giovedì 10 settembre 2015

Il giogo dell'istituzione matrimoniale - Emma Goldman

Il matrimonio è alla base del sistema capitalistico e del militarismo.
Al suo interno si perpetuano divisioni di genere fondate su pregiudizi e false credenze.
Liberarsi da questa istituzione è il primo passo verso la creazione di una società libera.
Quanto dolore, quanta infelicità e umiliazione, quante lacrime e imprecazioni, quali tormenti e sofferenze ha portato agli esseri umani questa parola. A partire dalla sua nascita fino ai nostri giorni uomini e donne gemono sotto il giogo di ferro dell'istituzione matrimoniale, dalla quale sembra non esserci nessun sollievo, nessuna via di scampo.
In tutti i tempi, in ogni epoca, gli oppressi hanno agognato di spezzare le catene della schiavitù mentale e fisica. Dopo che migliaia di nobili esistenze sono state immolate sul rogo e sulla forca e altre hanno languito nelle galere o sono perite tra le mani spietate delle inquisizioni, le idee di quei coraggiosi eroi si sono realizzate. Così sono stati cancellati i dogmi religiosi, il feudalesimo, la schiavitù dei neri, e sono apparse in primo piano nuove idee più avanzate, più ampie e più chiare, e nuovamente vediamo un'umanità misera e oppressa battersi per i propri diritti e per la propria indipendenza. Ma l'istituzione più dura e tirannica, quella del matrimonio, resta salda come mai e guai a chi osa anche solo a dubitarne la sacralità. Basta solo discuterla per far infuriare non solo i cristiani e i conservatori, ma anche i liberali, i liberi pensatori e i radicali. Che cosa spinge tutte quelle persone a esaltare il matrimonio? Che cosa le induce a restare attaccate a quel pregiudizio? (Perché solo di un pregiudizio si tratta).
Sulle relazioni matrimoniali si fonda la proprietà privata, ovvero il nostro sistema disumano e crudele. Con le ricchezze e il superfluo da una parte e l'inerzia, lo sfruttamento, la povertà, la fame e la delinquenza dall'altra; perciò abolire il matrimonio significa eliminare tutte queste cose.
L'impossibilità di una riforma
Alcuni progressisti cercano di riformare e migliorare le leggi sul matrimonio. Non permettono più alla Chiesa di interferire nelle relazioni matrimoniali e altri si spingono addirittura più in là, cioè si sposano liberamente, senza il consenso della legge, ciò nonostante, però, questa forma di matrimonio è altrettanto vincolante, altrettanto “sacra”, quando quella vecchia, perché quella che conta non è la forma o il tipo di matrimonio, ma è la cosa, la cosa stessa che è condannabile, dannosa e degradante. Essa dà sempre all'uomo il diritto e il potere sulla moglie, non solo sul corpo di lei, ma anche sulle sue azioni e i suoi desideri: in concreto sulla sua intera esistenza. E come potrebbe essere altrimenti?
Dietro alle relazioni di ogni singolo uomo con ogni singola donna ci sono quelle sviluppatisi attraverso le epoche tra i due sessi in generale, che hanno portato alla differenza del ruolo e dei privilegi che esistono oggi.
Due giovani si mettono insieme, ma la loro relazione è in gran parte determinata da cause che non dipendono da loro. Sanno poco l'uno dell'altra, la società ha tenuto separati di due sessi, il ragazzo e la ragazza sono stati cresciuti secondo criteri differenti. Come dice Olive Schreiner nella sua Story of an African Farm: “Al ragazzo hanno insegnato a essere, alla ragazza ad apparire.”1 Per la precisione al ragazzo si insegna a essere intelligente, brillante, sagace, forte, atletico, indipendente e sicuro di sé, a sviluppare le proprie facoltà naturali, a seguire le proprie passioni e i propri desideri. Alla ragazza si insegna a vestirsi, a guardarsi allo specchio e ad ammirarsi, a controllare le emozioni, le passioni, i desideri, a nascondere i propri difetti mentali e a sommare quel poco di intelligenza e di capacità che possiede per un solo scopo, per trovare il modo più rapido e più efficace per acchiappare un marito, per sposarsi con il massimo profitto. Si è arrivati così al fatto che ognuno dei due sessi stenti a capire la natura dell'altro, che entrambi abbiano interessi e preoccupazioni differenti. L'opinione pubblica ne distingue rigorosamente i diritti e i doveri, l'onore e il disonore. L'argomento del sesso è una scatola ermeticamente sigillata per la ragazza, perché le hanno dato da intendere che è impuro, immorale, indecente anche solo citare la questione sessuale. Per il ragazzo è un libro le cui pagine gli hanno provocato malessere e vizi segreti e, in alcuni casi, rovina e morte.
