Vengono definiti “Gender Studies” e sono sempre più largamente utilizzati
per dar vita ad una sorta di strategia del terrore tra le famiglie, diffondendo
paure e destabilizzandole. Benché adottati in diversi paesi europei, sono
infatti fortemente osteggiati in Italia dalle gerarchie ecclesiastiche, in
primis, e da diverse associazioni di genitori, in particolare per il paventato
pericolo di indottrinamento degli alunni a scuola.
Nati in America negli anni Settanta, gli studi di genere sono espressione
di un approccio pluri ed interdisciplinare allo studio dei significati
socio-culturali della sessualità e dell’identità culturale e sono fortemente
collegati alle problematiche della condizione femminile e dei soggetti
minoritari. Secondo tale approccio, alla tradizionale distinzione degli
individui in base al sesso (dato determinato dal corredo genetico), si affianca
la distinzione in base al genere (dato determinato culturalmente). Non più
quindi solo maschile e femminile: alle due tradizionali categorie si sono
andate ad aggiungere le diverse varianti previste dall’acronimo LGBT (lesbiche,
gay, bisessuali, transessuali), usato per descrivere le persone che presentano
un orientamento non etero-sessuale. Dagli anni Novanta in poi l’acronimo è
stato sempre più largamente impiegato ed oggi è entrato nell’uso corrente in
particolare nei paesi anglofoni, insieme all’idea che veicola, al punto che
negli Stati Uniti oltre 6 milioni di persone si sono definite appartenenti ad
una delle oltre sessanta tipologie di non-conforming gender inserite come
opzioni sulla piattaforma Facebook a stelle e strisce. Proprio a partire dagli
anni ’90, tra l’altro, la teoria del gender è entrata in documenti ufficiali di
importanti istituzioni internazionali come l’organizzazione Mondiale della
Sanità.
Per la Chiesa, tuttavia, essa rappresenta molto più che una spina nel
fianco visto che sta sempre più configurandosi come terreno di scontro
ideologico con lo Stato (il Papa l’ha addirittura definita una
“colonizzazione ideologica”). Nell’interpretazione cattolica, questa “varietà”
di generi non avrebbe alcun fondamento scientifico, anzi, confonderebbe
patologie con la normalità fisiologica ed aprirebbe la strada a nuove e
pericolose interpretazioni della famiglia. Per avere un’idea della forte
opposizione del mondo cattolico, basta leggere il documento Appunto su
Linee guida UNAR (l’Ufficio per la promozione della parità di
trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o
sull’origine etnica, che è stato istituito con il decreto legislativo 9 luglio
2003, n. 215, di recepimento della direttiva comunitaria n. 2000/43 CE) per
“Educare alla diversità”, redatto dall’Osservatorio normativo sul sito
www.chiesacattolica.it. Per gli oppositori, l’ombra della teoria gender si
allunga infatti sulle nostre scuole poiché- come previsto nel documento UNAR “Strategia
nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate
sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013-2015)”,
elaborato all’interno del programma promosso dal Consiglio d’Europa “Combattere
le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere”,
cui l’Italia ha aderito-la scuola rappresenta una delle aree di intervento
prioritario. Infatti, tra gli obiettivi operativi nell’ambito educativo,
rientrano la formazione e la sensibilizzazione di tutti gli attori della
comunità scolastica sulle tematiche LGBT, la prevenzione e il contrasto alle
violenze legate all’identità di genere e all’orientamento sessuale e la
promozione della conoscenza delle nuove realtà familiari.
