sud
Italia. L’anno dopo, l’(ex) fido dalemiano offre il proprio appoggio nelle
primarie per la scelta del segretario del neonato Pd a Walter Veltroni e
ottiene l’incarico di segretario regionale in Calabria. Rieletto alla Camera
nel 2013, Minniti è nominato sottosegretario della Presidenza del Consiglio da
Enrico Letta, con delega ai servizi segreti, incarico confermatogli dal
successore Renzi. La guerra a tutto campo contro il “terrorismo islamico”
diviene un pallino fisso del capo politico dell’intelligence. Il 1° settembre
2016 a Palazzo Chigi s’insedia un’inedita creatura di Minniti: la “commissione
di studio sul fenomeno dell’estremismo jihadista”. Coordinatore il prof.
Lorenzo Vidino, docente alla George Washington University (accademia privata
che ha forgiato alcuni potenti funzionari del dipartimento di Stato Usa e della
CIA), in commissione siedono docenti di atenei italiani, la ricercatrice
dell’Institute for National Security Studies di Tel Aviv Benedetta Berti e
alcuni noti editorialisti come il direttore di Limes Lucio
Caracciolo, Carlo Bonini di Repubblica e Marta Serafini del Corriere
della Sera. Nei giorni scorsi Minniti e Gentiloni hanno presentato una
prima elaborazione del pool di esperti. “I percorsi di radicalizzazione si
sviluppano soprattutto in alcuni luoghi: nelle carceri da un lato e nella rete web
dall’altro”, ha spiegato Gentiloni. “Insieme alla vigilanza massima e alla
prevenzione per il rischio che la minaccia si riproponga, il governo è
impegnato su politiche migratorie che devono coniugare l’attitudine umanitaria
con politiche di rigore ed efficacia nei rimpatri”. Meno diplomatico il
neoministro Minniti che ha preferito ai rimpatri la declinazione “espulsione”,
preoccupato per il “pericolo crescente” della connection migranti
irregolari – terrorismo. Con l’obiettivo di accelerare le espulsioni e
rafforzare il controllo militare alla frontiera meridionale, Marco Minniti ha
pianificato un tour mediterraneo per incontrare capi di Stato e ministri. I
primi di gennaio si è recato a Tunisi e Tripoli per discutere di cooperazione
bilaterale contro l’immigrazione clandestina e la “minaccia terroristica”. La
missione in Libia, in particolare, segna “l’inizio di una nuova fase di
cooperazione tra i due Paesi”, dicono dal Viminale: Minniti e al Sarraj hanno
concordato l’impegno ad affrontare insieme ogni forma di contrabbando e
protezione delle frontiere, in particolare al confine meridionale, quello con
Ciad e Sudan. Sempre a gennaio Minniti si recherà a Malta e in Egitto. Il
governo chiede ai paesi nordafricani e ai partner sub-sahariani (Niger, Ciad, Somalia,
Nigeria, Mali, Senegal) d’implementare i programmi elaborati in ambito Ue per
impedire – manu militari – che i migranti provenienti dalle zone più interne
del continente raggiungano le coste del Mediterraneo, creando altresì in loco
grandi centri-hub di “assistenza e rimpatrio” di chi fugge da guerre e
carestie. Alle onerose missioni navali per intercettare i barconi di migranti,
il Viminale preferirebbe invece puntare sull’uso di sofisticati apparati
d’intelligence, come ad esempio i satelliti militari Cosmo Skymed e i droni,
sia quelli spia che armati, “strumenti fondamentali in ogni contesto
asimmetrico”.
Per coloro che
riusciranno a portare a termine dolorose odissee nel deserto e pericolose
traversate in mare, onde “prevenire e reprimere” ogni possibile collegamento
tra il fenomeno dell’immigrazione clandestina e il terrorismo, Marco
Minniti prevede un ulteriore giro di vite in termini di indagini,
identificazioni e prelievo forzato di impronte digitali, possibilmente anche le
schedature informatiche biometriche e del dna. “Dobbiamo ricondurre a unità il
duplice problema della minaccia terroristica interna fatta di foreign
fighterse potenziali lupi solitari e, dall’altra parte, del contrasto
all’Isis attraverso un’efficace gestione dei flussi migratori che ne
arricchiscono le finanze”, scrivono i più stretti collaboratori del ministro.
