una
corsa nel un secolo in 150 pagine, fissando alcuni fatti grandi e famosi e
tanti “piccoli” e importanti lo stesso.
storia
che diventa letteratura, una lettura davvero interessante e diversa, per chi
ama la storia e la letteratura, dopo piaceranno di più entrambe - franz
…Tanto per cominciare, c'è tutto. Il Novecento, intendo. Gli
eventi chiave, cenni di storia sociale e scientifica, le parole d'ordine, gli
anni imprescindibili, i nomi che non si possono non citare. Ma questo tutto è
narrato mediante un flusso di parole compatto che non ha nulla a che spartire
con la saggistica classica. Gli spazi tra paragrafo e paragrafo sembrano i
respiri di un monologo teatrale. Non esistono capitoli. Gli unici titoletti si
trovano a margine, ma non assolvono al compito che la saggistica tradizionale
assegna loro, quello cioè di indicare di cosa si sta parlando in quel brano. Al
contrario, per quanto riprendano degli effettivi tag di testo, hanno piuttosto
una funzione evocativa e graffiante. Quasi a sottolineare come due parole
estrapolate dal contesto possano significare altro, anzi: qualsiasi (altra)
cosa. E il sarcasmo sornione dell'autore non si ferma qua, dal momento che
l'indice si genera in automatico listando i titoletti a margine con tanto di
pagina di riferimento. Qualche esempio? I soldati si sparavano a palombella, I
cavalli erano morti, Dio esiste, Ristabilire l'istanza trascendentale, Lo
sguardo torvo…
…Questa “breve storia del XX secolo” (come
recita il sottotitolo) è raccontata da Ouředník attraverso il filtro straniante
di un osservatore “esterno” che vede gli avvenimenti, li descrive, ma sembra
non riconoscerli: il suo sguardo è infatti attratto più dalla combinazione di
luoghi comune e aneddoti che dall’importanza storica degli avvenimenti stessi.
È come se in un batter d’occhio la complessa storia politica, economica,
sociale e culturale del XX secolo fosse stata trasportata sulle pagine della
cronaca di un giornale di terz’ordine. E improvvisamente la nostra memoria
entra in un corto circuito senza uscita: riconosciamo gli episodi narrati, ci
stupiamo della loro tragica stupidità, e paradossalmente solo allora ne
percepiamo fino in fondo la mostruosità. Attraverso questo specchio deformato
guerra, positivismo, corruzione dei costumi, scoperta dei contraccettivi e del
reggiseno, sette religiose, mode, psicoanalisi, eugenetica, genocidi, camere a
gas, scientology, la bambola Barbie, nazismo, comunismo, e i mille altri slogan
del XX secolo che ancora risuonano nelle nostre orecchie, sono resi ancora più
folli dall’apparenza “storica” del romanzo (ulteriormente accentuata dai
titoletti a margine dei paragrafi, che avvicinano anche tipograficamente il
libro a un manuale liceale, se non addirittura a una cronaca medievale)…
Ciò che mi interessa nella scrittura – in quella degli altri
come nella mia – è quello che di solito viene definito «la verità di un’epoca».
Il termine è senz’altro estremamente vago perché in ogni epoca esistono e
coesistono verità diverse, verità molteplici. Il gioco consiste allora nel
tentativo di raccogliere, di abbracciare questa moltitudine, questa pluralità
di cose. Un autore dispone di diversi mezzi, il più consueto dei quali è il
confronto dei destini, delle vite umane nell’ottica della microstoria.
Per quanto mi riguarda, tento, almeno in alcuni dei miei libri, di applicare un principio un po’ diverso, a partire dalla premessa che è possibile prendere come sinonimo della «verità di un’epoca» la lingua di quell’epoca, il che significa appropriarsi di un certo numero di tic di linguaggio, di stereotipi e di luoghi comuni per fare in modo che agiscano e che si confrontino alla stessa stregua dei personaggi di un racconto tradizionale”. (P. Ourednik)
da qui
Per quanto mi riguarda, tento, almeno in alcuni dei miei libri, di applicare un principio un po’ diverso, a partire dalla premessa che è possibile prendere come sinonimo della «verità di un’epoca» la lingua di quell’epoca, il che significa appropriarsi di un certo numero di tic di linguaggio, di stereotipi e di luoghi comuni per fare in modo che agiscano e che si confrontino alla stessa stregua dei personaggi di un racconto tradizionale”. (P. Ourednik)
grande libro. bello che hai citato la recensione di Simone, uno dei miei pochi veri amici. Anche gli altri di Ourednik sono interessanti, seppur inferiori.
RispondiEliminaciao
bella coincidenza, allora.
Eliminami sembra che questo libro l'abbiano letto in pochi.
finora ho letto quello che è un opera teatrale, ma non è il mio campo, ne ho un altro che leggo fra un po'.