sabato 16 ottobre 2021

La Gran Bretagna sta assicurando la morte di un unico Stato palestinese - Ilan Pappé

 

 

Fino a quando la Gran Bretagna e altri Stati continueranno ad appoggiare un’infattibile soluzione a due Stati, Israele si affermerà come uno Stato di apartheid in piena regola con la benedizione internazionale.

 

 

La Gran Bretagna oggi è un attore secondario sulla scena internazionale e la sua capacità di influenzare il cosiddetto processo di pace in Israele e Palestina è limitata. Non può essere considerato un contributo significativo agli sforzi per trovare una soluzione alla continua colonizzazione e occupazione della Palestina da parte di Israele.

Eppure la Gran Bretagna ha un’enorme responsabilità storica per la situazione del popolo palestinese e condivide l’intera colpa occidentale per l’attuale realtà nei territori occupati.

Nel 1917, dopo la cosiddetta Dichiarazione Balfour, la Gran Bretagna permise al movimento coloniale del sionismo di avviare un progetto di costruzione dello Stato in Palestina. Durante il suo successivo governo come potenza “mandataria”, il Regno Unito fornì assistenza alla piccola comunità di coloni ebrei per costruire le infrastrutture del loro futuro Stato, pur essendo consapevole che la popolazione nativa della Palestina, che nel 1917 era il 90% del totale, respingeva questa prospettiva.

Il sostegno venne dato mentre molti funzionari britannici sul campo erano consapevoli del desiderio sionista di prendere quanta più Palestina possibile, con il minor numero di palestinesi.

Poi arrivò la Nakba (catastrofe), la pulizia etnica sionista della Palestina nel 1948, quando i funzionari e gli ufficiali britannici responsabili della legge e dell’ordine  guardarono passivamente mentre Israele espelleva metà della popolazione palestinese, distruggeva metà dei suoi villaggi e demoliva la maggior parte del suo spazio urbano.

Ciascuno dei capitoli di questa storia avrebbe dovuto infondere dei sentimenti di colpa e di responsabilità nell’istitutivo britannico, ma non è stato così.

Per esempio, la politica vergognosa della Gran Bretagna non le ha impedito di unirsi a Israele nel tentativo di rovesciare il leader arabo più filo-palestinese, il Presidente egiziano Gamal Abdul Nasser, nel 1956.

E mentre la Gran Bretagna era co-autrice della risoluzione 242 delle Nazioni Unite, che avrebbe potuto portare a un completo ritiro israeliano dalla Cisgiordania e dalla Striscia di Gaza nel 1967, come membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha fatto ben poco per insistere sulla sua attuazione

 

Abusi quotidiani

Poi arrivarono anni di abusi sistematici e quotidiani dei fondamentali diritti civili e umani dei palestinesi. Il consolato britannico a Gerusalemme Est e la legazione britannica a Ramallah in Cisgiordania, hanno ospitato nel corso degli anni diplomatici rispettabili, alcuni dei quali ho conosciuto personalmente.

Ma i loro rapporti sono stati scaricati e lasciati nei meandri della memoria amnesica di Whitehall. Un giorno un ricercatore che indagherà su questi rapporti dimenticati sarà in grado di compilare un diario rivelatore dell’occupazione e dei suoi mali.

Mentre era ancora membro dell’Unione Europea (UE), la Gran Bretagna seguì diligentemente le politiche UE di non difendere seriamente i palestinesi e la loro situazione.

Ci fu una condanna britannica più forte durante i brutali attacchi israeliani alla Striscia di Gaza nel 2012 e 2014, ma a queste proteste non  seguirono azioni significative.

Il Regno Unito, insieme a Francia e Germania, ha condotto una politica dell’Unione Europea che ha condannato qua e là le violazioni dei diritti umani israeliane nei territori occupati. Più significativamente, si è mossa per contrassegnare le merci come provenienti dagli insediamenti ebraici illegali, una politica che ha permesso ai consumatori europei coscienziosi di boicottare i prodotti che i loro governi rifiutavano.

Ma tutto sommato, la politica ha continuato a fornire uno scudo di immunità per le azioni commesse da Israele.

Un momento potenzialmente simbolico è arrivato il 2 novembre 2017, nel centenario della Dichiarazione Balfour. Poteva essere un momento per la Gran Bretagna di fare ammenda, ma non lo fu.

Invece, il governo di Theresa May celebrò  con il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu l’anniversario del giorno in cui il Regno Unito aveva dato carta bianca al movimento sionista per colonizzare la Palestina.

C’è uno schema della politica britannica che può essere identificato oggi come poteva esserlo nel 1948: il personale sul campo  osserva e segnala la distruzione della vita palestinese e gli aspetti dell’apartheid di Israele mentre i politici britannici rimangono fedeli alla descrizione di Israele come l’unica democrazia del Medio Oriente.

Come i precedenti governi del Regno Unito, la Gran Bretagna istituzionale si è bloccata quando c’era bisogno che esprimesse posizioni chiare su questioni chiave come il riconoscimento della Palestina e le indagini della Corte Penale Internazionale (CPI) sui crimini commessi nei territori occupati.

Alla richiesta di chiarimenti sulla questione dello Stato palestinese, nel febbraio di quest’anno l’allora Ministro degli Esteri Dominic Raab ha inviato una lettera al Progetto Balfour, che monitora la posizione passata e attuale della Gran Bretagna nei confronti della Palestina. Ha ribadito una vecchia posizione: “Il governo britannico riconoscerà uno Stato palestinese nel momento in cui servirà al meglio l’obiettivo della pace”.