Una prima bozza di piano anti-migranti 2017 è stata presentata a fine anno da
Minniti e dal capo della Polizia Franco Gabrielli. Annunciando una
“stagione di tolleranza zero”, si punta a raddoppiare in pochi mesi il numero
delle espulsioni grazie al coinvolgimento delle forze dell’ordine e degli enti
locali. In tutto il territorio nazionale saranno istituiti nuovi centri di
identificazione ed espulsione “da 80-100 posti al massimo”, confinanti con
porti e aeroporti. “In questi nuovi Cie saranno trattenuti solo gli immigrati
irregolari che presentino un profilo di pericolosità sociale, come spacciatori
o ladri”, annuncia il Viminale. Rimpatri volontari o assistiti e “lavori
socialmente utili” per i sempre meno numerosi migranti “regolari” o quelli
legittimati a richiedere l’asilo.
L’ennesima
controffensiva in nome della sicurezza nazionale e della lotta al terrorismo
trova un suo retroterra ideologico nelle elaborazioni della poco nota ma
influente Fondazione ICSA (Intelligence Culture and Strategic Analysis),
centro studi sui temi d’intelligence costituito a Roma nel novembre 2009 da
Marco Minniti e dal Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga,
ministro dell’Interno negli anni della guerra di Stato al terrorismo rosso e
cultore di controverse relazioni con organizzazioni e servizi segreti in ambito
nazionale e Nato. “La Fondazione ICSA si pone l’obiettivo di analizzare i
principali aspetti connessi alla sicurezza nazionale e internazionale,
all’evoluzione dei modelli di difesa militare, ai principali fenomeni criminali
e del terrorismo in Italia e all’estero, alla sicurezza informatica e
tecnologica dello Stato e dei cittadini”, si legge nell’atto istitutivo. Di
ICSA, Cossiga è stato presidente onorario sino alla sua scomparsa e Minniti
presidente esecutivo sino alla nomina a sottosegretario del governo Renzi,
quando è stato sostituito dal gen. Leonardo Tricarico, già capo di Stato
Maggiore dell’Aeronautica, comandante della 5^ Forza aerea tattica della Nato,
vicecomandante della Forza multinazionale nel conflitto dei Balcani e
consigliere militare di ben tre Capi di governo (D’Alema, Amato e Berlusconi).
Vicepresidente della
fondazione il prefetto Carlo De Stefano, superesperto in materia di terrorismo,
già questore ad Avellino e Firenze, poi responsabile della sicurezza del
Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Dal 2001 al 2009 De Stefano è stato
capo dell’UCIGOS (l’ufficio per le investigazioni e le operazioni speciali
della Polizia che coordina le attività degli uffici Digos) e presidente
del Comitato di analisi strategica antiterrorismo (Casa). L’alto funzionario Ps
ha pure ricoperto un incarico come sottosegretario all’Interno, presidente del
consiglio Mario Monti, ministra Anna Maria Cancellieri.
