lunedì 26 dicembre 2016

un'intervista a Julian Assange

(di Stefania Maurizi)

Come è iniziato tutto: perché nel 2006 ha ritenuto necessario fondare una nuova organizzazione giornalistica?
"Avevo osservato attentamente la guerra in Iraq, e nella fase successiva alla guerra, un certo numero di persone dei servizi segreti, inclusi quelli australiani, erano usciti allo scoperto, dichiarando di aver cercato di rivelare informazioni prima che la guerra scoppiasse, ma che erano stati fermati. I whistleblower che avevano cercato di far uscire informazioni prima della guerra non erano riusciti a trovare un canale. Capii che il problema era generale e iniziai a costruire un sistema che risolvesse il problema".
 
Lei all'inizio pensava che il ruolo più importante per WikiLeaks sarebbe stato in Cina, nell'ex Unione Sovietica e in Nord Africa. Invece gran parte delle vostre rivelazioni riguardano gli Stati Uniti, e in particolare le guerre e le violazioni dei diritti umani che hanno spinto figure come Chelsea Manning a compiere atti di denuncia. Perché abusi simili non producono gli stessi effetti in Cina o in Russia?
 
"In Russia, ci sono molte pubblicazioni vivaci, blog e critici del Cremlino come Alexey Navalny. Ci sono anche giornali come Novaya Gazeta, su cui diverse parti della società moscovita possono criticarsi a vicenda e questo è, di norma, tollerato. E quindi io interpreto così le cose: in Russia esistono realtà che competono con noi mentre nessuno del nostro staff parla russo. Dove c'è una cultura forte bisogna essere percepiti come un protagonista locale. WikiLeaks invece è un'organizzazione che parla soprattutto inglese. Abbiamo pubblicato oltre 800mila documenti con informazioni sulla Russia o su Putin. Ma la maggior parte delle nostre rivelazioni proviene da fonti occidentali, anche se ci sono importanti eccezioni. Per esempio, abbiamo diffuso 2milioni di documenti sulla Siria e su Assad. La vera discriminante è quanto quella cultura è distante dall'inglese. La cultura cinese lo è molto".

Cosa può essere fatto?
"Abbiamo pubblicato alcuni documenti in cinese. E' necessario essere visti come protagonisti locali e adattare il linguaggio alla cultura locale".

C'è un forte controllo del web in Cina...
"La Cina ci ha banditi nel 2007, noi siamo riusciti in diverse situazioni ad aggirare la censura, ma gli editori locali erano troppo spaventati per pubblicare i nostri documenti. In Cina c'è un atteggiamento contrastante: ovviamente i cinesi apprezzano la critica al mondo occidentale che alcune delle nostre pubblicazioni permettono di far emergere. La Cina non è una società militarista, non vede nella guerra la possibilità di un vantaggio, e quindi si può presumere che apprezzi una critica generale della guerra, ma quella cinese è una società strutturata sull'autorità, che è terrorizzata dai dissidenti, mentre se per esempio la confrontiamo con la Russia, è anch'essa sempre più autoritaria, ma ha una tradizione culturale di mitizzazione dei dissidenti".

Perché le agenzie di intelligence inglesi e americane non fanno arrivare a WikiLeaks documenti sui loro nemici come la Russia o la Cina? Lo potrebbero fare usando come copertura ONG o anche attivisti e potrebbero anche denunciare pubblicamente WikiLeaks se voi non pubblicaste quei documenti...
"Noi pubblichiamo interi archivi di documenti in forma integrale e verificabili in modo indipendente. Questo ci rende spesso poco attraenti per le operazioni di propaganda, perché questa modalità di pubblicazione rende possibile vedere lati positivi e negativi, e rende difficile manipolare i fatti rivelati. Se torniamo al caso della guerra in Iraq nel 2003, immaginiamo che l'intelligence Usa avesse cercato di inviarci alcuni dei loro rapporti interni sull'Iraq. Oggi sappiamo dai report che uscirono dopo la guerra che all'interno delle agenzie di intelligence c'erano dubbi e scetticismo sulle dichiarazioni che ci fossero armi di distruzione di massa in Iraq. Sebbene ci fosse una forte pressione sui servizi di intelligence a livello politico per creare rapporti che supportassero la corsa alla guerra, all'interno delle agenzie gli analisti erano cauti. La Casa Bianca, Downing Street, il "New York Times", il "Washington Post" e la Cnn avevano messo da parte quei dubbi. Se WikiLeaks avesse pubblicato quei documenti, certi dubbi sarebbero emersi e la guerra, forse, sarebbe stata evitata".
 
WikiLeaks ha pubblicato documenti su Hillary Clinton e sui Democratici Usa.  Come risponde a chi vi accusa di aver aiutato Trump a vincere?
"Qual è l'accusa esattamente? Abbiamo pubblicato quello che hanno detto il Comitato Nazionale dei Democratici, il capo della campagna elettorale di Hillary Clinton, John Podesta, e la Clinton stessa. Gli americani hanno letto con interesse, hanno valutato fatti e personaggi e poi hanno deciso. Quella decisione è stata presa sulla base delle parole della stessa Clinton e del manager della sua campagna. E' la democrazia".

Sostengono anche che la diffusione dei files su Hillary Clinton nelle ultime settimane della campagna presidenziale sia stata un killeraggio...
Non sono d'accordo. Pubblichiamo documenti sulla Clinton da anni, vista la sua posizione di segretario di Stato: abbiamo reso noti i suoi cablo fin dal 2010. Per questo è naturale che le fonti che hanno informazioni su Hillary Clinton vengano da noi".

