Cari genitori,
scusatemi se rubo dieci
minuti del vostro tempo, ma ritengo doveroso, visto il rapporto di fiducia che
esiste con voi, darvi qualche spiegazione.
Infatti a breve si
svolgeranno, nelle classi seconde e quinte, le cosiddette “prove di valutazione
nazionale INVALSI”.
Personalmente ho sempre
espresso forte contrarietà verso tali prove.
Tengo a sottolineare che
non sono contrario alla valutazione del lavoro in genere, alle indagini, alle
statistiche.
E, mi preme
sottolinearlo, credo che i vostri figli siano adeguatamente preparati ed in
grado di superare agevolmente anche tali test.
Ritengo però che questo
tipo di test sia (perdonatemi l’espressione) una vera buffonata.
Ma questa buffonata
rischia di diventare pericolosa per i bambini, per noi insegnanti e per la
qualità della scuola.
Ci sarebbe moltissimo da
dire sulla valutazione e sui test in generale.
Valutare è, in genere, difficile.
Questo vale per il
lavoro in una struttura pubblica, in un’azienda, in un ospedale…
Ma ancor di più,
valutare i risultati di una azione educativa è difficilissimo.
Mille variabili entrano
in gioco.
Non si tratta solo di
valutare l’apprendimento di regole di grammatica, tabelline e procedimenti a
memoria.
Se ci dovessimo
accontentare di questi apprendimenti, il compito del valutatore sarebbe
relativamente semplice.
Ma regole di grammatica,
tabelline e procedimenti a memoria, pur essendo cose importantissime,
costituiscono solo una minima parte del processo educativo.
Pensate solo ad attività
come la biblioteca di classe, il giardinaggio, le recite, le conversazioni
ordinate in cerchio, i giochi di gruppo, il canto, la danza, le attività
manuali (così importanti soprattutto nei primi anni di scuola), le attività
espressive in genere e quelle volte a formare il senso civico.
Pensate ai giochi
linguistici, alle poesie, agli indovinelli, a tutte quelle attività che tendono
a stimolare il pensiero creativo e divergente.
E con esso la
possibilità di costruire delle intelligenze elastiche, flessibili, capaci di
“leggere il mondo” e di rapportarsi con gli altri.
Credete veramente che
sia possibile misurare l’esito di tutto ciò con dei semplici quiz a risposta
multipla, simili a quelli che vengono proposti durante certe trasmissioni
televisive?
Mettendo le crocette
sulle caselle di “giusto - sbagliato”?
Non scherziamo…
Quanto è “denso” e ricco
di significati un solo minuto di lezione, un solo minuto di interazione tra un
insegnante ed i bambini!
Quale strumento
sofisticato servirà per osservare l’intrecciarsi degli sguardi, coglierne
l’intensità, rilevare i comportamenti non verbali?
E poi l’intonazione, il
ritmo, le pause nei discorsi…
Tutto ciò è fondamentale,
non accessorio, nell’azione educativa.
Ma non viene preso in
considerazione nei quiz INVALSI.
Il rischio enorme di
questo tipo di prove (INVALSI e simili) è che esse si propongono come
“oggettive” e “scientificamente strutturate”, quando sono in realtà dogmatiche,
parziali, lacunose. Lontane mille miglia dal lavoro quotidiano degli insegnanti
e degli alunni. Studiate a tavolino da presunti “esperti”, senza ascolto delle
osservazioni degli insegnanti. Senza feedback.
Hanno la pretesa di
misurare un “tutto”, ma misurano (con molte imperfezioni) solo una parte.
Con questi test
dell’INVALSI alcuni avrebbero la pretesa di esprimere valutazioni sugli
insegnanti e sugli istituti scolastici. Niente di male in tutto ciò se il
meccanismo valutativo avesse un minimo di serietà!
Io ritengo invece che
non si stia facendo sul serio.
Il problema è che con
uno strumento rozzo e semplificato si tenta di valutare una realtà delicata e
complessa.