Due classi di matrimoni
Tra le classi ricche da tempo non è più di moda innamorarsi. Gli uomini della buona società si sposano, dopo una vita di dissolutezze e stravizi, per ricostituire un fisico minato. Altri ancora hanno perso il proprio capitale nel gioco d'azzardo o in speculazioni d'affari e decidono che quello che ci vuole per loro è sposare un'ereditiera, ben sapendo che il vincolo matrimoniale non impedirà affatto di sperperare le rendite della ricca sposa. La ragazza ricca, che è stata educata a essere sensata e ragionevole, e si è abituata a vivere, respirare, mangiare, sorridere, camminare e vestirsi secondo i dettami della moda, riserva i propri milioni per un titolo o per un uomo con una buona posizione sociale. Ha una consolazione: la società permette una maggiore libertà d'azione a una donna sposata e qualora fosse delusa dal matrimonio avrebbe la possibilità di soddisfare altrimenti i propri desideri. Sappiamo che le pareti dei boudoir e dei salotti sono sorde e mute, e qualche piccolo piacere tra quelle pareti non è un reato.
Per gli uomini e le donne della classe operaia il matrimonio è una faccenda completamente diversa. L'amore non è così raro come nelle classi superiori e spesso aiuta entrambi a sopportare le delusioni e i dolori della vita, ma anche in questo caso la maggioranza delle coppie, tolto un breve periodo di tempo, è inghiottita dalla monotonia della vita quotidiana e dalla lotta per la sopravvivenza. Anche in questo caso l'uomo che lavora si sposa perché è stanco di vivere a pensione e sente il desiderio di avere un proprio focolare dove trovare conforto. Il suo scopo principale, perciò, è di trovare una ragazza che sia brava in cucina e nei lavori domestici, che si preoccupi solo della felicità del marito, del suo piacere, una che lo veda come il proprio signore e padrone, che la sappia difendere e sostenere: l'unico ideale per il quale vale la pena di vivere. Qualche altro uomo spera che la ragazza che sposerà sia capace di lavorare e contribuisca a mettere da parte qualche centesimo per i giorni difficili, ma dopo pochi mesi di cosiddetta felicità si risveglia davanti alla triste realtà: la sposa diventerà presto madre, non potrà lavorare, le spese aumenteranno e mentre prima riusciva a tirare avanti con quel magro salario che gli dava il suo “gentile” padrone, quei soldi non basteranno a sostenere una famiglia.
La ragazza che ha trascorso l'infanzia e parte della maturità in una fabbrica, sente le forze venir meno e s'immagina la paurosa situazione di dover restare per sempre un'operaia, mai sicura del proprio lavoro, e per questo è spinta a cercare un uomo, un buon marito, che vuol dire uno che sappia sostenerla, che le dia una buona casa. Tutti e due, l'uomo e la ragazza, si sposano per lo stesso scopo, se si eccettua il fatto che da lui non ci si aspetta che rinunci alla propria individualità, al nome, all'indipendenza, mentre la ragazza deve mettersi in vendita, corpo e anima, per il piacere di essere la moglie di qualcuno. Per questo i due non si trovano in pari condizioni e dove non c'è uguaglianza non può esserci armonia. La conseguenza è che, trascorsi pochi mesi o, nella migliore delle ipotesi, dopo il primo anno, entrambi arrivano a concludere che il matrimonio è un disastro.
Poiché queste condizioni non fanno che peggiorare e più aumenta il numero dei figli, più la moglie è preda dello scoraggiamento e dell'insoddisfazione, si intristisce e si indebolisce. La sua bellezza svanisce ben presto e tra il lavoro duro, le notti insonni, le preoccupazioni per i piccini, i dissapori e i litigi col marito, in poco tempo diventa fisicamente un rottame e maledice il momento che l'ha resa la moglie di un poveraccio.
