mercoledì 27 dicembre 2017

Test OCSE-PISA: una storia di errori ed arroganza? - Leonardo Colletti



Le nazioni dove PISA raggiunge i valori migliori in campo scientifico (la ormai mitica Finlandia) sono anche quelle dove gli studenti si sentono meno interessati alla conoscenza scientifica. A scriverlo su Europhysicsnews è Svein Sjoberg, professore emerito di didattica della fisica formatosi come fisico nucleare e membro di commissioni didattiche di istituzioni come l’UNESCO e l’OCSE. Il quale definisce i test PISA “non un progetto educativo ma un progetto politico che deve essere interpretato come uno strumento di potere”, in potenziale conflitto con “il nostro lavoro per fare in modo che la scienza sia rilevante, contestualizzata, interessante e in grado di incentivare la curiosità dei giovani”. Infine, Sjoberg mette in rilievo il fatto che dietro a PISA ci sono comunque degli interessi commerciali, ad esempio quelli della compagnia educativa commerciale maggiore a livello mondiale, la Pearson Inc., e come le incertezze statistiche non siano sufficientemente messe in rilievo nei report PISA. Al punto che c’è chi vede in questi test  “una storia di errori ed arroganza“.  Articolo da leggere e da riflettere, per tutti ma soprattutto per chi si occupa di queste cose a livello ministeriale.

La rivista Europhysicsnews, organo d’informazione dell’European Physics Society, ospita nel numero 48/4 del 2017 un lungo articolo di Svein Sjoberg sul test PISA:
L’autore, professore emerito di didattica della fisica formatosi come fisico nucleare e membro di commissioni didattiche di istituzioni come l’UNESCO e l’OCSE esprime una critica seria e circostanziata al test PISA – strumento predisposto dall’OCSE stesso – definendolo, senza ricorrere a mezzi termini, “non un progetto educativo ma un progetto politico che deve essere interpretato come uno strumento di potere”, in potenziale conflitto con “il nostro lavoro per fare in modo che la scienza sia rilevante, contestualizzata, interessante e in grado di incentivare la curiosità dei giovani”.
Sjoberg nota come il PISA sia assurto ormai per una settantina di Paesi a dogma per l’istruzione, una “regola aurea” indiscussa dalla quale i governi ricavano immediato onore nel caso di buoni risultati o un incentivo frettoloso per riformare l’istruzione in modo superficiale e maldestro nel caso di risultati scoraggianti (“Pisa-shocks” in Norvegia, Germania, Giappone). Oltretutto, spesso a decidere tra l’appartenere a uno piuttosto che all’altro dei due gruppi sono piccole variazioni del punteggio complessivo sulla cui reale sostanza qualunque statistico nutrirebbe dei grossi dubbi.
L’obiettivo con cui PISA si presenta, dice Sjoberg, ovvero “quanto sono preparati i giovani adulti per le sfide del futuro? Sono in grado di analizzare, ragionare e comunicare le loro idee in maniera efficace? Hanno la capacità di apprendere continuamente durante la loro vita?”, se facesse parte di una proposta per un finanziamento di un gruppo di ricercatori accademici, sarebbe senz’altro giudicato una sparata irrealistica e immeritevole di appello.
Test come PISA dimenticano che obiettivo della scuola è quello di avvicinare i giovani alla scienza, mostrando i legami con il contesto culturale che hanno ereditato, possibilmente di entusiasmarli verso lo studio, fattore che può avere una importanza e una durata maggiore rispetto alle competenze misurate dal test. A questo proposito colpisce una dato che Sjoberg mette in evidenza e in cui personalmente non mi ero mai imbattuto: le nazioni dove PISA raggiunge i valori migliori in campo scientifico (la ormai mitica Finlandia) sono anche quelle dove gli studenti si sentono meno interessati alla conoscenza scientifica!
Da docente questo dato non mi stupisce: più volte ho constatato sul campo che sovente vale la pena di pagare il prezzo di essere più approssimati nell’esposizione pur di aprire orizzonti appassionanti. Così, contrariamente a diversi colleghi, di buon grado racconto ai miei studenti alcuni aspetti della relatività, delle geometrie non euclidee, della fisica nucleare e della cosmologia, certamente pure avvisandoli che si tratta di discipline altamente tecniche, che presuppongono il possesso di un linguaggio specialistico. Però in queste occasioni vedo accendersi una luce del tutto particolare nei loro occhi. Per me, questo è il primo e vero risultato utile del mio lavoro: poi, per chi di loro lo vorrà, ci penserà l’università a specificare, limare, mettere i puntini sulle i.
Infine, Sjoberg mette in rilievo il fatto che dietro a PISA ci sono comunque degli interessi commerciali, ad esempio quelli della compagnia educativa commerciale maggiore a livello mondiale, la Pearson Inc., e come le incertezze statistiche non siano sufficientemente messe in rilievo nei report PISA.
Articolo da leggere e da riflettere, per tutti ma soprattutto per chi si occupa di queste cose a livello ministeriale. Dopotutto, il primo comandamento della scienza è pur sempre quello che ci ammonisce di imparare dagli errori e di rivedere le nostre teorie alla luce degli insuccessi (o anche dei successi solo parziali).
da qui

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