Con segaccio e martello
si tenterà di eseguire una delicata operazione chirurgica.
Ma la cosa più
incredibile è che questi test vengono spacciati come uno strumento per
migliorare la qualità della scuola, mentre negli ultimi decenni la scuola
stessa ha subito pesanti tagli ai finanziamenti.
Per far camminare bene
la macchina - scuola, la prima banale operazione da svolgere sarebbe quella di
gonfiare le ruote e mettere un po’ di benzina. Sorge il dubbio che non lo si
voglia fare. E che si voglia illudere la gente, nascondendo i problemi veri con
qualche operazione di “maquillage” esterno.
Ho anche la forte
preoccupazione che tutto ciò porterà ad un ulteriore impoverimento della scuola
e del ruolo degli insegnanti: non più maestri, non più educatori ma semplici
“addestratori”, utili soltanto per trasmettere in modo meccanico le poche
nozioni necessarie per superare i test.
Provo a rendere l’idea
con un esempio.
I vostri figli svolgono
spesso attività di osservazione in giardino e di cura di piccole piantine nel
nostro “orto”. E’ sempre interessante e, allo stesso tempo, commovente, vedere
i bambini che si impegnano a lavorare la terra, a seminare, ad innaffiare le
giovani piantine, ad osservarle quotidianamente per vederle crescere. Io credo
che in queste attività siano coinvolti moltissimi aspetti educativi. Certo, si
impara anche un po’ di botanica, ma questo mi sembra un aspetto
marginale.
Perché i bambini in
realtà imparano a curare la vita, imparano ad amare le piante, il verde, la
natura. Apprendono a lavorare, osservando meravigliati lo sviluppo di qualcosa
di vivo. Intuiscono l’importanza di salvaguardare l’ambiente del nostro
pianeta. Colgono nessi, relazioni. Imparano a collaborare per uno scopo comune.
Queste esperienze sono formidabili per sviluppare competenze di tipo aritmetico
e geometrico. Si pongono le basi per la comprensione del metodo scientifico… e
l’elenco potrebbe continuare.
Ora però mi chiedo: cosa
accadrebbe se qualcuno volesse valutare questa attività con un test del tipo
“INVALSI”?
Facilmente si potrebbero
porre alcuni quiz sulla forma delle piante o sulle funzioni di radici - tronco
- foglie.
Gli alunni di una classe
che non hanno mai fatto attività di giardinaggio ma hanno solo studiato
banalmente e velocemente su alcune schede, potrebbero rispondere ai quiz
altrettanto bene o forse anche meglio di come lo farebbero i vostri figli. Ma
avrebbero imparato meno di un millesimo rispetto a quanto hanno potuto imparare
i vostri figli!
Ecco perché continuo ad
essere contrario con tutte le mie forze a questo tipo di test: perché essi ci
stanno portando ad un impoverimento della azione educativa.
Tanti insegnanti,
purtroppo, già da oggi trascurano sempre più un’azione educativa seria e
completa e dedicano sempre più tempo all’addestramento ai quiz.
Io sono preoccupato ed
amareggiato per questa deriva della scuola, deriva che intendo combattere con
tutti i mezzi leciti a disposizione.
Vi comunico sin d’ora,
quindi, che il giorno 3 maggio (prima giornata delle prove INVALSI) sarò in
sciopero per protestare contro lo svolgimento delle prove (previste per i
giorni 3 e 5 maggio).
So che in diverse scuole
comitati di genitori si sono organizzati per non mandare i figli a scuola il
giorno 5.
Vi ringrazio per aver
pazientemente letto queste mie opinioni.
Vi saluto cordialmente
e, se ne avete voglia, conservate questa lettera tra i ricordi di scuola
elementare dei vostri figli: quando diventeranno genitori potranno controllare
essi stessi se, nel frattempo, certe “strategie elaborate dagli esperti”
saranno servite veramente a migliorare la qualità della scuola italiana oppure
no.
Un cordiale saluto
Andrea Scano
Nessun commento:
Posta un commento