Non credo che questo abbia bisogno di molte elaborazioni o interpretazioni. È una rivisitazione di una vecchia posizione israeliana sostenente che le violazioni israeliane dei diritti palestinesi cesseranno una volta raggiunta la “pace”, mentre Israele non fa alcuno sforzo concreto per porre fine all’occupazione e alla colonizzazione.

 

Realtà dei fatti

Ma c’è una questione più profonda presente. Come l’Unione Europea, la Gran Bretagna fa parte di un consorzio occidentale che sostiene di aiutare i palestinesi a costruire uno Stato proprio. Ciò deriva dal dichiarato sostegno britannico ed europeo alla soluzione dei “due Stati”: uno Stato palestinese fianco a fianco con Israele.

Ma il governo britannico sa fin troppo bene che ogni giorno che passa la politica unilaterale israeliana stabilisce una nuova realtà nei territori occupati, in particolare, gli insediamenti, che rendono impossibile una Palestina indipendente.

Tuttavia, la Gran Bretagna utilizza ancora l’argomentazione della soluzione a due Stati, nonostante il fatto che Israele abbia già ucciso l’idea e cerchi di creare di fatto una Grande Israele.

Inoltre, non si stanno facendo passi concreti contro le conseguenze più immediate di questa politica unilaterale, che includono la pulizia etnica dei palestinesi nell’Area C controllata da Israele in Cisgiordania (quasi il 60%) e nella Grande Gerusalemme, così come il continuo e disumano assedio della Striscia di Gaza.

La stessa ipocrisia si rivela nella politica britannica nei confronti della CPI. Boris Johnson ha recentemente confermato che il governo del Regno Unito si oppone alle indagini della Corte Penale Internazionale sui crimini di guerra israeliani nei territori occupati. Ha detto che il governo del Regno Unito “non accetta che la CPI abbia giurisdizione in questo caso” in parte perché “la Palestina non è uno Stato sovrano”.

Il Ministro degli Esteri di Johnson, James Cleverly, ha confermato la posizione in parlamento la scorsa settimana. Ha detto che il motivo per cui il Regno Unito si oppone a un’indagine della CPI è perché “il Regno Unito attualmente non riconosce lo Stato palestinese”.

La posizione della Gran Bretagna sulla soluzione a due Stati non è interamente colpa sua. Finché l’Autorità Palestinese stessa non la sostiene, non ci si può aspettare che la Gran Bretagna la sostenga.

Ma è importante riconoscere che il corpo di questa “soluzione” è rimasto all’obitorio per un bel po’ di tempo, ma nessuno osa fare un funerale.

La sua morte significa che mentre paesi come la Gran Bretagna continuano ad appoggiare apparentemente la soluzione a due Stati, Israele si sta affermando come uno Stato di apartheid in piena regola, con la benedizione internazionale.

 

Politica interna ed estera

Implicitamente, l’assistenza del Regno Unito a Israele nel continuare la sua politica di espropriazione è assicurata attraverso la politica interna in cui la lobby israeliana ha lanciato con successo un assalto alla libertà di pensiero sulla questione. La demonizzazione dell’ex leader laburista Jeremy Corbyn e la falsa accusa di antisemitismo istituzionale nel Partito Laburista, ne facevano parte.

L’adozione da parte del governo del Regno Unito della controversa definizione di antisemitismo dell’Alleanza Internazionale per la Memoria dell’Olocausto (International Holocaust Remembrance Alliance – IHRA) indica che le politiche nazionali britanniche non possono essere dissociate dalla politica estera nei confronti di Israele e della Palestina.

Nella sua forma attuale, questa definizione non consente alcuna critica seria allo Stato di Israele e alle sue politiche nei confronti dei palestinesi. Impedisce alla società civile di svolgere un ruolo significativo nella definizione della politica estera del Regno Unito sulla questione.

Sia il segretario della Comunità Robert Jenrick che il segretario all’Istruzione Gavin Williamson,hanno minacciato lo scorso anno di ritirare i finanziamenti governativi dalle università che non adottavano la definizione dell’IHRA.

Questa strumentalizzazione della questione mira a mettere a tacere la discussione aperta sulla Palestina nelle università e deve essere vista come parte della politica generale britannica nei confronti di Israele e Palestina.

Un sostegno più diretto a Israele passa attraverso l’esercito britannico. Lo scorso dicembre, Gran Bretagna e Israele hanno firmato un accordo di cooperazione militare. Dal 2018 il Ministero della Difesa del Regno Unito ha acquistato attrezzature militari per un valore di 46 milioni di sterline (54 milioni di euro) dalla società di armi israeliana Elbit.

Anche le truppe britanniche sono presenti in Israele, certamente in numero ridotto, ma offrono servizi di addestramento alle Forze di Difesa Israeliane.

La Gran Bretagna ha svolto un ruolo cruciale nella catastrofe che ha colpito il popolo palestinese nel 1948, e in seguito ha continuato le politiche che ignoravano i diritti dei palestinesi e le aspirazioni fondamentali per una vita normale nella loro patria.

In questo secolo, la Gran Bretagna ha fatto parte di una costante politica europea che garantisce l’immunità per le azioni compiute da Israele. Questa posizione non riflette il senso di responsabilità della società civile britannica nei confronti del passato e la preoccupazione per la violazione sistematica da parte di Israele dei diritti civili e umani dei palestinesi. Il governo del Regno Unito ha urgente bisogno di riorientare una politica vecchia, faziosa e immorale verso un popolo e una terra che stanno vivendo una “nuova Nakba”.

 

lan Pappé è professore di storia e direttore del Centro Europeo per gli Studi Sulla Palestina presso l’Università di Exeter nel Regno Unito. È autore di numerosi libri e articoli su Israele e Palestina, tra cui “The Ethnic Cleansing of Palestine” (La Pulizia Etnica Della Palestina 2006).

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

 

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