(nino e il 'che': aleida guevara nel paese di gramsci)
ieri 18 maggio aleida guevara è stata a ghilarza, ha visitato la casa di
antonio gramsci e ha incontrato questo popolo dei due mondi, il popolo
terzomondista di nino e del 'che', in una assemblea lunga e appassionata; tanto
piena di gente e di passione che per me è troppo presto parlarne già oggi;
il motivo per cui cito qui comunque questo evento è piuttosto un motivo
collaterale, ed è costituto dall'indicazione del tema dell'incontro così come
girato alla stampa nei giorni precedenti: ovvero, letteralmente, "antonio
gramsci e 'che' guevara dalla parte degli ultimi";
la mia prima reazione alla lettura di questa espressione, probabilmente
improvvisata e dettata dalla fretta, è stata di quasi imbarazzo ed affidata a
una parolina salvifica che ho imparato da piccolo: "boh"; la seconda
reazione è stata di quasi rassegnazione: infatti ormai la comunicazione, con
tutta la sua evidenza ingenua e impolitica, era diventata pubblica e non
restava che ribadirla comunque, anche se in modo sommesso;
la ragione del mio quasi imbarazzo e della mia quasi rassegnazione era
costituita dal fatto che la persona reale che tutti ci apprestavamo ad
incontrare, aleida, è in primo luogo una donna di oggi coi problemi di oggi, un
medico pediatra di una repubblica molto speciale del caribe; ed in secondo
luogo, ma solo in secondo luogo, conteneva in quell'incontro strettamente
attuale un altro incontro di una attualità molto più ampia, cioè la relazione
politica e morale tra gramsci ed il 'che'; in questa composizione già abbastanza
complicata il riferimento tematico ai fantomatici "ultimi" mi era
parso un modo di dilatare il seminato nell'universo mondo, cosa che solo ai
papi e ai poeti è concesso di fare;
per di più si è accennata fra alcuni di noi una comica rincorsa alla giusta
interpretazione, visto che una correzione lessicale era ormai impossibile:
quindi gli ultimi sono diventati gli oppressi, poi gli oppressi sono diventati
i subalterni, poi i subalterni sono diventate le classi subalterne e così via
ancora su altre subalternazioni semantiche;
ora, a cose fatte, mi sembra giunto il momento di puntualizzare il concetto
di "ultimi" nel mondo attuale, considerando che il mondo attuale è in
primo luogo un mondo di persone reali e di relazioni reali tra persone reali e
che solo in secondo luogo è un mondo di parole e di relazioni concettuali tra
le parole;
quindi ora devo confessare di avere rovesciato la mia posizione scettica, e
sentendo di rivendicare la giustezza del concetto "politico" di
"ultimi" non provo alcun imbarazzo nell'alone religioso o morale
della parola; gli "ultimi" esistono realmente ed anzi essi
costituiscono incontrovertibilmente la grande generalità degli esseri umani che
oggi abitano il pianeta;
è pur vero che il concetto è relativo, in quanto ci sono gli ultimi nella
scala del potere, gli ultimi nella scala della cultura, gli ultimi nella scala
della salute, gli ultimi nella scala dell'occupazione, gli ultimi nella scala
della ricchezza ecc.; ma è anche vero che il concetto è anche assoluto, in
quanto in genere gli ultimi in una scala sono anche gli stessi ultimi di ogni
altra scala e sarebbe il caso, una buona volta, di capire che questo è un fatto
politico: anzi è il fatto in assoluto più politico di questa epoca storica;
il problema oggi consiste quindi nel fare in modo che questo enorme e
inedito "fatto" politico dia luogo alla costituzione di un
altrettanto enorme e inedito "soggetto" politico, che sorga dalle
apparenti mille diversità di ogni "ultimo" in particolare;
questo problema necessita di considerare il fatto subordinato, altrettanto
politico, che l'esistenza reale di "ultimi" comporta
"sempre" l'invenzione propagandistica di "penultimi", e
comporta ancora la conseguenza che il centro di gravità dei problemi e delle
soluzioni si sposti dal suo luogo decisivo (la piramide sociale edificata in
funzione dei "primi", i potenti, i padroni del pensiero, i
normocappati, i manager, le aristocrazie operaie, i ricchi) al suo campo di
guerra ovunque circostante aizzato quotidianamente ad hoc: il campo della
guerra tra i penultimi e gli ultimi: disoccupati francesi contro immigrati
magrebini, senza casa di centocelle contro campi rom, mutilati di aleppo contro
artigiani di budapest, figli disoccupati contro padri pensionati, ecc.: e
infine, poiché le scorciatoie sono sempre la più facile soluzione in tanta
dolorosa e multicolore diversità, bianco contro nero;
il gioco, come dice il poeta, davvero si fa teso e tetro: mentre la
discarica degli ultimi non contempla un trattamento differenziato, la geografia
dei penultimi è sottoposta a una continua tensione di auto-differenziazione,
poiché ciascuno è indotto a temere che domani sarà più penultimo di oggi e
rischierà di diventare almeno provvisoriamente il negro di qualcun altro;
è vero che ogni epoca storica ha potuto vantare i suoi oppressi, i suoi
sottoproletari e la sua plebe, cioè i suoi subalterni in genere; ma qui siamo
di fronte a un fenomeno storico nuovo e tanto grande quanto può essere grande
la proporzione di 99 contro 1 nella distribuzione della ricchezza, o quanto può
essere grande il numero di tre o quattro o cinque miliardi di esseri umani in
un pianeta così unico, così sbagliato e così piccolo;
ma non si tratta solo di uno spaventoso aspetto quantitativo; si tratta
soprattutto della differenza decisiva per cui i subalterni in genere, per
quanto oppressi, sfruttati, imbrogliati e massacrati, hanno goduto in ogni
epoca storica di un riconoscimento di soggettività sociale, fosse anche
soltanto per giustificarne il genicidio; è proprio nei subalterni in genere che
lo stesso gramsci individua la sorgente profonda di ogni dimensione di cultura:
riconoscimento e coscienza, l'alfabeto binario di ogni identità nel consorzio
umano;
non è così invece per gli “ultimi” di questa epoca storica conformata sulla
teologia totalitaria e nichilistica del neoliberismo; gli “ultimi” sono tutti e
nessuno, e dispongono tutt'al più di una identità inservibile se non per essere
respinti giuridicamente, se non dovesse bastare la loro condizione fattuale di
annichilimento e di scarto; nessuno di noi dispone oggi di una adeguata
comprensione di questo fatto e di una possibile concezione politica, ma a
ciascuno di noi è ancora concesso di riflettere in un modo almeno pre-politico
ma onesto con se stessi;
con questo ho deciso: antonio gramsci ed ernesto 'che' guevara: dalla parte
degli ultimi.
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