Tra pochi
giorni compirò 40 anni. Il solo
pensiero mi terrorizza a tal punto che non ho messo piede fuori di casa per
tutta la settimana. I familiari mi hano portato cibo e sigarette,
nonostante cerchi di smettere di fumare da una vita. Solo ogni
tanto, mi dicono che ho la barba troppo lunga e che sarebbe il caso di radermi,
e anche che forse dovrei uscire per una boccata d’aria fresca. Ho deciso di
chiudermi in casa in onore del mio quarantesimo compleanno, a leggere libri e
giornali e a distrarmi, in attesa che mi passi questo sentimento di infinita
tristezza che mi ha assalito e mi tormenta da una settimana.
Volevo informarmi sui marinai che commettono orrendi
crimini al largo dell’Oceano Indiano, per sentirmi più al sicuro in casa mia, o provare a capire cosa sta succedendo
in Medio Oriente, per sfuggire a quel perenne sentimento di esilio interiore. Ma
i tentativi di fuga hanno solo peggiorato le cose; ho capito, ancora più
chiaramente, che mi sfugge il senso della vita e che sono completamente
impotente nel tentativo di affrontare le mie personali angosce esistenziali,
almeno quanto sono incapace di seguire gli sviluppi della situazione politica.
Questa settimana ho letto
dell’ordinanza del tribunale che impone di demolire le costruzioni illegali
nell’insediamento di Beit-El, in Cisgiordania e degli scontri tra i coloni e la polizia e mi sono
tornate alla mente le parole che pronunciò un professore universitario oltre 10
anni fa, nel 1993. No, un attimo: non sono passati solo 10 anni e io non ne ho
più 30. Ohhh, è stato 20 anni fa, forse addirittura 22? Santo Cielo! In ogni
caso, il professore disse questo, mentre
commentava una dichiarazione di Yitzhak Rabin sui coloni: “Possono
girare a vuoto come le pale di un ventilatore,” disse il primo ministro con
disprezzo, nell’epoca felice dei colloqui che avrebbero dovuto assicurare pace,
libertà e un futuro migliore.
“Rabin sa perfettamente cosa
sta facendo,” disse il professore fiducioso, spiegando che il suo scopo era
quello di innervosire i coloni, che avrebbero quindi manifestato contro di lui
e contro la possibilità della restituzione delle terre ai Palestinesi e alla
Siria. “Il Primo
Ministro vuole che vi siano tali manifestazioni contro il suo governo,” aveva
aggiunto il professore, apparentemente senza una vera logica. “Il premier vuole
a tutti i costi vuole restituire quella terra,” aveva continuato.“Deve creare un’opposizione che sembri
credibile agli occhi del mondo, per poi porsi come una personalità che si erge
contro larghi segmenti dell’opinione pubblica, dimostrando che ogni centimetro
di terra riconsegnato è una concessione dolorosa da parte sua e del popolo
israeliano.”
“Quindi lei sostiene che sia
solo uno spettacolino ipocrita?” ricordo di aver detto quasi senza riflettere,
perché volevo, anzi voglio ancora, credere che una qualche forma di giustizia
esista, che esistano ancora cose che possono essere definite ‘valori’. “No,”
rispose il professore. “Non è una farsa, sono semplicemente le regole del
gioco,” spiegò, sorridendo. E io, privo come sono di capacità analitica, non
sapevo se si stesse prendendo gioco di me, esattamente come Rabin.
Oggi, dopo un milione di anni, ancora non capisco; di
sicuro, la saggezza di Rabin non può essere paragonata alla chiarezza delle
azioni del governo attuale, ma ancora mi chiedo: si parla di “costruzioni
illegali” per distinguerle da quelle “legali?” E i Ministri continuano a parlare di uno Stato di diritto, come se in
Palestina fosse possibile far riferimento a un quadro di leggi che non siano
quelle razziali. E poi ci sono quelli che si indignano perché i
coloni metterebbero in pericolo i propri figli, e i cittadini che vivono in
Israele ne traggono consolazione, perché sono diversi da quei “folli”: quanto
meno, non rischiano di portare i loro bambini nei territori arabi. “Questo è un
avvertimento,” ha dichiarato un giornalista di fama, “per tutti coloro che
ancora coltivano l’idea di evacuare gli insediamenti in futuro.
Ad ogni modo, le notizie da Israele sono piuttosto
chiare, se paragonate ai miei tentativi di capire cosa sia lo Stato Islamico,
anche detto ISIS o ISIL, cosa stia accadendo nel mondo Arabo e chi sia contro
chi. Giuro di aver letto ogni possibile analisi scritta da giornalisti arabi,
americani e israeliani, da liberali, islamisti, comunisti e sionisti, e anche
da chi non ha altra ideologia se non la mole del pubblico dei suoi lettori. Ho
letto teorie complottiste, tesi che rimandavano al colonialismo, alla visione
del mondo salafita e anche al petrolio.
Ho letto accuse dirette all’Arabia Saudita, agli Stati
Uniti e agli Stati del Golfo, ai Wahabiti, ai Sunniti, agli Sciiti, a Ibn
Tamimi, al colonialismo, a Karl Marx, a Gamal Abdel Nasser e Sykes-Picot e non
ho capito nulla. “Cerca sempre chi
ha qualcosa da guadagnare da una guerra,” è stato scritto, con riferimento al
petrolio e ai mercanti d’armi, ma non ho ancora compreso appieno il meccanismo. Forse,
un agente dei produttori di armi si reca nella regione e convince gli arabi a
innescare una crudele guerra? E cosa significa esattamente l’espressione “gli
interessi dei poteri forti”? Come funzionano? Senza parlare di Israele, che non vuole l’ISIS ai suoi confini, ma
neanche Hamas, Fatah, Hezbollah o il regime siriano, e cosa sono esattamente
questi confini?
Mi sono chiesto se esista la
seppur minima possibilità di conoscere almeno una piccola parte della verità e
se gli analisti e i commentatori capiscano realmente cosa succede intorno a
loro. Qualcuno
lo sa? Ci sono agenti segreti senza volto, senza nome né identità, che girano
per il mondo come fantasmi, sanno tutto ma non lo dicono a nessuno? Quanto
guadagnano e come si finisce a fare quel lavoro? Le altre persone capiscono che
sono dei pezzi grossi quando entrano in una stanza? Non lo so, io non sono uno
che fa caso ai dettagli.
In ogni caso, ho 40 anni, e forse è meglio che mi
concentri sulla mia crisi di mezza età e non su quelle politiche. Lo spirito di
ribellione è un fattore legato all’età, in fondo. Quand’ero piccolo, sentivo gli
adulti che parlavano di gente finita in ospedale, a cui il medico aveva
raccomandato di “seguire meno notiziari”. Credo proprio di aver raggiunto
quell’età. Non sono le notizie di per sé ad avere un pessimo effetto su di me,
quanto la mia totale incapacità di comprenderle. Devo trovare modi alternativi
e più salutari per distrarmi, magari coltivando un nuovo hobby. In ogni caso,
devo trovare un modo divertente di passare il tempo… in attesa della pace.
(Haaretz -traduzione
di Romana Rubeo)
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