lunedì 3 marzo 2014

La voce del padrone - Stanislaw Lem

un romanzo strano, dove non avviene niente di speciale, non mostri, non extraterrestri, solo terrestri in una lotta sotterranea.
viene captato un messaggio proveniente dall'universo profondo, che può voler dire qualcosa, forse importante.
gli scienziati si attivano, intervengono i militari, si costituiscono commissioni, la libertà dello scienziato è minacciata, è come un racconto filosofico, è una storia di umani, molto umani, dell'uomo si parla in questo romanzo del 1968, della libertà di ricerca, dei fini militari, dei rapporti di forza, anche di cosa è la verità, se esiste.
insomma, non è un libro a tempo perso, bisogna farsi prendere per mano da Stanislaw Lem e avere fiducia - franz




Nel 1976 l'Associazione degli Scrittori di Fantascienza Americani radiò dai suoi membri onorari Stanislav Lem, reo di aver scritto "Fantascienza: un caso senza speranza (con eccezioni)". Secondo le condivisibili accuse avanzate nel saggio di Lem, il novantanove per cento della fantascienza è un genere di consumo mercizzato e massificato e dunque dozzinale e stereotipato. Oltre che, troppo spesso, appiattito tra due estremi: le ingenue inversioni del mondo reale e le facili invenzioni di mondi fiabeschi.
Secondo Lem, una fantascienza degna di questo nome dovrebbe, anzitutto, evitare l'esistente e l'impossibile, per concentrarsi sull'inesistente possibile: in altre parole, su mondi che vadano sí oltre la contingenza, ma non contro la scienza. Inoltre, la fantascienza dovrebbe differenziarsi dalla Letteratura alta non per la qualità letteraria, ma per il contenuto: interessandosi, cioè, delle specie invece che degli individui.
L'eccezione più sostanziosa a cui Lem si riferiva nella clausola parentetica del suo titolo era Philip Dick, da lui definito in un altro saggio "un visionario fra i ciarlatani", tanto per girare il coltello nella piaga…
continua qui

…Nelle ultime pagine della sua “memoria” Howarth, riflettendo sulla condizione umana, vede nell’empatia, nello sforzo di immedesimazione negli altri e nella compassione per l’altro solo una proiezione nella quale, come su uno schermo, “proiettiamo” una immagine vaga di noi stessi, “Siamo come lumache attaccate alla propria foglia, mi affido alla protezione della mia matematica e, quando non mi basta, ripeto tra me e me quest’ultimo brano di un poema di Swinburne
Dal troppo amore per la vita
Dalla speranza e dal timore liberati,
Rendiamo grazie brevemente agli dei
Chiunque essi siano
Perchè non c’è vita che duri per sempre;
perchè i morti non si alzano più;
Perché anche il più stanco fiume
Sfocia alla fine del mare.
Allora non ci sveglieranno né le stelle né il Sole.

al lettore 'medio' non è dato sapere se il messaggio venuto dallo spazio sia una musica delle sfere celesti, la voce 'neutrinica' di un cosmo morente, di un segno non destinato agli umani perché sottosviluppati o un derivato di un metabolismo planetario. Sottintende, forse, che nemmeno la capacità di relazionarsi con pari strumenti porta ad una chiara sistemazione dei concetti. Meglio ancora: del perché spesso la natura umana si contrappone, nell'assoluta incapacità del confronto.
Mi viene un sospetto: che La Voce del Padrone, come un'ostrica, alla fine nasconda una perla di raro valore. Ma ad essere sincero mi sento come gli studiosi del romanzo di fronte al messaggio 'alieno', alla 'lettera delle stelle': straniato, interdetto, bloccato e soprattutto incapace di arrivare ad un quid.
Chissà, forse anche colpa mia. Che non sono scienziato.

“La Voce del Padrone” non entusiasma né appassiona, perché non è scritto per quello, perché Lem è gelido nel lasciar cadere i pensieri, scientifico nel disporli e grandioso nel disegnare l’insieme, come un affresco verista.
Già, verista, nonostante scriva storie di fantascienza.
Bizzarra contraddizione, ma questo è Stanislaw Lem, può piacere o annoiare, dipende, ma se piace, è un sottile piacere intellettuale che sgorga dallo sforzo di riuscire a seguire il flusso analitico del suo narrare, rotto da lampi di estrosità creativa che appaiono improvvisi.
Lem è una sfida, non un passatempo né un maestro di vita o di favole.
da qui

4 commenti:

  1. letto davvero molto bello...

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  2. siamo almeno in due, allora:)
    se uno non trova il libro può vedere qui:
    http://forum.tntvillage.scambioetico.org/index.php?showtopic=312922

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