Della Fondazione ICSA
è segretario generale Paolo Naccarato, alto funzionario statale incaricato nel
1994 dal governo di organizzare il vertice G7 di Napoli. Eletto consigliere
regionale in Calabria nel 2000 con il listino del presidente Giuseppe
Chiaravalloti (Forza Italia) in quota al movimento fondato da Francesco
Cossiga, Naccarato ha poi ricoperto l’incarico di presidente della Commissione
per le riforme istituzionali della Regione. Nel 2006 è stato nominato
sottosegretario alla Presidenza del Consiglio (Romano Prodi) con delega alle
riforme istituzionali e ai rapporti con il Parlamento; qualche anno dopo,
Naccarato è tornato alla regione d’origine per ricoprire l’incarico di
assessore nella giunta presieduta da Agazio Loiero (Margherita). Dopo una breve
parentesi con l’effimera associazione politica di Luca Montezemolo, Italia
Futura, nel maggio 2013 Naccarato ha ottenuto il seggio in Senato con la Lega
Nord in rappresentanza del movimento dell’ex ministro di centrodestra Giulio
Tremonti. Con l’elezione in Parlamento, non si sono concluse le migrazioni
politiche del segretario ICSA: ai leghisti è stata preferita prima l’adesione
al Gruppo Grandi Autonomie e Libertà, poi al Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano,
infine ancora il GAL.
Dulcis in fundo
compare come vicesegretario della fondazione, il giornalista Giovanni Santilli,
già segretario particolare presso la Presidenza del Consiglio (1998-2000) e del
ministero della Difesa (2000-2001, sottosegretario Minniti), nonché ex
consigliere politico dello stesso Minniti viceministro dell’Interno nel biennio
2006-2008. Insieme alla moglie Renata Parisse, dirigente della nuova Avezzano
calcio, Santilli fu indagato dal Pm di Bari Michele Emiliano nell’ambito dell’inchiesta
sulla malagestione della missione “Arcobaleno”, l’operazione umanitaria avviata
nel 1999 dal governo D’Alema in Albania, Puglia e Sicilia a favore dei
rifugiati kosovari. A carico dei due coniugi fu ipotizzata una tentata
concussione ai danni di uno dei personaggi centrali dell’inchiesta, titolare di
una società impegnata negli “aiuti” alla popolazione kosovara; il procedimento
si è concluso però con il proscioglimento degli indagati.
Top secret i nomi
degli sponsor della Fondazione ICSA. In un’intervista a L’Huffington
Post il presidente gen. Tricarico ha ammesso che gli oneri di
funzionamento del centro sfiorano i 250.000 euro all’anno, coperti “grazie a
una dozzina di finanziatori istituzionali e privati” con una quota associativa
di 20.000 euro. Grazie all’inchiesta della Procura di Napoli che ha portato in
carcere il sindaco Pd di Ischia e i vertici della cooperativa Cpl Concordia
(LegaCoop), è stato possibile dare un volto a uno dei finanziatori privati: tra
le carte sequestrate alla coop, infatti, sono state rinvenute due donazioni nel
biennio 2013-14 per un totale di 40.000 euro.
A contribuire
all’organizzazione del convegno ICSA sul terrorismo jihadista, febbraio 2015,
ci ha pensato invece il Sistema d’informazione per la sicurezza della Repubblica
(il complesso dei soggetti istituzionali a cui è stata delegata la gestione
dell’intelligence dopo la riforma dei servizi segreti) con un contributo
finanziario di 12.500 euro più Iva. La connection Viminale-Fondazione si è
consolidata nel tempo. Dopo la stipula di una convenzione con il Ministero
dell’Interno e Confindustria per realizzare “ricerche e analisi in materia di
sicurezza e criminalità”, i vertici di ICSA hanno varato con il Dipartimento
della Pubblica Sicurezza un “Piano di collaborazione scientifica e didattica
2014-2017” per realizzare iniziative di formazione “a beneficio dei soggetti
(pubblici e privati) operanti nel settore della security, con particolare
riguardo alla protezione delle infrastrutture critiche”. Quello della sicurezza si
conferma per tanti uno dei migliori business del XXI secolo.