Per "Avvenire", il quotidiano della CEI, il problema gender “rischia
di deflagrare in una battaglia ideologica e rendere la convivenza sociale
peggiore per tutti”. Intanto, in un dossier dedicato alla spinosa
questione, si invitano le famiglie ad informarsi, prima dell’iscrizione dei
propri figli a scuola, sui contenuti del POF in merito, in particolare riguardo
i progetti e le attività eventualmente dedicate. Così sollecitata, sta
sorgendo pertanto una forte contestazione che vede associazioni e gruppi
cattolici attivarsi per promuovere come possono azioni di contrasto, anche
all’interno del Parlamento. Solo qualche giorno fa la ministra Giannini è stata
chiamata a rispondere ad un’interrogazione parlamentare della Lega Nord, sul
rischio che il comma 16 dell’art. 1 della neo approvata legge di riforma della
scuola possa porre le basi per un’apertura alla teoria gender. Tra i casi
riportati dalla cronaca recente che già danno misura dei conflitti che potranno
scatenarsi all’interno delle istituzioni scolastiche, quello della dirigente
dell’istituto “Via Micheli” di Roma: lo scorso giugno la preside aveva
inviato una lettera ai genitori degli alunni in cui affermava che nell’allora
ddl di riforma della scuola era contemplata anche la masturbazione infantile
precoce nell’ambito dell’educazione di genere e invitava le famiglie a
documentarsi sulla tematica attraverso il sito web dell’associazione Difendiamo
i nostri figli, dichiaratamente contro l’ideologia gender. Una posizione da
cui ovviamente il Miur aveva subito preso le distanze, convocando la dirigente
e ordinandole l’immediato ritiro della comunicazione.
Ben più raccapricciante, però, la notizia riportata da “Il fatto
quotidiano” lo scorso novembre che la Curia di Milano avesse inviato una
lettera ai 6102 insegnanti di religione cattolica chiedendo loro di segnalare i
colleghi e i progetti che trattavano temi connessi all’omosessualità e
all’identità di genere: l’intenzione era quella di sguinzagliare, in pratica,
un piccolo esercito (evidentemente considerato appartenente alla diocesi non al
Miur come di fatto è), al fine di spiare all’interno delle classi.
Ma come è possibile non comprendere che l’educazione alla parità tra i
sessi nonché la prevenzione alla violenza di genere e di tutte le forme di
discriminazione sono obiettivi educativi imprescindibili nella formazione degli
studenti e di cittadini responsabili? Come non considerarli utili strumenti di
prevenzione della creazione di pericolosi stereotipi di genere che possono
condurre a bullismo, omofobia e altre forme di violenza?
Per certi versi, come è stato osservato, una teoria del gender in realtà non esiste: sarebbe solo una costruzione teorica volta ad ostacolare l’idea di una scuola inclusiva, capace di accogliere e valorizzare le diversità, di difendere in tal modo i diritti delle minoranze.
Non è oggi poi così raro che bambini di famiglie arcobaleno - quelli, per intenderci, con due papà o due mamme- vengano inseriti in una classe. Questa è una possibilità concreta con la quale ogni docente deve essere pronto a confrontarsi, a prescindere dalle sue personali opinioni in merito alle tipologie familiari “atipiche”. E la scuola pubblica, rispettosa delle differenze e tesa al superamento del pregiudizio,deve poter essere “per tutti” ambiente sicuro e friendly, spazio in cui è possibile far confrontare i ragazzi serenamente sulle relazioni, sulle differenze di genere, sulla necessità e sui modi di risolvere i conflitti.
Per certi versi, come è stato osservato, una teoria del gender in realtà non esiste: sarebbe solo una costruzione teorica volta ad ostacolare l’idea di una scuola inclusiva, capace di accogliere e valorizzare le diversità, di difendere in tal modo i diritti delle minoranze.
Non è oggi poi così raro che bambini di famiglie arcobaleno - quelli, per intenderci, con due papà o due mamme- vengano inseriti in una classe. Questa è una possibilità concreta con la quale ogni docente deve essere pronto a confrontarsi, a prescindere dalle sue personali opinioni in merito alle tipologie familiari “atipiche”. E la scuola pubblica, rispettosa delle differenze e tesa al superamento del pregiudizio,deve poter essere “per tutti” ambiente sicuro e friendly, spazio in cui è possibile far confrontare i ragazzi serenamente sulle relazioni, sulle differenze di genere, sulla necessità e sui modi di risolvere i conflitti.
A meno che, quindi, non si contempli la possibilità di tagliar fuori chi
non rappresenta la famiglia tradizionale, semplicemente volgendo lo sguardo
altrove, non si può non vedere la realtà, non si può ignorare ciò che sta di
fatto accadendo in molti paesi europei. E questo è forse un “brutto nodo” che
si prefigura, un nodo che il nuovo corso della politica scolastica non
contribuirà a sciogliere: presidi e scuole schierate pro e contro, scuole che
accolgono e scuole che respingono, disegnate ad hoc in base alle
caratteristiche del contesto culturale territoriale. Speriamo sinceramente che
ciò non accada.
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