domenica 18 maggio 2014

TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership)

il TTIP realizzerebbe l’utopia delle multinazionali : un pianeta al loro completo servizio, fino al punto di poter chiamare in giudizio presso una corte speciale, composta da tre avvocati d’affari rispondenti alle normative della Banca Mondiale, un qualsiasi paese firmatario, la cui scelte politiche potrebbero avere un effetto restrittivo sulla loro “vitalità commerciale”; potendole sanzionare con pesantissime multe per avere, con le proprie legislazioni, ridotto i loro potenziali profitti futuri. E per le elites dell’Ue rappresenterebbe anche la possibilità di superare in avanti, attraverso un “meta-trattato” strutturale, l’attuale difficoltà nell’ imporre, Stato per Stato e governo per governo, le politiche di austerità e di smantellamento dello stato sociale, artificialmente indotte dalla crisi del debito pubblico. L’opposizione radicale al TTIP, oltre che una inderogabile necessità per le vertenze e le conflittualità promosse da qualsiasi movimento sociale attivo, rappresenta anche una grande opportunità : ottenere il ritiro “senza se e senza ma” di quello che rappresenta un disegno esaustivo e totalizzante di un’Europa al servizio dei mercati, metterebbe automaticamente in campo l’opzione di un’altra Europa possibile, quella dei popoli, dei beni comuni, dei diritti e della democrazia.

…Il Trattato di Partenariato USA-UE per il Commercio e gli Investimenti ci promette un reddito aggiuntivo per famiglia di 4 persone di 545 dollari all’anno, a condizione che siano smantellate tutte le leggi e regolamenti di tutela sanitaria, ambientale, del lavoro, che attualmente impediscono o limitano la possibilità di realizzare il massimo profitto negli scambi e negli investimenti. Il che significa: libera produzione, circolazione e vendita sul mercato europeo degli organismi geneticamente modificati, della carne agli ormoni, dei polli al cloro. Il “principio di precauzione”sostituito dalla prova scientifica di nocività dei singoli prodotti, processi produttivi, componenti. Era stato adottato in Europa all’inizio degli anni 90 in seguito all’epidemia della “mucca pazza” per ridurre o eliminare - tramite decisioni di prevenzione – quei rischi che non sono ancora scientificamente provati. Di conseguenza bando alla etichettatura e tracciabilità dei prodotti alimentari e chimici. Emblematica la situazione riguardante l’estrazione e lo sfruttamento del gas di scisto (fracking) : circa11.000 nuovi pozzi scavati in un anno negli Stati Uniti contro una dozzina in Europa per effetto di divieti e moratorie in attesa di verificare i rischi che la tecnologia estrattiva può arrecare alla salute e alla sicurezza delle persone e dell’ambiente.
La segretezza dei negoziati si confà egregiamente alla passività dei grandi mezzi d’informazione del nostro paese che si guardano bene dal rompere il silenzio, appena scalfito dall’impegno dei “soliti” mezzi d’informazione alternativi. E poiché la Commissione Europea tratta e firmerà l’Accordo a nome e per conto degli Stati membri, rischiamo di trovarci a fine 2014, data prevista per la conclusione dei negoziati, con la brutta sorpresa del pacco di Natale già confezionato e pronto per l’uso sotto l’albero.
Siamo ancora in tempo per impedirlo. Alla fine degli anni ’90 un analogo pacco-dono del libero mercato, l’AMI – Accordo Multilterale sugli Investimenti, era stato preparato segretamente dalle stesse oligarchie che oggi lo traducono nel TTIP e che venne fatto saltare proprio grazie al fatto che i suoi demenziali contenuti erano divenuti di pubblico dominio. E c’erano comunque ancora i Tribunali a cui ricorrere per il ripristino dei diritti negati Ma la totale cancellazione dello Stato Sociale Europeo che ora il TTIP si propone, la dichiarata subordinazione al profitto di ogni tutela sul lavoro, la salute, l’ambiente che non sia compatibile con il profitto, può incontrare ancora forti resistenze nel sistema giudiziario dei paesi più evoluti.
Ecco allora il Tribunale Speciale, organismo sovranazionale, extra-territoriale – si dice con sede presso la Banca Mondiale – sul modello del collegio arbitrale le cui sentenze non saranno appellabili essendo sovraordinate alle stesse Costituzioni nazionali. È molto probabile che si tratti di tribunali simili a quelli già previsti da Accordi come il NAFTA1, modellati sui Collegi Arbitrali privati composti da tre arbitri scelti generalmente tra “principi del foro” un po’ distratti rispetto ai loro conflitti di interessi e che, una volta nominati, non devono più rendere conto a nessuno. Possono avvalersi di ogni tipo di strumenti e risorse, in genere lucrosissime consulenze, test e perizie, le loro decisioni sono definitive e non possono più essere impugnate. Una gestione della giustizia di ricchi per i ricchi e che infatti non emette sentenze ma multe, sanzioni, risarcimenti. Così facendo, la giustizia si misura in dollari. La Lone Pine ad esempio, impresa californiana dell’energia, ha chiesto al Tribunale Speciale istituito dal NAFTA*, di condannare lo Stato del Canada a un risarcimento di 191 milioni di dollari per aver imposto una moratoria sul fracking, il sistema di frammentazione idraulica per estrarre il gas o il petrolio di scisto. Moratoria dettata dalla preoccupazione per i rischi per la salute e l’ambiente provocati da quelle lavorazioni. La Phillip Morris ha invece denunciato l’Australia al Tribunale Speciale del WTO per le leggi antifumo e chiesto un enorme risarcimento per i mancati profitti. Addirittura 3,7 miliardi di euro per mancati profitti delle sue due centrali nucleari tedesche, sono stati chiesti dalla svedese Vattenfall alla Germania che ha abbandonato la produzione di energia nucleare dopo il disastro di Fukushima. Si contano ben 514 cause legali di questo genere negli ultimi vent’anni: 123 sono state promosse da investitori USA: il 24% del totale; 50 da investitori olandesi, 30 britannici e 20 tedeschi.
La sola minaccia di cause legali per milioni di euro, intentate da studi legali con centinaia di avvocati per conto delle multinazionali, può mettere sul chi va là i governi e indurli ad attenuare o addirittura rinunciare a emanare leggi a tutela del lavoro, salute,ambiente. Se le decisioni politiche a livello locale, regionale o nazionale corrono questi rischi di strangolamento economico, ben più disarticolanti di una sentenza civile o penale , è a rischio la stessa democrazia…

