di Mona Bieling (Middle East Eye)
Com’è strutturato attualmente, il
sistema scolastico israeliano serve chiaramente ai principali interessi dello
Stato piuttosto che a quelli degli studenti arabo- palestinesi.
Il sistema educativo in Israele è
uno dei principali contesti in cui cittadini arabo-palestinesi di Israele ed
ebrei sono segregati gli uni dagli altri, in quanto le scuole sono rigidamente
separate in differenti settori in base sia alla religione che all’etnia.
Nella sua attuale struttura il
sistema è stato fondato nel 1953 con la legge statale per l’educazione che ha
definito il quadro giuridico per la formazione di due aree: una per gli ebrei
laici e una per i praticanti. Poiché in questa legge la minoranza palestinese
non viene citata, ne è scaturita quasi inevitabilmente la costituzione di un
settore scolastico arabo separato dai due previsti per gli ebrei.
Nonostante un emendamento della
legge nel 2000, il settore destinato agli arabi non ha una posizione giuridica
ufficiale, ma esiste come “non ufficiale ma riconosciuto”accanto ai due sistemi
ebraici “ufficiali e riconosciuti”. Quindi, fin dall’istituzione del sistema
scolastico statale nel 1953, agli israeliani arabo- palestinesi ed a quelli
ebrei è in genere impedito di andare a scuola insieme.
Recenti tentativi di prendere in considerazione
separatamente la popolazione araba cristiana di Israele riguardo al servizio
militare [gli arabo-israeliani non fanno il servizio militare. Ndtr.] e
all’educazione suggeriscono che il sistema educativo nella sua struttura
attuale non si limita ad offrire una formazione culturale ai cittadini dello
Stato. Il ministero dell’Educazione ha il controllo totale dei curricula di
ogni tipo di scuola – ebraica, drusa e araba sia pubbliche che private,
dall’asilo alle superiori.
Ci sono due modi prevalenti in cui
il sistema educativo statale promuove la divisione tra i cittadini palestinesi
di Israele: direttamente, attraverso la separazione delle diverse comunità
religiose in scuole distinte, la definizione del curriculum e l’assegnazione
dei docenti e dei presidi; indirettamente, con questioni relative ai
finanziamenti, alle infrastrutture, alle scuole private e all’accesso
all’educazione superiore.
Perciò il sistema educativo
israeliano può essere visto come un’arma politica utilizzata dal governo per raggiungere
i suoi scopi di rafforzamento del carattere ebraico dello Stato piuttosto che
per fornire la migliore formazione possibile a tutti i cittadini.
Le divisioni create tra i
palestinesi con cittadinanza israeliana avranno anche conseguenze per il tentativo
più complessivo dei palestinesi di avere uno Stato e l’autodeterminazione.
Pertanto la separazione tra le comunità palestinesi, una dentro Israele e
l’altra fuori, come ho fatto in questo articolo, è esclusivamente funzionale
all’analisi e non intende inficiare il concetto di una nazione palestinese che
li comprenda.
Tener lontani i drusi
I principali e più evidenti
interventi attivi da parte di Israele nel sistema educativo per dividere la sua
popolazione palestinese sono i tentativi di separare la comunità in base alla
religione.
La politica del divide et
impera come pratica all’interno del sistema educativo risale al 1956,
quando è stato fondato un sistema scolastico separato per i drusi di Israele.
Questo sviluppo deve essere visto nel più complessivo contesto del tentativo di
Israele di separare la comunità drusa come “un popolo a parte”, non legato in
nessuno modo alla comunità palestinese.
Anzi, la lealtà dei drusi verso lo
Stato è stata sottolineata e garantita includendo nell’esercito israeliano per
il servizio militare tutti i maschi drusi e promuovendo ciò nelle scuole druse.
Perciò, come mi ha detto la scorsa estate Ra’afat Harb, un attivista druso, sia
il contesto che il curriculum nelle scuole druse sono diversi rispetto alle
altre scuole degli arabo-palestinesi.