Poco nota al grande
pubblico ma influentissima la Fondazione ICSA (Intelligence Culture and
Strategic Analysis), il centro studi sui temi d’intelligence e analisi
militare costituito a Roma nel novembre 2009 da Marco Minniti (neoministro
dell’Interno) e dal Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga, gran
tessitore di trame con organizzazioni e servizi segreti in ambito nazionale e
Nato. Di ICSA, Cossiga è stato presidente onorario sino alla sua scomparsa e
Minniti presidente esecutivo sino alla nomina a sottosegretario del governo
Renzi, quando è stato sostituito dal gen. Leonardo Tricarico, già capo di
Stato Maggiore dell’Aeronautica, comandante della 5^ Forza aerea tattica della
Nato, vicecomandante della Forza multinazionale nel conflitto dei Balcani e
consigliere militare di ben tre Capi di governo (D’Alema, Amato e Berlusconi).
Vicepresidente della
fondazione il prefetto Carlo De Stefano, già questore ad Avellino e Firenze,
poi responsabile della sicurezza del Presidente della Repubblica Sandro
Pertini. Dal 2001 al 2009 De Stefano è stato capo dell’UCIGOS (l’ufficio per le
investigazioni e le operazioni speciali della Polizia che coordina le
attività degli uffici Digos) e presidente del Comitato di analisi strategica
antiterrorismo (Casa). L’alto funzionario ha pure ricoperto un incarico come
sottosegretario all’Interno, presidente del consiglio Mario Monti, ministra
Anna Maria Cancellieri.
Della Fondazione ICSA
è segretario generale Paolo Naccarato, alto funzionario statale incaricato nel
1994 dal governo di organizzare il vertice G7 di Napoli. Eletto consigliere
regionale in Calabria nel 2000 con il listino del presidente Giuseppe
Chiaravalloti (Forza Italia) in quota al movimento fondato da Francesco
Cossiga, Naccarato ha poi ricoperto l’incarico di presidente della Commissione
per le riforme istituzionali della Regione. Nel 2006 è stato nominato
sottosegretario alla Presidenza del Consiglio (Romano Prodi) con delega alle
riforme istituzionali e ai rapporti con il Parlamento; qualche anno dopo,
Naccarato è tornato alla regione d’origine per ricoprire l’incarico di
assessore nella giunta presieduta da Agazio Loiero (Margherita). Dopo una breve
parentesi con l’effimera associazione politica di Luca Montezemolo, Italia
Futura, nel maggio 2013 Naccarato ha ottenuto il seggio in Senato con la Lega
Nord in rappresentanza del movimento dell’ex ministro di centrodestra Giulio
Tremonti. Con l’elezione in Parlamento, non si sono concluse le migrazioni
politiche del segretario ICSA: ai leghisti è stata preferita prima l’adesione
al Gruppo Grandi Autonomie e Libertà, poi al Nuovo Centrodestra di Angelino
Alfano, infine ancora il GAL.
Vicesegretario della
fondazione, il giornalista Giovanni Santilli, già segretario particolare presso
la Presidenza del Consiglio (1998-2000) e del ministero della Difesa
(2000-2001, sottosegretario Minniti), nonché ex consigliere politico dello
stesso Minniti viceministro dell’Interno nel biennio 2006-2008.
Eterogeneo per
ideologie e orientamenti politici anche se in buona parte i cuori battono per
l’ordine sociale e la conservazione, il consiglio scientifico della Fondazione
ICSA testimonia la portata e la forza della rete di relazioni istituzionali,
nazionali e internazionali, realizzata nel tempo da Marco Minniti. Si tratta di
una lunga lista di Capi di Stato Maggiore delle forze armate e dell’Arma dei
carabinieri; comandanti dei reparti speciali della Nato e dei servizi segreti;
segretari e consiglieri militari di presidenti del consiglio e ministri;
diplomatici, magistrati, responsabili della security di importanti holding
economiche; giornalisti, professori universitari e finanche consulenti e
analisti della CIA e dei dipartimenti statunitensi per la lotta al
terrorismo.
Coordinatore del
Consiglio scientifico della Fondazione ICSA il sociologo Italo Saverio Trento.
Membri:
Amm. Gianfranco
Battelli, dal 1979 al 1983 a capo del cosiddetto “ufficio I” incaricato della
valutazione, produzione e aggiornamento di tutti i documenti d’intelligence
della Marina Militare; successivamente capo di Gabinetto del ministero della
Difesa e dal 1996 al 2001 direttore del Sismi (i vecchi servizi segreti
militari) e infine consigliere della Corte dei Conti.
