martedì 7 febbraio 2012

I tecnici di cui abbiamo bisogno - Paolo Cacciari

dice Albert Einstein: "Follia è fare sempre la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi"
dice qualcun altro: quando la teoria e la realtà sono molto diverse, forse (è un eufemismo) la teoria non va bene.
in Italia si applica la ricetta ultraliberista che in Grecia è (stata) un fallimento totale - franz



E’ vero: abbiamo un gran bisogno di tecnici, esperti, sapienti. Non se ne può più di politici generici, buoni solo per i talk-show. Basta chiacchiere, al governo servono persone che sappiano il fatto loro. Ma tecnici di che?
Innanzitutto tecnici contro il più evidente, tragico e paradossale spreco di risorse: il lavoro.  Incominciando dal 30 e oltre per cento di giovani che non trovano lavoro a fronte di immensi bisogni sociali insoddisfatti: cura delle persone, del territorio, del patrimonio storico e culturale. Sì, ma come remunerare questi lavori socialmente utili se soldi non ce ne sono? Serve allora un tecnico alla circolazione della moneta: il denaro non va più dato per pagare rendite finanziarie, ma solo a chi lavora.
Obiezione: se non si pagano più gli interessi sul debito pubblico (il 50%  dei titoli sono posseduti da istituti finanziari esteri e il 50% del restante da istituti finanziari italiani. Solo un quarto è risparmio vero di persone fisiche) nessuno più ci farà credito e la bancarotta sicura.
Per liberarci dal ricatto di strozzini e speculatori che chiedono interessi sempre più alti (spread) dobbiamo allora riuscire a fare a meno dei loro pelosi servigi (prestiti). Serve quindi un tecnico al bilancio che sappia tenere le poste in equilibrio, che sappia cioè spendere solo quello che incassa. Per raggiungere l’ “attivo primario” del bilancio dello stato non manca poi molto. Qualche sforzo lo potrebbe fare se tagliasse spese assurde (spese militari, grandi opere inutili, privilegi di caste varie, ecc.) e se facesse una riforma fiscale vera (evasioni, proporzionalità, trasparenza, ecc.).
Obiezione: per liberarci dalla morsa del debito non basta tenere in equilibrio le spese pubbliche, è necessario tenere in equilibrio anche la bilancia commerciale: siamo bravi ad esportare (made in Italy, piccole imprese, ecc.) e a incassare valuta estera (turismo, rimesse degli emigrati, ecc.), ma spendiamo sempre troppo per le importazioni.
Serve allora un tecnico all’economia reale che sia capace di combattere il secondo più grande e costoso spreco di risorse che appesantisce la bilancia commerciale: l’energia fossile e le materie prime. Immaginare un’economia post-oil e sempre più “dematerializzata” è oggi possibile: risparmio energetico, efficienza, rinnovabili, studio del ciclo di vita dei materiali, riuso, riciclo, recupero, allungamento della durata delle merci… insomma: green economy. Le tecnologie già sono a disposizione ed è qui che si gioca la vera “competitività strategica” tra i sistemi industriali nel mondo.
Obiezione: è vero, ma per compiere questa conversione ecologica degli apparati produttivi e di consumo serve investire in ricerca vera, sperimentare ed innovare non solo i sistemi produttivi e le tecnologie (imparando dai cicli naturali), ma cambiare anche comportamenti e stili di vita. E’ evidente, infatti, che se i risparmi che si ottengono con l’efficienza vengono impiegati per consumare di più, il bilancio globale energetico e dei materiali rimarrà in deficit (paradosso di Jevons).
Serve allora un altro tecnico: ai saperi, che sappia cioè liberare quel che rimane dei centri di ricerca, delle università,delle scuole di ogni ordine e grado dalla coltre di ignoranza con cui sono stati coperti da uno stato insipiente. E questo, sicuramente, è il tecnico più difficile da trovare: un tecnico del pensiero, che sappia liberarlo dalla dominazione dei tecnici delle scienze applicate dominanti ad incominciare dall’economia, per arrivare all’ingegneria, passando per la farmacologia, le scienze agrarie, la sociologia… e chi si sente escluso dall’asservimento alla logica sviluppista, produttivistica, della accumulazione e del profitto, si faccia da parte.

5 commenti:

  1. vero. ieri sera guardavo in tv il ministro dell'Ambiente Corrado Clini, alternava cose sensate a idee vecchie e superate, quelle che ci hanno portato alla crisi attuale, e le diceva entrambe con espressione dura e decisa, guai a chi contraddice, al massimo si può essere d'accordo con lui. Per esempio: dice che il petrolchimico di Marghera non ha un futuro, che quelle produzioni ormai sono tutte in Turchia, che oggi il futuro è la biochimica. E ci si aspetta che dica: d'ora in avanti, aumento delle aree coltivabili in ogni Comune d'Italia, per sostenere il biogas e la biochimica. E invece no, si fermano sempre qui. Idee vecchie di sessant'anni, anche molte persone giovani ragionano così, è brutto da dire ma solo dopo una catastrofe epocale (come nel 1945)rinasce la sensazione che siamo tutti sulla stessa barca....

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  2. un problema è che siamo governati, a tutti i livelli, da gente per tutte le stagioni, gente che diceva ieri che il sistema elettorale di oggi, non era cattivo, e ora dicono che fa schifo, gente che dice il nucleare fa schifo, poi va bene, poi ancora male.

    contorsionisti così al circo se li sognano.

    quando seguivo il calcio, da giovane, ricordo una certa serietà, chi perdeva saltava, esisteva una certa coerenza, e il ricambio.

    come siamo scesi in basso! :)

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  3. c'è un bel articolo sull'Economist "the perils of prudence" che smonta alcuni miti sullo spread (http://www.economist.com/node/21543527)

    in effetti, ripetiamo da tempo che la "cura Monti& Merkel" ha gravi inconvenienti, in sintesi il rischio recessione. che non aiuta affatto i conti pubblici.

    bella l'analisi di Cacciari, la condivido in pieno. ma anche in questo caso, non aggiunge nulla di nuovo: sappiamo da tempo di dover investire nella ricerca, nelle energie rinnovabili, nel retribuire il lavoro.
    in fondo è una basilare politica di sinistra! fatta discretamente, nulla di eccezionale.
    eppure non ne siamo stati capaci.
    tecnici così ci servirebbero, ma anche politici. che sappiano guardare al domani ed provare ad anticipare i tempi, anzichè costantemente rincorrerli....

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  4. quando un tecnico prende decisioni politiche è già un politico.
    il problema dei "politici" è che non sanno usare i tecnici per aiutare le loro decisioni, e allora a cosa servono?
    immagino che un "politico" sia come un bravo allenatore, sta in panchina e coordina il lavoro dei giocatori, per ottenere un buon risultato per la squadra, se non ci riesce non serve a allora allena uno dei giocatori...

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  5. il problema è che spesso i politici non capiscono nulla di ciò che spiegano i tecnici (bioetica, economia..... e quanti altri esempi) e spesso vi delegano decisioni che non sanno controllare.

    mi piace la tua metafora del politico come allenatore, ma credo anche che nel contesto di altissima specializzazione in cui viviamo il politico debba tornare a recuperare categorie diverse da quelle tecniche: categorie accessibili a tutti, incluso lui stesso.
    quindi, pensando ad esempio alla bioetica, è inutile rincorrere norme specifiche nate già vecchie alla successiva scoperta scientifica. piuttosto si dovrebbe lavorare sui principi (costituzionali) e su alcuni paletti imprescindibili, dare indirizzi non strade precise (e magari errate).

    mi pare che la cosa possa valere bene anche in economia.

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