Il risultato dell’educazione
segregata, limitata e tendenziosa nelle scuole druse è che l’identità drusa è
stata rimodellata in modo da corrispondere all’obiettivo dello Stato e della
maggioranza ebraica. Ovviamente l’identità è sempre un concetto mutevole, che è
diverso sia individualmente che collettivamente, e si può manifestare in vario
modo. Di nuovo, secondo Harb, ci sono drusi che si identificano come
palestinesi, come arabi, come israeliani o persino come sionisti.
Tuttavia, attraverso il sistema educativo,
lo Stato ha attivamente inibito lo sviluppo di un’identità araba e palestinese
dei drusi ed ha invece imposto loro un’identità unicamente drusa/israeliana.
Così facendo lo Stato ha chiaramente seguito un progetto per allontanare i
drusi dalla comunità arabo-palestinese.
Sfide per gli arabi beduini
Un’altra divisione molto importante
creata all’interno della comunità palestinese in Israele è quella tra arabi
cristiani/musulmani da una parte e arabi beduini dall’altra.
La maggioranza dei beduini di Israele
vive nel Naqab (Negev), nel sud del paese, dove devono sopportare condizioni di
vita miserabili a causa del tentativo israeliano di espellerli dalla loro terra
e concentrarli in pochi villaggi e cittadine.
Secondo Noga Dagan-Buzaglo, un
ricercatore del centro “ADVA” (Informazione sull’Uguaglianza e la Giustizia
Sociale in Israele), in quanto abitanti di villaggi non riconosciuti [dallo
Stato israeliano. Ndtr.], i beduini patiscono le peggiori condizioni di vita
del Paese.
Benché lo Stato sia obbligato a
fornire educazione a tutti i cittadini dall’età di 3 o 4 anni, le scuole nel
Naqab si possono trovare solo in villaggi e cittadine riconosciuti. Ciò rende
difficile ai genitori dei villaggi non riconosciuti mandare a scuola i propri
bambini in modo regolare.
Secondo Muhammad Zidani,
ricercatore, e Muna Haddad, avvocato, entrambi di Adalah, il Centro Legale per
i Diritti della Minoranza Araba in Israele, poiché i genitori possono essere
processati se non mandano i figli a scuola, alcune famiglie si sono spostate
dai villaggi non riconosciuti a quelli riconosciuti per facilitare la frequenza
scolastica ed evitare denunce penali.
Anche a questo proposito,
l’educazione è utilizzata come uno strumento politico per imporre la volontà
dello Stato ai suoi cittadini arabi, in questo caso spostando una parte della
popolazione dalla sua terra d’origine.
Isolare gli arabi cristiani
Un terzo, e abbastanza recente,
sviluppo è il tentativo di Israele di isolare gli arabi cristiani come ha fatto
con i drusi per 60 anni.
Nel 2013 sono aumentati i tentativi
dello Stato per incoraggiare gli arabi cristiani ad arruolarsi nell’esercito
israeliano, approfittando del fatto che sono meno numerosi degli arabi
musulmani, e cercando di creare timore per la “crescente ‘minaccia musulmana’
nella regione.” L’attuale tentativo dello Stato di assegnare agli arabi
cristiani una nuova etnicità aramaica è collegato a questo.
Odna Copty, che lavora per il
Comitato di Monitoraggio dell’Educazione Araba (FUCAE), afferma che gli arabi
cristiani come lei sono ora definiti come aramaici piuttosto che arabi.
“Dicono che siamo un gruppo con
religioni diverse e non abbiamo niente in comune, ” afferma. “Quando parlo con
qualcun altro che è arabo, non mi viene mai in mente di chiedergli
specificamente della sua religione, perché nella cultura araba non è educato
fare domande simili.”
L’intento dello Stato di isolare i
cristiani e fare in modo che adottino una nuova identità aramaica non ha ancora
attecchito tra la gente. Al contrario, molti arabo-palestinesi come Copty
deridono questi tentativi come artificiosi e destinati a fallire.
Tuttavia il passato dimostra che
simili iniziative hanno avuto successo nel contesto dei drusi. Pertanto questa
nuova strategia del divide et impera dovrebbe essere presa sul
serio piuttosto che liquidata come assurda.