Amm. Sergio Biraghi,
Capo di Stato Maggiore della Marina Militare dal 2004 al 2006 e poi consigliere
militare del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.
Gen. Carlo Cabigiosu,
già vicecomandante del Corpo d’Armata di reazione Rapida della Nato in
Germania, poi Capo di Stato maggiore del Comando Regionale delle Forze
Terrestri Alleate del Sud Europa (il primo generale italiano ad assumere tale
carica, da sempre ricoperta da militari Usa), comandante della Forza Nato in
Kosovo (2000-01), rappresentante dell’Italia al Senior Official
Group (SOG) della Nato per la revisione della struttura di Comando
dell’Alleanza e infine consigliere militare della Missione italiana in Iraq
(2003-04).
Gen. Vincenzo
Camporini, dal 2008 al 2011 Capo di Stato maggiore della difesa e poi
consulente dell’allora ministro degli esteri Franco Frattini; oggi è
vicepresidente dell’Istituto Affari Internazionali e membro della Fondazione Italia-Usa.
Giovanni De Carli ed
Edoardo Esposito, generali della Guardia di Finanza.
Gen. Giampaolo Ganzer,
già comandante dei reparti dei Carabinieri impegnati contro la colonna
veneto-friulana delle Brigate Rosse e delle teste di cuoio che liberarono il generale Usa
James Lee Dozier sequestrato dalle Br a Verona nel 1981. Nel 2002 è stato
nominato comandante del ROS (Raggruppamento Operativo Speciale) dell’Arma dei
Carabinieri, incarico ricoperto sino al luglio 2012 nonostante la condanna in primo
grado a 14 anni per “associazione per delinquere finalizzata al traffico di
droga, al peculato, al falso e ad altri reati”, commessi nel corso di alcune
operazioni antidroga dei ROS. Dopo la riduzione della condanna in secondo grado
a 4 anni e 11 mesi di reclusione, lo scorso anno è scatta la prescrizione per i
reati dopo la revisione della Cassazione.
Gen. Fabio Mini,
esperto di geostrategia, ex comandante della missione Nato in Kosovo dal
2002 al 2003, autore di articoli per Limes, l’Espresso, la
Repubblica e Il Fatto Quotidiano.
Gen. Mario Nunzella,
già Capo di Stato maggiore dell’Arma dei Carabinieri, ex consigliere per la
sicurezza del Presidente del Consiglio Massimo D’Alema, poi responsabile del
coordinamento delle forze di polizia presso il Ministero dell’Interno. Nel
giugno 2000 è stato nominato comandante del ROS dei Carabinieri.
Gen. Stefano Panato,
ex sottocapo di Stato maggiore dell’Aeronautica (si è interessato ai
programmi di sviluppo dei cacciabombardieri Tornado, Amx ed Eurofighter 2000),
poi presidente del Centro Alti Studi per la Difesa (CASD), l’organismo di
più alto livello nel campo della formazione e degli studi di sicurezza e
vicedirettore del Sismi e dell’AISE (l’agenzia che sovrintende alla gestione
dei servizi segreti). Dal 1999 al 2002 è stato consigliere militare presso
la Rappresentanza d’Italia al Consiglio Atlantico a Bruxelles; oggi ricopre il
ruolo coordinatore del Centro Studi Militari Aeronautici (Cesma) “Giulio
Dohuet” di Roma.
Gen. Luciano
Piacentini, già comandante del battaglione d’assalto “Col Moschin” e
successivamente capo di Stato Maggiore della brigata paracadutisti “Folgore” e
consigliere per la sicurezza in diverse aree del continente asiatico.
