“Venerdì 14 giugno pomeriggio, papa Francesco ha fatto il viaggio a
Borgo Egnazia, stazione balneare della Puglia in Italia, per partecipare al
vertice del G7… – scrive l’Agenzia vaticana Zenit – Una prima storica poiché
nessun papa aveva finora partecipato al G7″. Difficile dire quanto di
vangelo c’è in questa presenza e quanto di diplomazia vaticana che,
com’è noto, appare tra le più rodate e lungimiranti. Ciò che nondimeno stupisce
è anzitutto il fatto stesso che il papa, rappresentante della Chiesa Cattolica,
sia stato invitato a questo tipo di vertice che mette assieme alcuni tra i
“potenti” della politica e dell’economia del mondo.
L’invito del papa, per motivi che non è poi difficile discernere, è già un
segno e un messaggio la cui tragica scelta non potrà non lasciare tracce nel
presente e il futuro del papato e della Chiesa stessa. Essere invitati
al vertice di alcuni tra i Paesi più ricchi e potenti del globo significa dare
sufficienti “garanzie” al sistema perché esso possa perpetuarsi o
quantomeno continuare a legittimarsi. Aver accettato l’invito ( o allora la
proposta è giunta dal vaticano e accolta dalle diplomazie del vertice), come il
papa ha fatto, non è che l’ennesimo e patetico tentativo di
accompagnare, da “cappellano di corte”, il sistema attuale che, come
il capitalismo di cui è l’espressione, è nato e cresciuto senza cuore. Non
dovremmo dimenticare che i membri di questo vertice sono corresponsabili o
sostenitori della produzione, vendita e uso di armi in zone di guerra. Si
tratta dunque di persone che hanno le mani macchiate di sangue.
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D’altra parte sembra tipico di questo insondabile e ambiguo pontificato
giocare su tutti i fronti con la stessa spudorata disinvoltura. Incontrare e
valorizzare i movimenti sociali. Assumere i poveri come elemento trasformatore
del sistema (secondo le lezioni latinoamericane ben assimilate). Proteggere i
migranti nella loro ricerca di futuro e parlare di “periferie” dalle quali
dovrebbe sgorgare un mondo nuovo e una Chiesa che ascolta. Questo e molto altro
all’ordine del giorno, senza dimenticare le innumerevoli volte nelle quali è
stato necessario precisare, rettificare, contraddire quanto affermato il giorno
precedente in uno dei tanti discorsi letti o improvvisati. Allo stesso tempo,
lo stesso pontefice (vero ponte tra sponde diverse) accompagna e celebra
un’alleanza vaticana col “capitalismo inclusivo” che vede tra i suoi membri e promotori
i più quotati magnati del capitalismo globalizzato. Con la manipolata crisi del
Covid poi, l’attuale papa, ha toccato quanto di peggio ci si sarebbe potuto
attendere da un qualunque politico da strapazzo. L’obbligazione per tutto il
personale dello Stato Vaticano alla vaccinazione pena il licenziamento in
tronco, il fermo invito fatto ai fedeli cristiani di vaccinarsi ‘come gesto
d’amore’ e gli incontri più o meno ‘segreti’ con boss dell’industria delle
vaccinazioni, Bourla. Malgrado i danni occasionati e accertati, l’aumento della
mortalità nei Paesi che più hanno somministrato i vaccini, non è mai sfuggita
al papa una sola parola di attenzione per quanti hanno sofferto a causa delle
suo fermo invito a vaccinarsi e tantomeno la richiesta ufficiale di perdono per
essersi sbagliato di bersaglio. Mai ha domandato venia per la mancanza di
rispetto dei diritti dei dipendenti che avrebbero potuto scegliere o meno di
vaccinarsi in tutta libertà di coscienza come i documenti della Chiesa e della
medicina ufficiale sottolineano da tempo.
La parvenza “democratica” di questo papato è poi contraddetta da
protagonismi nella vita pubblica quotidiana che si esibisce in modo asfissiante
fino a domandarsi se esiste ancora una conferenza episcopale italiana degna di questo
nome. Dappertutto e su ogni tema ci si aspetta una parola, un’allusione e
soprattutto una conferma. Persino nelle trasmissioni televisive seguite da
largo pubblico dove si ha il diritto e il piacere di ascoltare quanto papa
Bergoglio afferma, sostiene, propone e soprattutto allude.
E, infine, la partecipazione anche fisica al vertice del G7 che ha
annoverato altri invitati di marca, ma non la Russia e la Cina ad esempio.
Invitato, accolto e infine assimilato ai potenti, tra coloro che hanno diritto
di presenza, ascolto e udienza. Per parlare dell’intelligenza artificiale di
cui, sembra, il vaticano ha assunto un ruolo non trascurabile e naturalmente
apprezzato. Una Chiesa segno di contraddizione per gli imperi di oggi
sembra essere passata di moda. Accomodarsi accanto al potere di turno
e allo stesso tempo prendere le difese dei poveri desta sospetto
sull’autenticità e sincerità di chi gioca a dare spettacolo per il pubblico.
Al vertice citato nessun povero è stato invitato. In un non lontano
passato, ad esempio il G8 di Genova, si presentava come un vanto del summit
quello di invitare persone di alcuni Paesi che aiutassero a non dimenticare che
c’è anche e soprattutto un altro mondo. Quello a cui spesso il papa allude e
che diventa visibile nelle guerre, le migrazioni e le terre rare… da sfruttare
per motivi ecologici ben ricordati dall’ultima esortazione, al soldo anch’essa
di una sola versione del mondo.
La presenza del papa tra i “grandi” del sistema addolora, preoccupa e fa vergognare
chi pensava che scegliere i poveri e la loro strada non fosse per farsi strada
tra i potenti per diventarne il “cappellano” e in definitiva il garante. Si
tratta dell’esibizione di un tradimento nell’usare i volti e il silenzio dei
poveri per poi accomodarsi alla mensa dei ricchi e dei potenti.
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