La storia di qualcun altro
La seconda area importante in cui lo
Stato mette in atto direttamente la sua politica del divide et impera sono
i contenuti che gli alunni studiano a scuola. Tutto il sistema educativo è
basato “sui valori della cultura ebraica e sui successi in campo scientifico,
sull’amore per la patria e la lealtà nei confronti dello Stato e del popolo
ebraico (…)” come stabilito nella legge dell’Educazione Statale del 1953.
In pratica, ciò significa che i
curricula destinati ai settori ebraici laici o religiosi intendono insegnare
agli studenti i valori del sionismo ed il punto di vista ebraico. Di
conseguenza, gli studenti arabo-palestinesi durante i 14 anni di scuola non apprendono
niente della storia o della cultura del loro stesso popolo.
Oltretutto l’immagine degli
arabo-palestinesi descritta per loro nei libri di testo è negativa, se non
apertamente razzista.
Le differenze tra gli
arabo-palestinesi sono evidenziate in un nuovo e controverso testo di
educazione civica introdotto in maggio dall’attuale ministro dell’Educazione
Naftali Bennett.
Nonostante accese proteste da parte
della comunità arabo-palestinese, Bennett ha insistito per la pubblicazione di
un libro che, tra le altre cose, “senza ragione distingue tra le componenti
musulmane, cristiane, aramaiche e druse di Israele e dedica più attenzione al
servizio militare di quest’ultima piuttosto che al sottogruppo più ampio “,
cioè gli arabi musulmani.
Legata a questo problema è
l’assunzione di insegnanti e presidi nelle scuole arabe. All’interno della
comunità palestinese in Israele è risaputo che il ministero dell’Educazione non
nomina le persone più adatte a questo lavoro, ma quelle che collaborano con lo
Stato.
Il fatto che lo Shabak (Shin Bet),
il servizio di sicurezza interno di Israele, sia coinvolto nelle assunzioni – e
nella selezione che le precede- degli insegnanti e dei presidi dimostra quanto
Israele consideri fondamentale la nomina delle persone ‘giuste’. Scegliendo
insegnanti e presidi leali, o per lo meno non critici, lo Stato garantisce che
verranno insegnati solo i contenuti previsti dal curriculum scolastico. Persino
nelle scuole private, che hanno un certo grado di libertà riguardo
all’assunzione dei docenti e ai contenuti, gli insegnanti sono consapevoli del
loro ruolo all’interno del sistema e aderiscono in maggioranza alla narrazione
dominante.
Tutti questi aspetti presi insieme
garantiscono che lo Stato, grazie all’intervento diretto nel sistema educativo,
trasmetta solo la narrazione sionista dominante, che dovrebbe tutelare il
carattere ebraico dello Stato. Questa prassi intende seminare divisioni tra gli
studenti arabo-palestinesi, perché nega l’esistenza di una Nazione palestinese
e sottolinea piuttosto ogni aspetto che separa la comunità in termini di
religione o di altro.
Buona educazione – se te lo puoi
permettere
Israele tenta anche di indebolire la
coesione nella comunità arabo-palestinese in un modo più indiretto e sottile.
Anche se le cifre esatte variano, è evidente che il ministero dell’Educazione
assegna molti meno fondi alle scuole arabe che a quelle ebraiche, con il
risultato di una grave mancanza di risorse in tutte le scuole pubbliche arabe.
Le scuole dei beduini sono
considerate ben fornite se si tratta di edifici di mattoni con acqua corrente
ed elettricità. In seguito al costante lavoro del FUCAE, il ministero
dell’Educazione è totalmente al corrente della quantità di denaro necessaria
annualmente per studente al fine di ridurre la differenza tra studenti ebrei ed
arabi.
Tuttavia, secondo Aatef Moadei,
direttore generale del FUCAE, Israele è interessato a gestire questa differenza
piuttosto che a ridurla. L’indifferenza dello Stato è ancora più evidente
quando si prende in considerazione il fatto che è diretta contro persone che
rappresentano oltre il 20% dei suoi stessi cittadini, che pagano tutti le tasse
e si aspettano di vedere in cambio investimenti significativi.
