Nadia Vera Pérez nell’intervista a Rompeviento Tv
Nadia Vera Pérez, antropologa originaria del Chiapas, voleva cambiare il volto del Messico e del mondo. Per questo promuoveva la cultura indipendente e partecipava alle lotte dei movimenti sociali. È stata torturata, violentata e uccisa il 31 luglio, insieme al compagno Rubén Espinosa e ad altre tre donne che si trovavano nell’appartamento di Città del Messico in cui abitava dopo esser stata costretta a fuggire da Veracruz. Otto mesi prima aveva rilasciato un’intervista a Rompeviento Tv durante la quale non aveva mai smesso di guardare la porta e la finestra temendo l’irruzione di qualcuno. Le sue ultime parole (le potete ascoltare qui sotto) erano state per dire che qualora fosse successo qualcosa a lei, alla sua famiglia o ai suoi compagni, la responsabilità andava attribuita tutta allo Stato e al governatore di Veracruz, Javier Duarte. La Procura di Città del Messico ora sostiene si tratti di rapina e vuole chiudere il caso.
Le
indagini sul multi-omicidio nel quartiere Navarte, a Città del Messico, quello
in cui hanno perso la vita il giornalista e fotografo Rubén Espinosa;
l’attivista per la difesa dei diritti umani Nadia Vera; la studentessa
truccatrice Yesenia Quiroz, la lavoratrice domestica Alejandra
Negrete e Mile Virginia Martín, una ragazza di origini
colombiane, non solo non devono concludersi con l’inverosimile linea di
investigazione della rapina, ma devono essere approfondite sul versante
politico.
Pochi
crimini sono stati tanto annunciati. Due delle vittime, Rubén e Nadia,
hanno perfino indicato i loro possibili aggressori. “Se mi accadesse qualcosa,
il responsabile è il governatore di Veracruz, Javier Duarte” aveva detto Nadia
in un video. Mentre Rubén aveva reso pubbliche le minacce e il motivo del suo
forzato e prudenziale allontanamento da Veracruz.
David Peña
e Karla Michell Salas, avvocati della famiglia di Nadia, non hanno dubbi: la
Procura del DF (il Distreto Federal, cioè la capitale) vuole chiudere
il caso. Prova a sostenere che non ci saranno altri testimoni con
informazioni importanti sulle minacce e le molestie che aveva subìto Nadia
perché c’è già un arrestato. Eppure, perfino se avessero preso i tre probabili
esecutori materiali, questo non dovrebbe comportare l’abbandono di piste
politiche da seguire.
In questi
giorni ci sono file di compagni di Nadia e Rubén che hanno importanti
informazioni da fornire ma sembra che la procura non abbia intenzione di
ascoltarli. È come se avesse fretta. È stata una rapina; (gli assassini) ce
l’avevano con la colombiana; è delinquenza comune. Come se Nadia e Rubén si
fossero trovati solo nel posto sbagliato.
Nadia divideva
l’appartamento con due donne con le quali non aveva altra relazione se non
quella di condividere il costo dell’affitto. Lei era arrivata alla colonia
Navate fuggendo, come Rubén, dalle minacce contro la sua incolumità. Nel
2013 era stata fermata e malmenata dai poliziotti di Veracruz. In quello stesso
anno si erano introdotti nel suo appartamento a Xalapa (capitale del Veracruz, ndt).
Nel 2014 la persecuzione si era fatta aperta, per questo Nadia aveva deciso di
allontanarsi e andare nel D. F. Qui era arrivata nel gennaio del 2015, appena
sette mesi fa. Nell’appartamento di Navarte viveva con Yesenia ed Esbeyde. È
stata quest’ultima a trovare i corpi e a fare la denuncia. Nulla indica che
Mili Virginia, della Colombia, vivesse con loro nell’appartamento di tre
stanze, avvertono gli avvocati.
Il fotoreporter Rubén Espinosa
Nadia y
Rubén erano amici da Xalapa. Il 9 di giugno, dopo essere stato minacciato,
Rubén era arrivato al DF e aveva cercato Nadia per avere un appoggio.
Appartenevano allo stesso gruppo di attivisti a Xalapa e condividevano, con il
resto dei loro amici, le minacce aperte e le molestie costanti. Martedì 11
agosto altri testimoni si presenteranno per dare informazioni sul movente
politico dell’omicidio. Che la procura generale del D.F. non li ignori, che non
faccia il lavoro sporco.
(*) Fonte: il quotidiano la Jornada; traduzione
per Comune-info di Marco Calabria; Gloria Muñoz Ramírez, che è direttrice
dell’eccellente sito Desinformemonos, tiene una rubrica settimanale su «La
Jornada» intitolata «Los de abajo». Su Comune-info è possibile leggere
anche LA MAMMA DI NADIA ROMPE IL SILENZIO dove
Mirtha Luz Pérez Robledo, la mamma di Nadia Vera, pone molte domande alla
Procura della capitale messicana.
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