sabato 27 febbraio 2016

"Sette bambine ebree - un dramma per Gaza" di Caryl Churchill



(grazie a Rosella per avermene parlato)

L'opera teatrale di Caryl Churchill Seven Jewish Children (Sette bambini ebrei), scritta e messa in scena nel 2009 alla luce della devastante campagna militare israeliana a Gaza, punta i riflettori sulla confusione che permea l'identità ebraica. Si tratta di un viaggio storico dalla condizione di vittima a quella di aggressore, un viaggio in cui le premesse non trovano una corrispondenza logica nel finale.
Attraverso un continuo “Ditele” e “Non ditele”, si percorrono le condizioni e la coscienza di un popolo. E' un atto di accusa si, ma non contro Israele, piuttosto contro la guerra e la sopraffazione, il calcolo e l'interesse.
Assistiamo a un percorso che parte dagli orrori della Shoah e si delinea come passaggio dall'innocenza alla spietata barbarie,  è una lettura recente della storia ebraica che non rappresenta una novità, ma il messaggio viene comunicato da Churchill in maniera profonda e sensibile.
Nell'opera di Churchill c'è uno strato ancora più profondo che viene raramente discusso o affrontato. Churchill, come molte altre persone coinvolte in discussioni sull'identità ebraica, è molto attenta alla qualità elastica dell'identità, della storia e della realtà ebraiche. Gli ebrei sono tutto ciò che vogliono, nella misura in cui serve a una causa o un'altra. Il popolo ebraico non è mai esistito come “razza-nazione” e non ha mai condiviso un'origine comune. È invece un variegato insieme di gruppi che in varie fasi storiche hanno adottato la religione ebraica.
Churchill rivela in maniera eloquente il livello zero di integrità della causa nazionale, del pensiero e della versione della storia ebraici. Nella versione ebraica della storia non si tratta di dire la verità. Si tratta invece di inventare una “verità” che rientri nelle necessità tribali attuali.
Nel descrivere gli effetti distruttivi provocati dalla politica identitaria ebraica nel suo trasformare lo Stato ebraico in un omicida a sangue freddo,“Dille che non mi importa se il mondo ci odia, dille che noi odiamo meglio”,  Churchill mostra grande perspicacia. E tuttavia ci si potrebbe chiedere chi è quella bambina innocente cui si riferisce Caryl Churchill. Chi è la protagonista all'altro capo del testo, chi è quella “lei” nascosta di cui si parla in ogni battuta di questa interessante opera?
L'immagine della giovane vittima femminile innocente è uno dei pilastri dell'identità ebraica e dell'immagine che gli ebrei hanno di sé dopo la Shoah.
“Non spaventarla,” dice Churchill. A essere onesti, la bambina ha un ottimo motivo per essere spaventata. Se avesse mai il coraggio di guardarsi allo specchio ne sarebbe profondamente devastata.


Tra fine 2008 e inizio 2009 la cosiddetta "Operazione Piombo Fuso" ha visto un violento attacco alla Striscia di Gaza, con bombardamenti aerei e poi con mezzi di terra e la penetrazione in territorio palestinese di forze israeliane. Quando esse si ritirarono, Gaza appariva un campo di rovine: tra 1166 e 1417 i morti, milleottocento i bambini feriti; distrutte abitazioni civili, edifici commerciali e pubblici, interi quartieri rasi al suolo; gravemente danneggiate le infrastrutture essenziali. Turbata e indignata 
Churchill scrisse questo breve testo, ora disponibile in rete a chiunque voglia rappresentarlo, senza pagamento di diritti, con la sola condizione che si faccia una sottoscrizione a favore di Medical Aid for Palestinians. Sette bambine ebree nasce dunque a caldo, per rispondere all'emozione umana e politica di un evento sanguinoso; "è un dramma 'per' Gaza, non a proposito di Gaza, pregnante di rabbia, empatia e condanna, e dunque ancor più stupisce "il modo incredibilmente economico e distillato" la compressione lucidamente poetica con cui Churchill tratta argomenti dolorosi e complessi.
da qui

Sette adulti suggeriscono cosa dire, e cosa non dire, a sette bambine ebree di epoche differenti. Dall'Olocausto ai fatti di Gaza. L'opera è un viaggio storico di un popolo, dalla condizione di vittima a quella di aggressore, l'attenzione si focalizza sulla confusione che permea l'identità ebraica, attraverso un continuo “Ditele” e “Non ditele”, si percorrono le condizioni e la coscienza di un popolo.

 “Non dirle che la uccideranno, dille che importante che stia buona.” “Dille che è un gioco, dille che è una cosa seria”. “Dille ancora una volta che questa è la nostra Terra Promessa”. “Dille che i palestinesi ora sono animali che vivono tra le macerie, che non mi importerebbe se li annientassimo, dille cosa provo quando guardo una delle loro bambine coperta di sangue. Dille che quello che provo è felicità, perché quella bambina non è lei.”.

Il testo della Churchill vuole scuotere, far discutere, mettere in dubbio, avviare pensiero e azione critica. E' un atto di accusa si, ma non contro Israele, piuttosto contro la guerra e la sopraffazione, il calcolo e l'interesse. L'autrice ha rinunciato ai diritti d'autore su quest'opera.
da qui

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