mercoledì 21 aprile 2021

Libia, bel suol d'amore

 

Salvataggi - Alessandra Ballerini


In molti non riusciamo a darci pace. Le parole, dovrebbero avere sempre precisione e peso. Soprattutto alcune, che sono sacre. La parola “salvataggio” è una di queste. Per ringraziare “dei dittatori di cui si ha bisogno per collaborare” se ne dovrebbero scegliere altre.

Si può ringraziare, appunto, per la collaborazione, ma non per i salvataggi. Il salvataggio è un dovere giuridico, una responsabilità, un principio, una speranza. Non può essere sciupato per ingraziarsi chi quel dogma viola costantemente. Bisognerebbe leggere a chiunque creda o solamente dica che la Libia fa salvataggi, quanto precisamente descritto dal Tribunale di Messina che ha punito i torturatori di

“centinaia di migranti che venivano privati della libertà personale e sottoposti a sistematiche vessazioni e atrocità al fine di ottenere dai loro congiunti il versamento di somme di denaro, ovvero, in assenza del pagamento, venivano alienati ad altri trafficanti di uomini per il loro sfruttamento sessuale o lavorativo o talora uccisi…. sottoposti a reiterate costanti violenze fisiche consistenti in sistematiche percosse con bastoni, calci dei fucili, tubi di gomma, frustate e somministrazione di scariche elettriche, ripetute minacce gravi poste in essere con l’uso delle armi o picchiando brutalmente altri migranti quale gesto dimostrativo, accompagnate dalla mancata fornitura di beni di prima necessità quali l’acqua potabile, e di cure mediche per le malattie contratte o le gravi lesioni riportate in stato di prigionia, acute sofferenze fisiche e traumi psichici e un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona… sottoposti a sevizie fino a giungere alla perpetuazione di veri e propri atti di tortura talvolta culminati in omicidi ciò al fine di lucrare sulla condizione di disperazione in cui i prigionieri versavano costringendo i loro familiari a pagare consistenti somme di denaro quale prezzo della loro liberazione, quanti non riuscivano ad assecondare i desiderata della dell’associazione finivano per essere trucidati o venduti ad altri trafficanti di esseri umani”.

Questa la sorte per chi transita dalla Libia o verso la Libia viene riportato dalla guardia costiera di quel Paese. Nessun salvataggio. Nessuna salvezza. Lo sanno bene i profughi che da quelle “atrocità” scappano e che quando capiscono che potrebbero essere rinviati in Libia supplicano di essere uccisi piuttosto che precipitare di nuovo in quell’orrore. Così quando è capitato che alcuni di loro si ribellassero contro l’equipaggio della nave italiana che dopo averli intercettati in mare, lungi dal “salvarli” li stava conducendo in Libia, il Tribunale li ha assolti riconoscendo l’esimente della legittima difesa e ribadendo che le convenzioni del mare impongono “un obbligo di salvataggio in mare della vita umana, che comporta il dovere di individuazione di un porto sicuro dove sbarcare le persone… e non consentono affatto il rimpatrio in Libia dei migranti soccorsi”.

Chi, come noi, ha visto i loro corpi, ustionati, oltraggiati, percossi, mutilati sa bene che la Libia non è e non pratica “salvataggio” e sa che non si possono stringere le mani sporche di sangue di dittatori e generali e credere di riuscire a mantenere pulite le proprie

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Nel centro di detenzione si sparaStefano Bleggi


 

Un morto e due feriti, è il bilancio di una sparatoria avvenuta giovedì 8 aprile in un centro di detenzione a Tripoli. Sul posto è intervenuto un team di Medici Senza Frontiere che ha prestato i primi soccorsi.

«Due adolescenti di 17 e 18 anni con ferite da arma da fuoco sono stati trasferiti per cure mediche urgenti da un nostro team», rende noto MSF illustrando i motivi della sparatoria. «La notte dell’incidente c’erano tensioni crescenti nel sovraffollato centro di Al-Mabani, che sono culminati in scontri a fuoco indiscriminati nelle celle dove sono detenuti migranti e rifugiati».