Se da una parte già si moltiplicano studi e ricerche che magnificano i presunti vantaggi di una completa liberalizzazione di commercio e investimenti, dall’altra fino a oggi i contenuti dell’accordo filtrano dalla Commissione europea e dai governi con il contagocce. Quello che sembra però confermato è che uno dei pilastri del Ttip dovrebbe essere proprio l’istituzione di un meccanismo di risoluzione delle dispute fra investitori e Stati.
Tralasciando i pur enormi potenziali impatti di tale accordo in ogni attività immaginabile, per quale motivo gli investitori esteri che si sentissero penalizzati non dovrebbero rivolgersi ai tribunali esistenti tanto in Usa quanto in Ue, come un qualsiasi cittadino o impresa locale? Secondo la Commissione «alcuni investitori potrebbero pensare che i tribunali nazionali sono prevenuti». Fa piacere sapere che la Commissione si preoccupa per quello che alcuni investitori esteri potrebbero pensare più che dei cittadini che dovrebbe rappresentare. Tenendo poi conto che un singolo non può rivolgersi a tali tribunali nel caso in cui fosse danneggiato dal comportamento di un investitore estero, che giustizia è quella in cui unicamente una delle due parti può intentare causa all’altra? Ancora prima, nel momento in cui si sancisce un diverso trattamento fra imprese locali e investitori esteri, ha ancora senso affermare che «la legge è uguale per tutti»?
Con tali meccanismi si rischia di minare le stesse fondamenta della sovranità democratica. Non vi è appello possibile, così come non c’è nessuna trasparenza sulle decisioni di tre «esperti» che si riuniscono e decidono a porte chiuse, nel nome della «confidenzialità commerciale», ma che di fatto possono influenzare, pesantemente, le legislazioni di Stati sovrani.
Spesso non è nemmeno necessario arrivare a giudizio: la semplice minaccia di una disputa basta a bloccare o indebolire una nuova legislazione. In parte per il costo di tali procedimenti, in parte per il rischio di dovere poi pagare multe che possono arrivare a miliardi di euro, ma anche per un altro aspetto: un governo che dovesse incorrere in diverse dispute dimostrerebbe di essere poco incline agli investimenti internazionali. In un mondo che ha fatto della competitività il proprio faro e che si è lanciato in una corsa verso il fondo in materia ambientale, sociale, fiscale, sui diritti del lavoro pur di attrarre i capitali esteri, l’introduzione di leggi «eccessive» e l’essere citato in giudizio in un Investor-State Dispute Settlement diventano macchie inaccettabili.
O forse, al contrario, è semplicemente inaccettabile un mondo in cui la tutela dei profitti delle imprese ha definitivamente il sopravvento sui diritti delle persone…
da qui

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