sabato 15 febbraio 2025

Figli della favola – Fernando Aramburu

(traduzione di Bruno Arpaia)

Asier e Joseba vanno in Francia per apprendere le basi per aderire militarmente nell'ETA.

i due si impegnano sognando a tutti gli effetti, di diventare militanti, purtroppo per loro l'ETA si scioglie  e loro due decidono di formare un nuovo gruppo militare, con due soli aderenti, loro due.

i due amci sono due poveri sfigati, che non capiscono bene cosa succede, in certi momenti sono un po' Bouvard e Pécuchet, in altri (quando viaggiano lungo il fiume) sono un po' Huckleberry Finn e Tom Sawyer.

un libro che non annoia, promesso.

buona (basca) lettura.



 

Asier e Joseba sono due giovani baschi che, imbevuti di ideologia nazionalista, decidono di lasciare tutto per entrare nell'ETA. Fernando Aramburu torna al mondo di Patria e questa volta racconta, con umorismo caustico e irriverente, stile veloce e lampi di virtuosismo, l'addestramento alle armi di due ragazzi spediti nella parte basca della Francia, e più precisamente in una fattoria di allevatori di galline: Asier, rigido e disciplinato, e Joseba, timido e impacciato, si sottopongono con spirito all'inquadramento e attendono ordini, sospinti dalla forza cieca delle loro convinzioni. Proprio quando si sentono pronti all'azione (e sono maledettamente stufi di mangiare sempre pollo) l'ETA annuncia in tv la fine della lotta armata e lo scioglimento delle cellule. Che fare? Ventenni e sprovveduti, senza il becco di un quattrino e travolti da eventi più grandi di loro, i due decidono di fondare una nuova organizzazione di cui sono gli unici membri. Sotto una pioggia implacabile, tra furtarelli, sequestri, soldi sottratti impunemente e amicizie inaspettate, i due si trovano ad affrontare un'avventura rocambolesca tra il drammatico e il comico, mentre gli ideali si scontrano sempre più ferocemente con la nostalgia di casa.

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…È proprio l'incredibile divario tra le aspirazioni altissime dei personaggi e i gesti minimi, in una realtà prosaica a rendere Figli della favola tragicomico in molti suoi passaggi. Ecco che i due protagonisti, amici in nome di un'ideologia, ma sostanzialmente soli e senza una direzione chiara, procedono a tentoni, e così anche i viaggi che dovranno affrontare vengono intrapresi senza un piano, all'insegna dell'improvvisazione. E le donne in qualche modo arrivano e mostrano tutt'altra intraprendenza rispetto ai protagonisti: sono risolute, determinate, e sanno come scuotere questi eterni bambini. 

Nonostante l'ambientazione storica precisa, per Aramburu l'imperativo era rendere la condizione umana di due ragazzi che si sono auto-emarginati per un ideale, continuando a «mostrare come la Storia si rifletta sulla storia del singolo». Risponde a questo desiderio il lavoro di revisione, durato alcuni anni, che ha portato Aramburu, dopo una prima redazione, a riprendere Figli della favola: è stato difficile mantenere un equilibrio tra il suo aspetto triviale e il desiderio di mostrare il terrorismo per quello che era, con la sua vera faccia. 

E, in effetti, per quanto i personaggi possano talvolta suscitare un sorriso, questo non è mai privo di una certa amarezza. Lo stile giocoso, a cominciare dall'estrema spontaneità dei dialoghi, rende Figli della favola una storia irriverente verso un'ideologia, ma rispettosa verso i famigliari di chi non c'è più. L'empatia viene volutamente tenuta lontana, perché l'ironia amara ricorda al lettore di mantenere una distanza critica, di provare tutt'al più pietà per questi personaggi patetici che puntano all'eroismo, non avendo invece valori saldi a cui aggrapparsi come individui.

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