‘Io sono la guerra’, aveva quasi urlato Cisca, originaria della Democratica Repubblica del Congo. Una storia di esilio senza fine costellata da innumerevoli esperienze vissute sulla propria carne di donna. Si trova adesso nel suo paese di origine e i contatti, fatalmente, col tempo si sono allentati. Potrebbe essere un buon segno perché lei voleva mettersi al servizio di donne, come lei, ferite dalla guerra.
Una volta cominciate le guerre non
finiscono mai. Lasciano paure, cicatrici, traumi, ferite, memorie di congiunti,
amici e vicini uccisi o minacciati di morte. La fuga, l’esilio e, spesso, il
lungo viaggio alla scoperta di una terra ospitale nell’inutile
tentativo di dimenticare il dramma vissuto nella propria. Le immagini della
casa abbandonata, bruciata e distrutta abiteranno per sempre i loro occhi.
Sono arrivate a Niamey non da molto. Le
vedove e le madri i cui figli hanno perso la vita per le azioni terroriste di ‘Boko Haram’ o altri gruppi affini. Molte di
loro avevano trovato lavoro nel Mali, cercando
un improbabile riparo dalla violenza armata. Anche in quel Paese le cose si
erano messe male e così, per vie traverse hanno raggiunto il Niger. Altre donne le hanno raggiunte per analoghi
motivi. Queste ultime, come le precedenti, sono scappate dal ‘gigante’
demografico e in parte anche economico dell’Africa, la Nigeria. Queste persone non sono che fastidiose
incombenze statistiche per le Nazioni Unite e altre agenzie umanitarie. Vivono
di nascosto in città col numero imprecisato di bambini ignari, per ora, del
destino che li attende. Le guerre, quando incominciate, non finiscono mai.
Dopo la guerra, la violenza armata,
l’esodo, la fuga e la scomparsa del mondo conosciuto comincia l’altra guerra. Quella che si continua a
combattere per ricominciare a vivere una vita decente in
mezzo a gente che troppo spesso non coglie il dramma che gli sfrattati del
futuro si portano dentro.
Alfredo è partito dal Camerun dove aveva
creato un’accademia di calcio. Ora gioca, di nascosto, con la
vita. I ricordi gli scivolano tra le dita. La figlia di cui non ha più notizie
e la famiglia di cui ha perso le tracce. La guerra nella guerra continua per il
cibo, un alloggio, i documenti, la salute e un lavoro che gli permetta di
ridare vigore alle sue illusioni perdute. Prega, partecipa a convegni religiosi
e, da qualche giorno, si è presentato alla Casa della Cultura russa
recentemente apertasi a Niamey.
Vorrebbe cominciare a seguire i corsi gratuiti di lingua perché spera, un
giorno, di essere scelto per una borsa di studio in Russia. Difficile cogliere
dove può condurlo la sorte. Nel frattempo ha seguito corsi di informatica e spera di tanto di fondare un’altra
accademia. In essa si imparerebbe come le spade possano diventano vomeri, le
lance falci e l’arte della guerra sarebbe ripudiata per sempre.
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