sabato 8 agosto 2015

La piramide – Juan Villoro

una (o la) storia messicana, ci si mette un po' a entrare dentro, poi (quasi) tutto diventa più chiaro (però solo chi è messicano "capisce" il libro meglio di noi, almeno per ora, penso).
narcotraffico, riciclaggio di soldi sporchi, amicizia, redenzione, omicidi, musica, turismo della paura sono alcune delle (tante) cose che trovate in questo libro, dove non c'è niente da ridere, se non ve ne eravate accorti.
Juan Villoro sa scrivere, merita di essere letto, il Messico è vicino - franz







“La Piramide” è un romanzo dello scrittore messicano Juan Villoro (gran vía edizioni, traduzione di Maria Cristina Secci) ma è anche il luogo fisico e mentale dove i protagonisti e il lettore vengono rinchiusi per quasi 250 pagine. La Piramide è un hotel piazzato in un luogo devastato del Messico, Kukulcan: una costa assediata da una speculazione edilizia che si è lasciata dietro di sé rovine, immondizie, inquinamento, desolazione…

…questo "thriller tropical distopico", pubblicato lo scorso anno per Anagrama, che è stato finalista al Ròmulo Gallegos di quest'anno. In realtà non so se si possa definire thriller nè tantomeno distopico, ma tropicale sì, e forse, alla fine dei conti, è pure un thriller distopico, anche se in verità non dovrebbe fregare niente a nessuno di come catalogare un bel libro.  

Juan Villoro è abile nell’intreccio di una storia meno visionaria di quel che potrebbe apparire, ma soprattutto scrive divinamente. Il senso del ritmo, la costruzione delle attese e il gioco degli svelamenti, certi passaggi illuminanti fanno di La Piramide un romanzo eccellente. Il romanzo, senza ombra di dubbio, di un grande scrittore.

…Gli stessi hotel abbandonati sono un affare: servono a riciclare denaro, alla maniera delle Anime morte gogoliane: "Se in Russia potevi incassare per dei servitori morti, qui lo fai per camere vuote. Il denaro del traffico d'armi, della tratta delle bianche, del narcotraffico non può arrivare come se nulla fosse in una banca, deve per forza fare un giro: Kukulcán è perfetta per simulare che i guadagni siano stati generati qui". Il coro dei personaggi che circondano i due protagonisti è disegnato con tratto sicuro: l'ex cubista ora maestra di yoga che addestra a fingere la violenza, il viscido responsabile della sicurezza, l'amministratore gringo che ha perso un figlio e vuole rovinarsi con le corse dei cavalli, i creativi del "colonialismo sostenibile" che pensano di trasformare la Piramide in un centro culturale, il tosto ispettore messicano che la domenica predica rassegnazione dal pulpito di una setta. Nel finale, il romanzo accelera. Mario si rivela malato terminale e, prima di morire teatralmente, vuole che Tony adotti sua figlia, ospitata in un istituto per donne maltrattate. L'ex bassista scopre così che non solo il male, ma anche il bene, sbilenco quanto caparbio, ha le sue reti di "amici degli amici" e gli regala una fuga con addirittura una specie di famiglia, per quanto piena di cicatrici - Danilo Manera

qui e qui due belle interviste con Juan Villoro

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