…il 18 marzo
inizierò uno sciopero della fame con cui mi ripropongo di contribuire a
scuotere il muro di silenzio sulla eutanasia, spingendo il Parlamento a
discutere la proposta di legge di iniziativa popolare sulla legalizzazione
della eutanasia su cui l’Associazione Coscioni ha raccolto quasi 70 mila firme
autenticate di cittadini.
Nello stesso giorno – alle 11,30, nella sede della Associazione in via di Torre Argentina 76 – terrò una conferenza stampa resa particolarmente importante dalla partecipazione, assieme a Mina Welby e Mario Riccio, di Chiara Rapaccini, compagna di Mario Monicelli fino alla sua morte, Luciana Castellina, per lunghi anni compagna di Lucio Magri e il figlio di Carlo Lizzani, Francesco: un “evento”, una protesta contro le leggi spietate che hanno costretto i nostri cari ad una morte atroce.
Le ragioni per le quali ritengo necessaria ed anche possibile la legalizzazione della eutanasia anche in Italia sonno molte. Ne ricordo tre:
- Non è accettabile che l’Italia resti, fra i grandi paesi europei, l’unico in cui non solo non si legalizza l’eutanasia ma nemmeno si accetta di discuterne
- In un paese in cui i veri cattolici sono una minoranza e il 60per cento dei cittadini è favorevole alla eutanasia, non è ammissibile che le forze politiche continuino a soggiacere ai diktat delle gerarchie ecclesiastiche
- Il tema non interessa più soltanto alcuni intellettuali “radical-chic” ma un numero rilevante e crescente di italiani.
Su questo punto fornirò dei dati che ritengo sconvolgenti ma che sono praticamente ignorati dalla stampa, anche quella “progressista”:
- Secondo l’ISTAT ogni anno in Italia si verificano 1.000 suicidi e oltre 1.000 tentati suicidi di malati.
- Autorevoli ricerche (la più nota, quella del 2007 dell’Istituto Mario Negri) ci dicono che ogni anno 20.000 malati terminali vedono accelerata la loro fine a seguito dell’intervento attivo dei medici: una “morte all’italiana” (per non dire, come mi sembrerebbe lecito, di eutanasia clandestina).
Siamo dunque di fronte ad una vera e propria strage degli innocenti, ignorata dai media e dagli italiani, a cui dobbiamo dire basta…
Nello stesso giorno – alle 11,30, nella sede della Associazione in via di Torre Argentina 76 – terrò una conferenza stampa resa particolarmente importante dalla partecipazione, assieme a Mina Welby e Mario Riccio, di Chiara Rapaccini, compagna di Mario Monicelli fino alla sua morte, Luciana Castellina, per lunghi anni compagna di Lucio Magri e il figlio di Carlo Lizzani, Francesco: un “evento”, una protesta contro le leggi spietate che hanno costretto i nostri cari ad una morte atroce.
Le ragioni per le quali ritengo necessaria ed anche possibile la legalizzazione della eutanasia anche in Italia sonno molte. Ne ricordo tre:
- Non è accettabile che l’Italia resti, fra i grandi paesi europei, l’unico in cui non solo non si legalizza l’eutanasia ma nemmeno si accetta di discuterne
- In un paese in cui i veri cattolici sono una minoranza e il 60per cento dei cittadini è favorevole alla eutanasia, non è ammissibile che le forze politiche continuino a soggiacere ai diktat delle gerarchie ecclesiastiche
- Il tema non interessa più soltanto alcuni intellettuali “radical-chic” ma un numero rilevante e crescente di italiani.
Su questo punto fornirò dei dati che ritengo sconvolgenti ma che sono praticamente ignorati dalla stampa, anche quella “progressista”:
- Secondo l’ISTAT ogni anno in Italia si verificano 1.000 suicidi e oltre 1.000 tentati suicidi di malati.
- Autorevoli ricerche (la più nota, quella del 2007 dell’Istituto Mario Negri) ci dicono che ogni anno 20.000 malati terminali vedono accelerata la loro fine a seguito dell’intervento attivo dei medici: una “morte all’italiana” (per non dire, come mi sembrerebbe lecito, di eutanasia clandestina).
Siamo dunque di fronte ad una vera e propria strage degli innocenti, ignorata dai media e dagli italiani, a cui dobbiamo dire basta…
…Abitualmente si
pensa che l’eutanasia risponda alle esigenze e ai desideri dei malati
terminali, per cui si tende a vedere solo o prevalentemente in loro gli “aventi
titolo” all’eutanasia. Non è così. Mario Monicelli, Lucio Magri, Carlo Lizzani
non erano “malati terminali”. Essi volevano morire perché ritenevano che la
loro vita non fosse più degna di essere vissuta. E sono certo che anche mio
fratello, che invece era malato terminale, non si è suicidato per questo.
Michele, ormai, era rassegnato a non poter ottenere l’eutanasia, di cui era
sempre stato un sostenitore, e anche ad attendere le poche settimane, se non i
pochi giorni, che lo separavano dalla morte. Una sera però, appena rientrato
dall’ospedale, ebbe un primo episodio di incontinenza. La sua badante dovette
spogliarlo, lavarlo e metterlo a letto con un pannolone. Michele era un anziano
scapolo, un uomo elegante, riservato, pudico. Non fu la malattia, ma l’idea di
dover subire ancora quella umiliazione a spingerlo ad uscire sul terrazzo e a
gettarsi nel vuoto. Perché per molti non ci può essere vita senza dignità. Lo
dice anche la nostra Costituzione, a proposito di accanimento terapeutico,
all’articolo 32: “La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal
rispetto della persona umana”…
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