Le violenze, riferisce il giornalista Nello Scavo su Avvenire, sarebbero avvenute per “tenere sotto controllo” i migranti appena intercettati e catturati dalla cosiddetta guardia costiera libica che li aveva condotti in un centro di detenzione, quelli che l’ex ministro dell’interno Minniti in un suo commento uscito ieri su Repubblica continua a nominare come “centri di accoglienza“.

Secondo le équipe mediche di MSF, le tensioni all’interno dei centri di detenzione in Libia sono aumentate e le condizioni di trattenimento di donne, bambini e minori non accompagnati sono deplorevoli.

I centri sono diventati sempre più sovraffollati da inizio febbraio, quando è aumentato il numero delle persone migranti in fuga dalla Libia intercettati in mare dalla cosiddetta Guardia costiera libica, finanziata dall’UE e nuovamente dal governo italiano.
Secondo l’inchiesta di 
Duccio Facchini, direttore di Altreconomia, «tra la fine del 2020 e i primi tre mesi del 2021, i soli appalti in capo al Centro navale della Guardia di Finanza sono stati oltre 50 per un valore complessivo di circa sette milioni di euro (da aggiudicare o in via di imminente aggiudicazione)». L’ultimo risale al febbraio 2021 e riguarda la manutenzione straordinaria da parte del nostro Paese di due motovedette cedute a Tripoli “nell’ambito del protocollo di cooperazione Italia-Libia”, meglio noto come “memorandum Italia-Libia“.

L’Italia dalla firma di quell’infame accordo di quattro anni fa, in totale continuità con l’approccio europeo di esternalizzazione del controllo delle frontiere, ha speso la cifra record di 785 milioni euro per bloccare i flussi migratori in Libia e finanziare le missioni navali italiane ed europee [1]. Dal 2017 sono 50mila le persone intercettate e respinte, di cui 12mila solo nel 2020.

Da inizio anno le persone catturate e riportate nei centri sono quasi 6.000. «Nella prima settimana di febbraio – conferma MSF – il numero delle persone detenute a Al-Mabani è passato da 300 a 1.000 in pochi giorni. Il centro ospita attualmente circa 1.500 persone».

Le condizioni di reclusione sono ignobili, ma evidentemente non così importanti per Draghi che ha elogiato i libici per il lavoro svolto, sorvolando sulle violenze e le violazioni dei diritti umani.
L’equipe medica che ha visitato le persone recluse ad Al-Mabani denuncia che «hanno poca luce naturale e poca areazione, cibo e acqua potabile sono insufficienti e mancano strutture igieniche. Il forte sovraffollamento, fino a tre persone per metro quadrato, spesso non lascia spazio nemmeno per sdraiarsi. Malattie infettive come scabbia e tubercolosi sono diffuse. Il distanziamento fisico è impossibile».

L’uso della forza fisica da parte dei sorveglianti libici è all’ordine del giorno tanto che nel mese di febbraio, i medici di MSF hanno curato 36 persone per fratture, traumi contusivi, abrasioni, lesioni agli occhi, ferite da arma da fuoco e debolezza degli arti in vari centri di detenzione; 15 di questi pazienti sono stati trasferiti in ospedale per ulteriori cure. «Le ferite erano recenti, a dimostrazione che sono state provocate all’interno dei centri di detenzione».

MSF ribadisce la sua richiesta di porre fine alla detenzione arbitraria in Libia e chiede il rilascio immediato di tutte le persone attualmente trattenute nei centri a cui va garantita una sistemazione sicura e l’accesso ai servizi di base.

Ma fino a quando si continuerà a considerare la Libia un enorme paese prigione da finanziare per bloccare i flussi migratori e l’accordo Italia-Libia non sarà stralciato, difficilmente si assisterà ad un miglioramento della situazione. Le proposte ci sono, tuttavia non si intravvede nel governo Draghi nemmeno un minimo segnale di discontinuità dai precedenti.

Note

[1] Accordo Italia-Libia: quattro anni di torture, abusi e violazioni dei diritti umani https://www.meltingpot.org/Accordo-Italia-Libia-quattro-anni-di-torture-abusi-e.html#.YHFqixLOM1k

Fonte: Melting Pot Europa

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