giovedì 23 maggio 2013

Sguardo su se stesso – Robert Walser

Poiché non vollero che fossi giovane, lo diventai.
Poiché dovevo impegnarmi a essere sofferente, mi apparecchiai gioie e piaceri.
Poiché la loro maggiore preoccupazione era mettermi di cattivo umore,
trovai il modo di fargli capire che non potevano essere più graditi di così.
Poiché mi instillarono paure e pignolerie, il coraggio rideva ed esultava intorno a me.
Proprio perché fui piantato in asso, imparai a dimenticarmi di me,
e mi lasciai andare a effimeri entusiasmi.
Tanto dissipai, eppure ero consapevole che ogni perdita è una vittoria,
e nessuno può ritrovare niente se prima non l’ha smarrito,
e rincontrare ciò che si è perso è una conquista più sublime di un possesso ininterrotto.
E mentre nessuno si interessava a me, fui io a fare la mia conoscenza,
e divenni medico garbato e comprensivo di me stesso.
Poiché nella vita ebbi degli avversari, attrassi anche degli amici,
e gli amici caddero, e perfino i nemici abbandonarono la loro inimicizia,
e Sfortuna è il nome dell’albero su cui crescono gli splendidi frutti della felicità.
Ciascuno porta con sé in tutte le cose il proprio percorso di vita: le peculiarità
che la nascita, le condizioni familiari e l’istruzione gli hanno dato;
e ha bisogno di essere salvato solo chi non riesce a fortificarsi mediante l’orgoglio.
Chi è in accordo con se stesso non ha necessità di alcun aiuto,
a meno che non gli capiti un incidente da doverlo trasportare all’ospedale.

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