Il confine tra matrimonio e prostituzione
Un'esistenza tanto squallida e triste non induce certo a conservare amore e rispetto reciproco. L'uomo può almeno dimenticare la propria tristezza in compagnia di qualche amico, può buttarsi nella politica, può annegare la propria infelicità nel boccale di birra. La donna è incatenata alla casa da mille doveri: non può godere, come il marito, di qualche svago, perché non dispone dei mezzi necessari o perché l'opinione pubblica le nega gli stessi diritti del marito. Deve portare la croce fino alla morte, perché la nostra legge sul matrimonio non conosce pietà, a meno che non voglia mettere a nudo la propria vita familiare sotto l'occhio critico di Mrs. Grundy2 e anche allora potrà spezzare le catene che la legano all'uomo che odia se prende su di sé tutto il biasimo e se ha l'energia sufficiente per reggere nel discredito davanti a tutti e per tutta la vita. Quante hanno il coraggio di farlo? Pochissime. Solo di tanto in tanto, come un lampo di luce, qualche donna, come la principessa De Chimay3 ha avuto abbastanza animo da abbattere le barriere delle convenzioni e seguire l'inclinazione del suo cuore. Ma questa eccezione era una donna ricca che non dipendeva da nessuno. La donna povera deve tenere conto dei suoi piccini, è meno fortunata della sorella ricca e tuttavia, se resta vincolata, è chiamata responsabile anche se tutta la sua vita è una lunga successione di bugie, inganni e falsità. Eppure essa osa guardare dall'alto in basso con disgusto le sue sorelle che sono state costrette dalla società a vendere il proprio fascino e il proprio sentimento per la strada. Una donna sposata, per quanto sia povera e miserabile, si riterrà sempre superiore a quella che chiama prostituta, che è una reietta, odiata e disprezzata da tutti, anche da coloro che non esitano a comprare i suoi favori, a considerare quel povero relitto un male necessario, che qualche tartufo benpensante propone addirittura di confinare in un quartiere di New York, per “purificare” le altre zone della città. Che farsa! I riformatori potrebbero benissimo pretendere che tutti gli abitanti coniugati di New York siano espulsi, perché di sicuro non hanno una posizione moralmente superiore a quella di una donna di strada. L'unica differenza tra lei e una donna sposata sta nel fatto che quest'ultima si è venduta come schiava a vita in cambio di una casa o di un titolo, mentre l'altra si vende per il lasso di tempo che desidera: ha il diritto di scegliersi l'uomo al quale concede le sue carezze, mentre la donna sposata non ha diritto alcuno; deve soggiacere all'abbraccio del suo signore, per quanto la ripugni, deve obbedire ai comandi di lui, deve fargli dei figli, anche a costo della propria salute, in poche parole si prostituisce ogni ora, ogni giorno della propria vita. Non so trovare altro nome per quella condizione orrenda, umiliante e degradante delle mie sorelle: è prostituzione del peggior genere, con la sola eccezione che è legale, mentre l'altra è illegale.4
Non posso trattare dei pochi casi eccezionali di matrimoni fondati sull'amore, la stima e il rispetto: sono eccezioni che semplicemente confermano la regola. Ma illegale o legale, la prostituzione in qualsiasi forma è innaturale, dannosa e riprovevole, e io so fin troppo bene che le condizioni non potranno cambiare finché non sarà sparito questo sistema infernale. Ma so anche che non è solo la dipendenza economica della donna che ha provocato la sua schiavitù, ma anche l'ignoranza e il pregiudizio, e so pure che molte mie sorelle potrebbero affrancarsi già ora, se non fosse per gli istituti del matrimonio che le tengono nell'ignoranza, nella stupidità e nel pregiudizio. Per questo considero che sia un mio altissimo dovere denunciare il matrimonio, non solo nella forma tradizionale, ma anche il cosiddetto matrimonio moderno, l'idea di prendersi una moglie e una domestica, l'idea del possesso privato di un sesso da parte dell'altro. Io rivendico l'indipendenza della donna: il suo diritto di sostenersi da sola, di vivere per se stessa, di amare chiunque le piace o tanti quanti le piaccia. Io rivendico la libertà per entrambi i sessi, libertà d'azione, libertà d'amore e libertà nella maternità.
Non venitemi a dire che tutto questo sia realizzabile solo con l'anarchia: è un errore. Se vogliamo realizzare l'anarchia, dobbiamo avere prima donne libere, che siano almeno economicamente indipendenti proprio come i loro fratelli, e se non abbiamo donne libere non potremo avere madri libere, e se le madri non sono libere non possiamo aspettarci che le giovani generazioni ci aiutino a raggiungere il nostro obiettivo, che è la realizzazione di una società anarchica.
A voi, liberi pensatori e liberali che avete abolito un Dio e ne avete creati tanti altri che adorate; a voi radicali e socialisti, che ancora mandate i vostri figli alle scuole domenicali, a voi tutti che fate concessioni ai criteri morali odierni, a voi dico che è la vostra mancanza di coraggio che vi fa restare attaccati al matrimonio e a sostenerlo, dico che mentre ne ammettete l'assurdità in teoria, non avete l'energia per sfidare l'opinione pubblica, a vivere in pratica la vostra stessa vita.5 Voi cianciate di uguaglianza tra i sessi in una società futura, ma ritenete un male necessario che la donna oggi debba soffrire. Voi sostenete che le donne sarebbero inferiori e più deboli, ma invece di assisterle perché si rafforzino, contribuite a mantenerla in una posizione degradata. Rivendicate un'esclusiva per voi, ma vi piace la varietà e ne godete dovunque riuscite a trovarla.
Il matrimonio, la dannazione da tanti secoli, la causa di gelosie, di suicidi e di crimini, deve essere abolito se vogliamo che la giovane generazione cresca sana, forte e libera.
Emma Goldman
originariamente apparso in Firebrand, 1897, con il titolo Marriage
traduzione di Guido Lagomarsino

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