Gen. Sergio Siracusa,
prima addetto militare presso l’ambasciata d’Italia a Washington, poi sottocapo
di Stato maggiore presso il Comando Forze terrestri alleate del Sud Europa
di Verona, direttore del Sismi dal 1994 al
1996, comandante generale dell’Arma dei Carabinieri dal 1997 al 2002 e infine
Consigliere di Stato.
Giancarlo Capaldo,
procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ed ex collaboratore dei
ministri della prima Repubblica Sebastiano Vassalli e Virginio Rognoni.
Stefano Dambruoso, ex
magistrato a Milano dove ha condotto inchieste sulle cellule
anarco-insurrezionaliste e sul terrorismo jidahista in Italia, dal 2008
Capo dell’Ufficio coordinamento attività internazionali del ministero della Giustizia,
poi membro del Consiglio direttivo dell’Agenzia per la sicurezza nucleare e dal
febbraio 2013 deputato alla Camera, eletto in Lombardia con Scelta Civica e
transitato nel gruppo scissionista Civici e Innovatori. Membro anch’egli della
Fondazione Italia-USA, nel gennaio 2016, unitamente al parlamentare Pd Andrea
Manciulli (presidente della delegazione italiana presso l’Assemblea
parlamentare della NATO) ha presentato la proposta di legge “Misure per la
prevenzione della radicalizzazione e dell’estremismo jihadista”.
Nicola Di
Giannantonio, prefetto fuori ruolo presso la Presidenza del Consiglio nel 2000
e successivamente direttore della Sovrintendenza Centrale dei Servizi di
Sicurezza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Domenico Vulpiani,
prefetto e direttore dell’Ufficio centrale ispettivo del Dipartimento di
Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, dal 1978 al 1988
responsabile dei servizi di protezione dei Presidenti della Repubblica
Francesco Cossiga e Oscar Luigi Scalfaro, di alcuni presidenti del Consiglio e
ministri dell’Interno. Dal 1990 al 1996 presso la Direzione Centrale della
Polizia di Prevenzione ha ricoperto diversi incarichi in materia di
antiterrorismo; dal 1996 al 2001 è stato a capo della DIGOS di Roma, dal
2001 al 2009 direttore del Servizio Polizia Postale, ufficio specializzato nel
contrasto ai crimini postali ed informatici e del Centro Nazionale Anticrimine
Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche del Paese.
Giovanni Castellaneta,
già ambasciatore d’Italia negli Usa dal 2005 al 2009 (anni in cui vengono
sottoscritti accordi strategici con Washington in campo militare e industriale,
come ad esempio la coproduzione dei cacciabombardieri F-35, l’installazione del
terminale MUOS a Niscemi e dei droni d’intelligence a Sigonella);
successivamente presidente del consiglio di amministrazione di SACE
(il gruppo assicurativo-finanziario a favore delle imprese italiane che
operano all’estero, interamente controllato dalla Cassa depositi e Prestiti) e
membro del Cda di Finmeccanica (l’holding a capo del complesso
militare-industriale italiano). È stato inoltre consigliere diplomatico
del Presidente del Consiglio Berlusconi e suo rappresentante personale per
i Vertici del G8 del 2001 e del 2005.
Guido Lenzi,
ambasciatore, già rappresentante permanente presso l’OSCE a Vienna, direttore
dell’Istituto Europeo di Studi di Sicurezza a Parigi e consigliere diplomatico
presso il ministero degli affari esteri e della difesa.
Andrea Monorchio,
originario di Reggio Calabria, ex ragioniere generale dello Stato, docente di
materie economiche presso l’Università di Siena e la Luiss di Roma, per alcuni
anni presidente del Cda di Infrastrutture S.p.A. (società voluta dal
ministero del Tesoro per finanziare le grandi opere pubbliche) e dei
collegi sindacali di Eni, Fintecna e Telespazio (gruppo Finmeccanica).
Nell’ottobre 2011 è stato nominato vicepresidente della Banca
popolare di Vicenza.
