venerdì 26 luglio 2024

I 10 principi per la pace perpetua nel XXI secolo - Jeffrey Sachs

 Le strutture basate sulle Nazioni Unite sono fragili e hanno bisogno di un aggiornamento urgente; dovremmo prendere in considerazione questo aspetto al Vertice del futuro delle Nazioni Unite di settembre.

 

L'anno prossimo ricorrerà il 230° anniversario del celebre saggio di Immanuel Kant sulla “Pace perpetua” (1795), nel quale il grande filosofo tedesco propose una serie di principi guida per raggiungere la pace tra le nazioni del suo tempo. Alle prese con un mondo in conflitto e con il rischio terribile dell'Armageddon nucleare, dovremmo applicare l'approccio kantiano al nostro tempo e proporre una serie di principi aggiornati per la pace perpetua al Vertice Onu del Futuro che si terrà a settembre.

Kant era pienamente consapevole che le sue proposte avrebbero incontrato lo scetticismo dei politici “pratici”:  


Il politico pratico assume l'atteggiamento di guardare con grande autocompiacimento al teorico politico come a un pedante le cui idee vuote non minacciano in alcun modo la sicurezza dello Stato, in quanto lo Stato deve procedere su principi empirici; così al teorico è permesso di giocare il suo gioco senza interferenze da parte dello statista che sa come va il mondo.

 

Tuttavia, come ha notato lo storico Mark Mazower nel suo magistrale resoconto sulla governance globale, quello di Kant è stato un “testo che ha influenzato in modo costante generazioni di pensatori sul governo mondiale fino ai nostri giorni”, contribuendo a gettare le basi per le Nazioni Unite e il diritto internazionale sui diritti umani, la pratica di guerra e il controllo degli armamenti.

Le proposte principali di Kant erano incentrate su tre idee. In primo luogo, il diniego degli eserciti permanenti, che “minacciano incessantemente gli altri Stati con il loro apparire in ogni momento pronti alla guerra”. In questo modo, Kant ha anticipato di un secolo e mezzo il famoso avvertimento del Presidente degli Stati Uniti Dwight D. Eisenhower sui pericoli di un complesso militare-industriale. In secondo luogo, Kant chiedeva di non interferire negli affari interni di altre nazioni. Da questo punto di vista, il filosofo tedesco anticipava la condanna di quelle operazioni segrete che gli Stati Uniti hanno usato senza sosta per rovesciare governi stranieri. In terzo luogo, Kant chiedeva una “federazione di Stati liberi”, che nel nostro tempo è diventata l'ONU, una “federazione” di 193 Stati che si impegnano a operare secondo la Carta delle Nazioni Unite.

Kant riponeva grandi speranze nel repubblicanesimo, in contrapposizione al governo di una sola persona, come freno alla creazione di guerre. Il filosofo Tedesco, infatti, ragionava sul fatto che un singolo governante avrebbe ceduto facilmente alla tentazione della guerra:

 

... una dichiarazione di guerra è la cosa più facile del mondo da decidere, perché la guerra non richiede al sovrano, che è il proprietario e non un membro dello Stato, il minimo sacrificio dei piaceri della sua tavola, della caccia, delle sue case di campagna, delle sue funzioni di corte e simili. Può quindi decidere di fare la guerra come una festa di piacere per i motivi più banali, e lasciare con perfetta indifferenza la giustificazione che la decenza richiede al corpo diplomatico che è sempre pronto a fornirla.

 

Al contrario, secondo Kant:

 

... se per decidere di dichiarare la guerra è necessario il consenso dei cittadini (e in questa costituzione [repubblicana] non può che essere così), non c'è nulla di più naturale che essi siano molto cauti nell'iniziare un gioco così povero, decretando per sé tutte le calamità della guerra.

 

Kant era troppo ottimista sulla capacità dell'opinione pubblica di limitare la guerra. Sia la repubblica ateniese che quella romana erano notoriamente bellicose. La Gran Bretagna è stata la principale democrazia del XIX secolo, ma forse la potenza più guerrafondaia. Per decenni, gli Stati Uniti si sono impegnati in guerre senza sosta e in rovesciamenti violenti di governi stranieri.

Ci sono almeno tre ragioni per cui Kant si è sbagliato. In primo luogo, anche nelle democrazie, la scelta di scatenare guerre spetta quasi sempre a un piccolo gruppo elitario, di fatto largamente isolato dall'opinione pubblica. In secondo luogo, e altrettanto importante, l'opinione pubblica è relativamente facile da manipolare attraverso la propaganda che riesce a portare le masse a sostenere il conflitto. In terzo luogo, l'opinione pubblica può essere isolata nel breve periodo dagli alti costi della guerra, finanziando la guerra con il debito piuttosto che con le tasse, e affidandosi ad appaltatori, a reclute pagate e mercenari piuttosto che alla coscrizione.

Le idee fondamentali di Kant sulla pace perpetua hanno contribuito a portare il mondo verso il diritto internazionale, i diritti umani e la condotta dignitosa in guerra (come le Convenzioni di Ginevra) nel XX secolo. Tuttavia, nonostante le innovazioni nelle istituzioni globali, il mondo rimane terribilmente lontano dalla pace. Secondo il Doomsday Clock del Bulletin of Atomic Scientists, mancano solo 90 secondi alla mezzanotte: siamo più vicini alla guerra nucleare che in qualsiasi altro momento dall'introduzione dell'orologio nel 1947.

L'apparato globale delle Nazioni Unite e il diritto internazionale hanno probabilmente impedito una terza guerra mondiale fino ad oggi. Il Segretario generale dell'ONU U Thant, ad esempio, ha svolto un ruolo fondamentale nella risoluzione pacifica della crisi dei missili di Cuba del 1962. Tuttavia, le strutture delle Nazioni Unite sono fragili e necessitano, con urgenza, di essere riformate.

A tal fine, invito a formulare e adottare una nuova serie di principi basati su quattro realtà geopolitiche chiave del nostro tempo.

In primo luogo, viviamo con la spada di Damocle nucleare sopra le nostre teste. Il Presidente John F. Kennedy lo disse in modo eloquente 60 anni fa nel suo famoso discorso sulla pace, quando dichiarò:

Parlo di pace a causa del nuovo volto della guerra. La guerra totale non ha senso in un'epoca in cui le grandi potenze possono mantenere grandi forze nucleari relativamente invulnerabili e rifiutarsi di arrendersi senza ricorrere a tali forze. