martedì 15 maggio 2012

Gaza 1956 - Joe Sacco

chiamarlo fumetto è poco, graphic novel ancora poco, è grande giornalismo e una storia sottratta all'oblio.
imperdibile - franz

L'impossibilità di trovare parole nuove, di poter descrivere l'orrore senza passare per le convenzioni linguistiche che hanno spogliato di significato gli eventi più sanguinosi, rischia di far affogare la tragedia nella quotidiana assuefazione alla violenza.  Questo è il primo problema che Joe Sacco riscontra nell'indagine condotta durante la stesura del suo libro. E' possibile sciacquare le parole, donare nuova potenza e significato alla cronaca di uno dei teatri più violenti della storia? Forse si può ancora, magari raccontando con le immagini quello che non sappiamo o non possiamo vedere. I numeri diventano persone, e per un istante viene restituita a queste vite la dignità della loro esistenza. Non sono fumetti, perché già dopo le prime pagine si diventa parte comune degli accadimenti, senza essere mai stuzzicati dal riscontrare artificiose finzioni costruite per impressionare chi sta leggendo. E' giornalismo puro, quello di Sacco. C'è una sintesi necessaria, certo, ma il suo metodo riassume quella lezione mai scontata di ricerca della verità e di confronto attento delle fonti. Un lavoro di ricerca impegnativo. E, in molti punti cruciali, assai diverso dalle versioni ufficiali dei documenti dell'Onu e di quelli israeliani…

Il lavoro storiografico di Sacco è stato immane nel cercare di ricostruire quello che la storia ufficiale ha dimenticato o tralasciato di raccontare o raccontato con incompiutezza. Insieme al fedele amico Abed, sua guida ed interprete, Sacco ascolta, annota, ricostruisce ed espunge dalla sua ricostruzione i ricordi traballanti o confusi. Ma sebbene molto spesso traballanti, la verità essenziale, come ricorda Sacco in una intervista, è che questi avvenimenti sono successi davvero. Quelle persone possono aver dimenticato dei particolari, confuso i tempi e scordato i nomi dei morti: ma hanno vissuto quei drammatici momenti ed è quindi importante raccontarli e che la gente ne venga a conoscenza. La sua speranza è che quanto da lui raccontato serva a ricordare il passato per capire come “l'odio sia stato piantato nei cuori” ed evitare di ripeterlo in futuro…

…Se proprio bisogna trovare un difetto in questa opera, forse risiede nella cautela nel vagliare le fonti dell’autore stesso, che ci viene ricordata a partire dall’introduzione fino al termine del fumetto. Sacco sa bene che la sua indagine si scontrerà con ricordi inaffidabili, testimoni suggestionati, documenti mancanti, inaffidabili o controversi. Forse questi scrupoli influenzano il lettore dal punto di vista della credibilità giornalistica dell’opera, ma d’altro canto non intaccano il valore emozionale. Anzi, i racconti talvolta esagerati (come quello del sopravvissuto a trentasei pallottole in testa) e le testimonianze che si accavallano o si contraddicono, di anziani sopravvissuti a un elenco insopportabile di tragedie, sono il vero valore di Gaza 1956. E forse Sacco dovrebbe dividere con loro il prestigioso Eisner Award 2010 come “migliore autore completo per un’opera realistica” vinto per questo volume.
Con questa opera, forse la sua più ambiziosa, Sacco non è più ormai debitore solo del new journalism in stile Wolfe e Capote, ma di interpretazioni storiografiche che vedono l’importanza dell’uomo e solo dell’uomo come motore della Storia. E restituisce la legittima notorietà a quei fatti, e quindi a quelle vittime e quei sopravvissuti, trasformando le storie in Storia.
Prima che una grande lezione di fumetto, Gaza 1956 è una grande lezione di giornalismo.

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