domenica 18 maggio 2014

Lettera di una sconosciuta – Stefan Zweig

un monologo sotto forma di lettera, l'ultima di una donna all'uomo della sua vita, ma lui lo sa solo adesso.
apparentemente dimessa e sottomessa chi scrive rappresenta un fiume in piena, è amore, devozione, rimpianto, venerazione, accusa, cercalo, non te ne penti.

mi sono ricordato dei versi di Jacques Brel:

"...Laisse-moi devenir
L'ombre de ton ombre
L'ombre de ta main
L'ombre de ton chien..." (da qui)

nel 1948 Max Ophüls ne ha tratto un film grandissimo - franz




molti critici hanno rilevato l’assurdità dell’ipotesi che il protagonista del libro, nonostante i molteplici contatti con la “sconosciuta” avvenuti nel corso della sua vita, non riesca mai a riconoscerla. Ma io penso che la storia la si deve leggere in chiave metaforica, in quanto, nella vita quotidiana spesso accade che le persone non si rendono conto di chi hanno accanto fin quando un giorno, viceversa, decidono di farlo e si pentono di non averlo capito prima. In questo libro si parla della passione femminile autodistruttiva che occupa gran parte delle tesi di Freud. Questo tipo di amore può rasentare una patologia, in quanto è la rinuncia al riconoscimento dell’altra persona e quindi del proprio essere...

L’incipit è tra i più disperati: <<A te, che mai mi hai conosciuta>>.
È il racconto di una storia d’amore a senso unico, la dimostrazione che è possibile amare anche chi, per anni, non ci ha mai riconosciuti. Un amore assoluto, esclusivo, per certi versi perfino violento, ma allo stesso tempo delicato e fragile, come solo chi ama può essere…

…La cosa peggiore non è l’odio, ma l’indifferenza. Questa donna tanto innamorata si dispera davanti all’indifferenza di colui che ama. Ogni volta che lo incontra si rende conto di essere ai suoi occhi una perfetta sconosciuta. Agli occhi di lui lei non ha mai una identità, una esistenza concreta. Lui non la “vede”. Lei vorrebbe che lui la riconoscesse e dunque, riconoscendola, le conferisca una identità e una esistenza.
Ma le cose sono davvero così semplici come sembrano? O c’è anche dell’altro?
Perché a me, in tutto questo sembra di cogliere il senso di un gioco perverso.
Perchè se è vero che lo scrittore appare come un uomo piuttosto leggero, nelle sue relazioni amorose, è altrettanto vero che lei non fa nulla di tangibile per entrare in una vera relazione con lui, per confrontarsi, per farsi riconoscere. Anzi. Fa di tutto per nascondersi, per non rivelarsi.
Salvo poi lamentarsi di non essere stata… riconosciuta.
L’arrendevolezza, la remissività, lo stare ai margini di questa donna è solo di superficie. In realtà, è lei che ha sempre condotto il gioco: è stata sempre e solo lei a decidere quando incontrarlo, quanto svelarglisi, quanto rivelarglisi. Anche adesso, alla fine della vita, è lei a decidere tutto.
Non gli ha mai detto nemmeno che da lui ha avuto un figlio, e solo alla morte sua e del bambino lo scrittore lo apprende.
Da questa lettera.
Apparentemente vittima, la donna ha in realtà esercitato nei confronti dell’uomo il grande potere di negargli nei fatti alcuna possibilità di assumere qualsiasi tipo di responsabilità.
Dicendo continuamente “Non chiedo niente” ha in realtà sempre vietato all’uomo la possibilità di dare o negare qualsiasi cosa. Gli ha negato la possibilità di scegliere.
Non c’è del delirio di onnipotenza, in questa Sconosciuta?...

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