domenica 20 settembre 2015

Bersaglio notturno - Ricardo Piglia

una storia complicata e strana, un po’ tirata per i capelli,
una mamma che si stanca, due fratelli, di cui un inventore che vive nel suo mondo, un padre padrone, due sorelle quasi da operetta, una valigetta piena di dollari, un giapponese portiere di notte , un investigatore, Croce, che quando ha bisogno di ricaricarsi sta in manicomio, un portoricano morto assassinato che arriva dagli Stati Uniti con i soldi, e una cittadina ai confini di tutto, in un Argentina in declino.
provate a mescolare gli ingredienti e il romanzo è scritto.
la lettura è un altro paio di maniche, non scorre liscia, l’amalgama è un po' troppo arzigogolata, ma alcune parti del romanzo sono davvero belle, e Croce è davvero uno Sherlock Holmes della pampa - franz





Piglia è non per niente uno scrittore borgesiano: la sua qualità, così più pregiata perché sapientemente intessuta tra uno e centomila fili diversi, sta tutta nell’invertire i rapporti e cambiare i nessi: alle gemelle si sovrappone la coppia di fratelli Belladonna, Croce monologa con la sua spalla, Saldías, e dialoga con la sua nemesi, il procuratore Cueto; Renzi prende nota degli avvenimenti come si appuntasse spunti per un romanzo da farsi e le postille a piè di pagina non chiudono o esplicano concetti, ma aprono vie di fuga. Tutto, dunque, sembra ossequiare un’idea e contemporaneamente tradirla, prestando fede, si direbbe, solo ad una delle regole codificate ne L’ultimo lettore, ovverosia l’elaborazione costante del contrasto fra due concetti, due ossessioni: «L’enigma: ciò che non si comprende, ciò che è chiuso; il recondito allo stato puro» e «il mostro: colui che viene da fuori, dall’altra parte della frontiera e la cui voce è straniera: l’altro allo stato puro». Per Ricardo Piglia, che apre la sua raccolta di saggi con un lungo racconto-interpretazione di Kafka, «all’interno di una cultura, dice il genere, esiste un doppio confine delimitato dall’enigma e dal mostro». La letteratura, aggiungiamo noi chiudendo Bersaglio notturno, non fa che vedere, e perciò spostare, questo doppio confine…

…Vi dico pertanto che questo Bersaglio notturno è una ciofeca, una sfrantoiata d’olive, una noia tale che mi veniva nostalgia del telegiornale condotto da Bruno Vespa. Ma non è solo questo, è peggio.
Un libro che se non avesse visto la luce, la polvere avrebbe trovato pagine più degne sulle quali posarsi e l’oblio si sarebbe risparmiato uno sforzo superfluo.
Ed è strano, anche se a pensarci bene non è strano, che un bofonchio del genere l’abbia scritto Ricardo Piglia, degnissimo scrivano, ma sono i tempi, i tempi moderni e le accademie che tutto corrompono, anche gli spiriti migliori e gli inchiostri pregiati.
Ebbe la luce nel 2010 questo libro, nei tempi moderni quindi, lontano dai fasti argentini dello splendore letterario, lontano dalle vette sublimi dei suoi compatrioti, lontano dal soffio divino che ispirò quelle penne…

Lo scrittore settantenne argentino non è comunque nuovo al successo e, come si legge in seconda di copertina, è riconosciuto “unanimemente come uno dei più grandi scrittori argentini dei nostri tempi”. Che sia un abile narratore è indubbio, che sia un romanziere coinvolgente forse un po’ meno, almeno sulla base di questa prova. Bersaglio notturno è un romanzo ben scritto ma che, mi pare, arranca nell’appassionare. La trama, abbastanza strutturata nella prima parte del romanzo, tende a sfilacciarsi e a perdere di smalto e mordente nella seconda; allo stesso tempo la scrittura è così affinata da risultare a volte fredda. Rimane impagabile, però, la bravura di Piglia nel descrivere questa “pampa umida”, questa cittadina di provincia che vive di mate e dicerie, dove ci sono più novità in un giorno che in qualsiasi grande città e “ la differenza tra le notizie della zona e le informazioni nazionali è così abissale che gli abitanti possono illudersi di avere una vita interessante”. Dove basta un forestiero e un menage à trois a creare subbuglio, dove le voci girano “a tutte le ore come se fossero bollettini meteorologici”, dove un omicidio è più eccitante che pauroso nel suo diventare nuovo e appetitoso oggetto di pettegolezzo.

…Un noir che sa più di romanzo, per lo stile sobrio e allo stesso tempo raffinato che fa di Piglia uno dei scrittori argentini più apprezzati degli ultimi anni. Anzi posso affermare senza alcun dubbio che il giallo è solo un pretesto, usato dallo scrittore per raccontare un'altra storia, forse ancora più amara.
Personaggi dannatamente umani che mettono in scena i loro drammi quotidiani senza cadere nell'esagerazione o nel ridicolo. Il tutto avviene nella tranquilla e placida cornice della Pampa Argentina, di cui avvertiamo colori e odori.
Una lettura che ammalia e rapisce senza creare tensioni o brividi ma che regala un bel viaggio in un mondo e in un periodo storico e politico non lontanissimo da noi e soprattutto non facile per chi lo ha vissuto.

Qualcuno ha definito Ricardo Piglia il Faulkner del Sud America. Permettetmi, se Faulkner ha scritto luce d’Agosto ecco Piglia ha scritto allora Il Buio di Novembre.
Un romanzo in definitiva, fumoso e pretestuoso, avvincente a tratti, ma che mai ha avuto la forza di tenermi concentrato.
Certo lo stato d’animo con cui si affronta una lettura influisce sempre sul piacere della lettura stessa, ammetto per dovere di cronaca che se dovessi definire il mio sentire nel mentre leggevo Bersaglio Notturno di Ricardo Piglia la parola più ricorrente sarebbe Deluso…

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