E Donald Trump?
"Sono combattuto: Hillary Clinton e la sua rete di potere hanno condannato una delle nostre presunte fonti, Chelsea Manning, a 35 anni di carcere e, stando all'Onu, l'hanno torturata affinché mi coinvolgesse personalmente. Secondo i nostri files, Hillary Clinton è stata la paladina e l'architetto della guerra contro la Libia. È chiaro che ha perseguito quella guerra come preparazione alla corsa presidenziale: un conflitto che ha prodotto la crisi dei rifugiati in Europa, ucciso oltre 40mila persone in un anno in Libia mentre le armi libiche sono finite in Mali e in altri Paesi, causando o fomentando guerre civili, inclusa la catastrofe siriana. Se qualcuno agisce in questo modo, allora ci sono conseguenze. E si creano nemici interni ed esterni. Ora, la domanda da farsi è cosa significa Trump".

Cosa crede significhi?
"L'elezione di Hillary Clinton avrebbe rappresentato un consolidamento dell'élite di potere. Donald Trump invece non è un insider di Washington, sta raccogliendo intorno a sé altri ricchi e personaggi stravaganti: al momento si tratta di una struttura debole, che sta subentrando e destabilizzando la vecchia rete di potere. E' una nuova rete che si evolverà rapidamente, ma al momento i buchi che presenta significano opportunità di cambiamento: in peggio e in meglio".

In questi dieci anni di WikiLeaks, lei e la sua organizzazione avete subito ogni sorta di attacchi. Cosa avete imparato da questa guerra?
"Abbiamo imparato che il Potere è in gran parte illusione di potere. Il Pentagono ci ha chiesto di distruggere le nostre pubblicazioni. Noi abbiamo continuato a pubblicare. Hillary Clinton ci ha condannato pubblicamente, dicendo che eravamo un attacco all'intera "comunità internazionale". Noi abbiamo continuato a pubblicare. Io sono stato mandato in prigione e agli arresti domiciliari. Abbiamo continuato a pubblicare. Ci siamo scontrati direttamente con la Nsa, nel portare Edward Snowden fuori da Hong Kong, abbiamo vinto e l'abbiamo aiutato a ottenere asilo. Clinton ha cercato di distruggersi ed è finita lei distrutta. Pare che gli elefanti possano essere fatti crollare con un cordino. Forse gli elefanti non esistono".

Lei ha passato sei anni tra arresti e vita da recluso nell'ambasciata ecuadoriana a Londra, le Nazioni Unite hanno stabilito che lei è detenuto arbitrariamente da Svezia e Inghilterra, il Regno Unito ha fatto appello contro la decisione dell'Onu e ha perso, dunque quella decisione è ormai definitiva. Che succede adesso?
"E' tutta una questione politica. E questo è qualcosa che non si può capire se non si è passati attraverso un caso giudiziario di alto profilo. Questa decisione delle Nazioni Unite è davvero storica: cosa si può fare quando si ha a che fare con un caso che coinvolge diverse giurisdizioni, è politicizzato e tira in ballo grandi potenze? I tribunali nazionali si ritrovano sotto una pressione troppo forte, e quindi per arrivare a una decisione giusta è necessario ricorrere a una corte internazionale di cui fanno parte vari paesi non alleati tra loro. Questo è esattamente quanto è accaduto nel mio caso. Ad oggi, la Svezia e l'Inghilterra si sono rifiutate di implementare la decisione, il che ha chiaramente un costo diplomatico e la domanda è fino a che punto saranno disposte a pagare quel prezzo".

Dopo sei anni, i procuratori svedesi l'hanno interrogata a Londra, come lei ha chiesto fin dall'inizio. Che succede se viene incriminato, estradato in Svezia e poi negli Stati Uniti? WikiLeaks sopravviverà?
"Sì, abbiamo i piani di emergenza che avete già visto in azione quando internet mi è stato tagliato e quando sono andato in prigione la prima volta. Un'organizzazione come WikiLeaks non può essere strutturata in modo tale che una singola persona sia la ragione del fallimento per l'intero team, altrimenti quella persona diventa un obiettivo".

La connessione a internet è ancora tagliata?
"No, mi è stata ristabilita".

Lei ha dichiarato in più di un'occasione che quello che veramente le manca, dopo sei anni di vita da recluso, è la sua famiglia. I suoi figli le hanno fatto un regalo per farla sentire meno solo: un gatto. Ha mai riconsiderato le sue scelte?
"Certo che le ho riconsiderate. Per fortuna, sono troppo impegnato per pensare continuamente a questo. Io so che la mia famiglia e i miei figli sono orgogliosi di me e in un certo senso beneficiano del fatto di avere un padre che sa qualcosa del mondo ed è diventato capace di portare avanti certe battaglie, ma per altri versi soffrono".

Una delle prime volte che ci siamo incontrati, c'era un libro sul suo tavolo: "Il Principe" di Machiavelli. Cosa ha imparato del Potere in dieci anni di WikiLeaks?
"Sono arrivato a concludere che la maggior parte delle strutture di potere sono profondamente incompetenti, piene di persone che non credono davvero alle istituzioni a cui appartengono e che gran parte del potere è, in realtà, la percezione del potere. E più lavorano nel segreto, più sono incompetenti, perché la segretezza genera incompetenza, mentre la trasparenza genere competenza, perché rende possibile confrontare le diverse azioni e stabilire qual è la più efficace. Per mantenere l'apparenza del potere, i capi delle istituzioni o della politica, come i presidenti, passano gran parte del tempo a cercare di camminare davanti al treno, facendo finta che sia esso a seguirli, ma la direzione è fissata dai binari e dal motore del treno. Capire questo significa capire che organizzazioni piccole e motivate possono sconfiggere questi dinosauri istituzionali come il Dipartimento di Stato, la Nsa o la Cia".

Nessun commento:

Posta un commento