Paolo Savona, già direttore
generale e poi amministratore delegato della Banca Nazionale del Lavoro
(1989-1990), presidente del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi
(dal 1990 al 1999 e dal 2010 al 2014), dei Cda di holding e società come
Impregilo, Gemina, Aeroporti di Roma, Consorzio Venezia Nuova, Banca di Roma,
membro dei Cda di RCS, TIM Italia, Capitalia. Savona è stato pure
presidente della Commissione d’indagine sul nucleare in Italia e membro
delle Commissioni Ortona e Jucci per la riforma dei servizi di sicurezza.
Asher Daniel Colombo e
Marzio Barbagli, docenti di sociologia dell’Università di Bologna, consulenti
di fiducia del ministero dell’Interno e autori di diverse pubblicazioni sulle
migrazioni internazionali e le “relazioni” immigrati-sicurezza-criminalità in
Italia.
Salvatore Tucci,
docente di Calcolatori elettronici presso la Facoltà di Ingegneria
dell’Università “Tor Vergata” di Roma, dal 1999 al 2008 responsabile del
sistema informativo della Presidenza del consiglio dei ministri.
I giornalisti Andrea
Nativi direttore della Rivista Italiana Difesa e Carlo Panella
ex dirigente di Lotta Continua, collaboratore de Il Foglio e
responsabile delle tribune politiche Mediaset, nominato da Marco
Minniti quale membro della Commissione di studio sulla Jihad in Italia.
I direttori della
security e protezione aziendale, Raffaele Di Lella di ENAC (l’Ente nazionale
per l’aviazione civile) e Franco Fiumara delle Ferrovie dello Stato (quest’ultimo
ha pure diretto le compagnie della Guardia di finanza di Mondragone e Gela
e il Nucleo centrale Polizia tributaria di Roma – Sezione
Stupefacenti; nel dicembre 2014 è stato eletto presidente di Colpofer,
l’Associazione internazionale dei Capi delle strutture di sicurezza aziendale
ferroviaria di 24 paesi e della Polizia dei trasporti).
Luisa Franchina,
ingegnere elettronico ed esperta di strategie di sicurezza delle reti e
dell’informazione, dal 2011 al 2013 direttrice generale del Nucleo operativo
per gli attentati NBCR (nucleari, biologici, chimici e radiologici) presso la
Presidenza del Consiglio e successivamente delegata italiana per la Protezione
civile presso il comando Nato di Bruxelles.
Gli ispettori generali
della Police nationale francese, Hélène Martini (già consigliere tecnico per la
sicurezza interna del Presidente della Repubblica) ed Emile Pérez, direttore
del Service de Coopération Technique Internationale de Police e presidente di
Francopol.
Frances Fragos
Townsend, ex consigliere per la sicurezza nazionale e le politiche di lotta al
terrorismo del presidente Usa George W. Bush, nonché inviata speciale per le ispezioni
alla prigione-lager “Abu Ghraib” in Iraq, nota al mondo per i crimini commessi
dai militari statunitensi a danno dei reclusi. Tra il 2006 e il 2007, l’allora
vice-ministro all’interno Marco Minniti e il prefetto Carlo De Stefano (al
tempo direttore centrale della Polizia di prevenzione e coordinatore del
Comitato di analisi strategica antiterrorismo) ebbero modo d’incontrare più
volte a Roma e Washington la consigliere Townsend per uno “scambio di
informazioni Italia-Usa sulla “minaccia terroristica”.
Kurt Volker, ex
ambasciatore Usa alla Nato (su nomina del presidente George W. Bush) ed ex
analista internazionale della CIA, managing director del Centro per le
Relazioni Transatlantiche alla Johns Hopkins University. Già consulente del
senatore ultraconservatore John MacCain e vicedirettore dell’allora Segretario
generale della NATO George Robertson (1998-2001), Volker ha ricoperto
l’incarico di consulente del Dipartimento di Stato in preparazione dei summit
Nato di Praga (2002) e Istanbul (2004).
(*) ripresi da http://antoniomazzeoblog.blogspot.it/
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