domenica 6 settembre 2015

La cassaforte italiana al capitale mondiale - Antonio Tricarico

Era nata per finanziare le amministrazioni dello Stato e gli enti locali a condizioni diverse da quelle di mercato. In questa afosa estate la Cassa Depositi e Prestiti ha finalmente completato il suo percorso verso il firmamemento del liberismo e spiccato il volo verso i grandi dividendi. La finanza internazionale dei grandi capitali adesso ha una gran bella porta in più per entrare nell’asfittica economia italiana. Al timone i manager cresciuti nella Goldman Sachs e nella Morgan Stanley Bank, il sistema Bassanini non ha retto all’alta velocità di Renzi

Alla fine anche la Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), la vera cassaforte dell’Italia, non ha resistito al rottamatore e così i suoi vertici sono saltati. L’eterno Franco Bassanini, uomo bipartisan ed artefice dell’espansione della Cdp nell’ultimo decennio, insieme al banchiere Gorno Tempini, hanno dovuto lasciare la guida dell’istituto di via Goito, ancora oggi per più dell’80 per ecnto in mano pubblica. Nata per finanziare come banca pubblica le amministrazioni dello Stato e gli enti locali a condizioni fuori mercato, dopo la trasformazione in SpA e l’entrata delle fondazioni bancarie nel 2003 la Cdp, anche grazie alla crisi economica, ha spiccato il volo dimenticando la sua missione originaria.
Il risparmio postale garantito dallo Stato, che la finanzia per la gran parte, ha toccato quota 250 miliardi di euro. E allora la gallina dalle uova d’oro si è concentrata a distribuire dividendi allo Stato ed alle Fondazioni bancarie e sempre meno a finanziare gli enti locali, comunque stretti nella morsa del patto di stabilità interno e impossibilitati a prendere in debito nuovi mutui a tassi quasi di mercato, anche quando avevano i conti in ordine. La Cdp di Bassanini si é lanciata nel finanziamento delle banche per prestare al privato, nelle partecipazioni azionarie in grandi aziende per difendere la loro presunta italianità e nel finanziamento di mercato delle grandi opere, nonché nella gestione delle grandi reti italiane (gas ed elettricità).
Per ultimo in una logica di mega holding la Cdp ha anche rilevato la SACE e la Simest,  ossia l’assicuratore e il prestatore pubblico alle imprese per la loro internazionalizzazione. Il sistema Bassanini non ha retto ai cambiamenti imposti dall’era Renzi. Il casus belli è stata la banda larga e la partita delle reti di comunicazione. Dopo aver sbandato sull’Enel, il governo è tornato a scommettere su Telecom e così la Metroweb è finita sotto pressione. Le fondazioni hanno rincarato la dose battendo cassa e chiedendo più dividendi pur di dare il via libera al premier. Alla fine Bassanini non ha che potuto fare un passo indietro, accettando di diventare consigliere tuttologo di Renzi a Palazzo Chigi e spianando la strada al futuro. Ossia la grande finanza internazionale che finalmente riesce a sedere in Cdp promettendo dividendi da Re Mida a tutti i soci.
Claudio Costamagna, ex Goldman Sachs e consigliere di Romano Prodi sulle privatizzazioni, nonché Presidente di Salini-Impregilo, è  il nuovo presidente della Cdp. Per la posizione di amministratore delegato ora c’è Leone Pattofatto un ex della Banca Morgan Stanley .
Largo ai giovani globalizzatori allora, che probabilmente metteranno il piede sull’acceleratore della finanziarizzazione della Cdp, rendendola ancor più un veicolo per l’entrata dei mercati di capitale nell’economiaitaliana. Ed i comuni così a secco di risorse per gli investimenti pubblici? Finché la morsa del debito li bloccherà, i soldi degli ignari risparmiatori postali fluiranno sempre più alle banche che foraggeranno presunti investimenti privati per la crescita e l’interesse della nazione. Alla fine è probabile che i soldi per la banda larga arriveranno, ma anche quelli per la “banca larga”.
Peccato che i soldi sono nostri e che ancora una volta il risparmio dei territori spiccherà il volo per finanziare lo sviluppo globale, che i territori e le comunità locali annienta. Così con i nostri soldi finanzieremo nuove privatizzazioni contro i nostri interessi e gli extra profitti delle aziende che scommettono sui mercati esteri. Dalla padella consociativa siamo passati alla brace della grande finanza.
* (Antonio Tricarico è responsabile del programma “Nuova finanza pubblica” dell’associazione Re:Common (www.recommon.org) Tra i promotori del “Forum per una nuova finanza pubblica”.

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