Non
mi piacciono le espulsioni. Perché sanno di autoritario, e perché danno a
chiunque l’assist per dire che sei debole, sei alla frutta (e Grillo di assist
ne offre continuamente). Detto questo, trovo che l’espulsione dei 4 senatori
M5S sia stata, come sempre accade con Grillo, sovradimensionata in modo
grottesco.
Il M5S si è presentato alle elezioni con un programma e delle
regole. Ora ha votato l’espulsione in assemblea e tra gli iscritti. Si può
cambiare idea, ma allora bisogna trarne le conseguenze (come hanno fatto quelli
passati al Gruppo misto). Succede. Il resto sono soltanto attacchi strumentali.
Sento tuonare contro la “mancanza di democrazia interna al M5S” autorevoli
commentatori che non hanno fatto una piega quando Berlusconi ha cacciato dal
Pdl il cofondatore Fini, o quando Renzi ha solato Letta che a sua volta aveva
solato Bersani (che alla fiera mio padre comprò): tanto loro sono veri
“democratici” e alla fine s’abbracciano. Senza contare le decine di carriere
politiche stroncate nell’ombra da congiure e congiurette di Palazzo. Ora gli
stessi che ti dicevano con il sorrisetto cinico “è la politica, bellezza” fanno
le vergini dai candidi manti e gridano al terribile dittatore. Perché è chiaro che l’unica espulsione vera è quella
che vorrebbero fare loro: Grillo e i suoi 9 milioni di fastidiosi elettori dalla
scena politica.
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