In conseguenza della mancanza di
fondi e della carenza delle infrastrutture nella maggior parte delle scuole
pubbliche, le scuole private arabe sono diventate l’alternativa preferita per i
genitori che vogliono che i propri figli ricevano un’educazione migliore. Molte
scuole private arabe sono gestite ed in parte finanziate da chiese, il che
significa che hanno più fondi di cui avvalersi e maggiore libertà nella
gestione degli affari interni della scuola. Le scuole delle chiese arabe sono
aperte a tutti gli alunni arabi, non solo ai cristiani.
Tuttavia, poiché i genitori devono
pagare le tasse d’iscrizione a queste scuole, le famiglie arabe più povere, che
sono in genere musulmane, sono escluse da questa alternativa. Di conseguenza,
con i finanziamenti volutamente scarsi alle scuole pubbliche e obbligando la
comunità araba a rivolgersi all’educazione privata, che è in parte a pagamento,
ancora una volta lo Stato impone una divisione della comunità in base alla
religione, oltre a mettere in evidenza la stratificazione in base alla classe
sociale.
Mantenere poco istruiti gli studenti
La strategia dello Stato riguardo al
sistema educativo arabo intende garantire che i cittadini palestinesi di Israele
rimangano poco istruiti, pur fornendo loro la formazione sufficiente a
mascherare la realtà sia per la comunità internazionale che per l’opinione
pubblica israeliana.
Il grave deficit nel sistema
scolastico determina una bassa partecipazione degli arabi all’educazione
superiore: solo uno studente arabo su quattro arriva all’educazione superiore,
rispetto a uno su due studenti ebrei. Di conseguenza, le misure dirette ed
indirette attuate dallo Stato non portano solo al rafforzamento delle
differenze all’interno della comunità arabo palestinese.
Su scala più ampia, queste misure
configurano anche un sistema che produce forza lavoro relativamente poco
qualificata, per esempio formando insegnanti arabi poco qualificati, cosa che,
a sua volta, avrà un effetto sulla prossima generazione di alunni arabo-
palestinesi – garantendo una costante marginalizzazione della minoranza
palestinese in Israele.
Democrazia solo di nome
Quindi lo Stato interferisce
direttamente e indirettamente nel settore dell’educazione araba e intende
imporre la separazione tra i cittadini arabo- palestinesi in Israele sulla base
dell’etnia, della religione, della geografia e della classe sociale. Il sistema
scolastico, così com’è ora, serve agli interessi dello Stato piuttosto che a
quello degli studenti.
I palestinesi in Israele sono
consapevoli delle diversità della loro comunità. Tuttavia sostengono che il
governo utilizza il sistema educativo per rafforzare le differenze esistenti,
che non sarebbero così problematiche se non fossero sottolineate continuamente
dallo Stato. Il controllo delle loro scuole da parte del ministero
dell’Educazione e soprattutto l’assoluta mancanza di libertà riguardo ai
contenuti insegnati sono due pratiche che rifiutano ampiamente.
Dunque la comunità araba palestinese
di Israele chiede una completa autonomia per il settore dell’educazione araba,
per farsi totalmente carico della distribuzione dei fondi, dei contenuti dei
curricula e dell’assunzione degli insegnanti in tutte le scuole arabe.
L’autonomia del settore educativo
arabo in Israele sarebbe un importante passo verso il miglioramento
dell’educazione araba in generale. Inoltre determinerebbe un cambiamento per i
cittadini arabo- palestinesi di Israele, ponendo fine ai tentativi dello Stato
di dividerli in comunità sempre più ridotte per mettere in crisi il movimento
nazionale palestinese.
Anche se questo obiettivo può
sembrare utopico, è di cruciale importanza che Israele inizi a trattare tutti i
suoi cittadini, ebrei e non, allo stesso modo se vuole continuare a chiamarsi e
ad essere chiamato una democrazia.
– Mona Bieling è una dottoranda in Storia
Internazionale presso l’Istituto Universitario di Studi Internazionali e
Sviluppo (IHEID) di Ginevra, Svizzera. Questa ricerca è stata realizzata con il
sostegno di Baladna – Associazione per la Gioventù Araba di Haifa, Israele.
Le opinioni espresse in questo articolo sono
dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle
East Eye.
(traduzione di Amedeo Rossi)
http://zeitun.info/2017/02/13/divide-et-impera-come-il-sistema-scolastico-semina-divisione-tra-i-palestinesi-di-israele/
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