martedì 9 settembre 2014

Storia di ordinaria follia europea: la morte dei piccoli comuni



Elio Mameli è dal 2003 sindaco di un Comune della provincia di Cagliari, Villaspeciosa, una cittadina di 2500 abitanti, con la stessa storia e la stessa situazione di migliaia di altri Comuni in Italia. È un Comune che non ospita impianti eolici, discariche, non ha autovelox e neppure seconde case di villeggiatura. Il sindaco non può che contare su  trasferimenti dello Stato e della Regione e i tributi comunali, imposti sui cittadini, artigiani e commercianti di Villaspeciosa. Nell'Eurozona di oggi lo Stato ha ridotto i trasferimenti diretti ai Comuni ed indiretti alle Regioni,  e così Mameli ha capito che il suo ruolo di sindaco stava subendo una decisa trasformazione: da amministratore a esattore. Gli era chiesto di mettere le mani in tasca ai cittadini.
Quella non era l’unica trasformazione con cui ha dovuto fare i conti: la zona industriale di Villaspeciosa ampliata per ospitare altre 60 imprese che avevano fatto richiesta è oggi un’area desolata.  Nessuna delle 60 imprese che aveva presentato domanda si è più rivista.
Elio Mameli ha scritto una lettera a Renzi con un preciso messaggio: i piccoli Comuni non sono Comuni di serie B e come sindaco non vuole prestarsi a essere complice della distruzione del tessuto sociale ed economico del territorio.
Come molti altri sindaci ha compreso che l’austerità sta portando avanti un processo di distruzione della civiltà. Lo abbiamo incontrato.
Quali sono le spese che il suo Comune deve affrontare?
Sono spese indispensabili: l’illuminazione pubblica, la mensa scolastica, la pulizia delle strade, la tenuta del cimitero, il funzionamento degli uffici. La maggior parte di questi appalti sono già assegnati al ribasso per cui non si può più tagliare sugli stessi se non eliminando o riducendo drasticamente i servizi. Con il governo Monti c’è stata una fortissima accelerazione dei tagli dei trasferimenti Stato-Comune e Stato-Regione-Comune. Siamo al limite della gestibilità. I margini di autonomia dei sindaci sono stati azzerati e le scelte economiche e finanziarie dello Stato diventano prioritarie su tutto. Per un comune sotto i 5000 abitanti il patto di stabilità è una follia: io non ho flussi di soldi che mi permettano di elevarlo e quindi spendere!
Come riesce a compensare la riduzione delle risorse dello Stato e gestire nello stesso tempo la cittadina?
Dal 2003 ad oggi ho ridotto progressivamente  le spese del Comune in modo da non aumentare le tasse ai cittadini, ma oggi non c'è più margine. L'unica soluzione che lo Stato ci ha lasciato è aumentare le aliquote delle tasse. I tagli ai trasferimenti ai Comuni sono stati studiati per essere compensati dall’aumento delle tasse ad opera dei sindaci. Il risultato è che la faccia dobbiamo metterla noi.
Prima da amministratore mi occupavo della crescita del paese. Quella era la missione principale di un amministratore locale. Un ruolo svilito dalle norme attuali.
Oggi l’obiettivo personale che mi pongo è di dare una mano alle famiglie per salvarle dal disastro a cui ci hanno condannato.  Dieci anni fa il salario di un capofamiglia permetteva una vita decorosa, di mandare i figli a scuola, e anche di togliersi qualche piccolo sfizio. Oggi le stesse famiglie sono dietro la porta del Comune a chiedere aiuto per mandare avanti “la baracca”. L’assistente sociale mi segnala le persone che non riescono a pagare la TARI, tante, troppe.  Come può lo Stato chiedere alle persone di pagare le tasse se poi non le mette nelle condizioni di lavorare?  Tra il pane e le tasse la gente oggi sceglie il pane. Ma se questa situazione riesco a capirla io, sindaco di un piccolo paese, perché non se ne accorgono i grandi economisti che vengono consultati dai politici?...

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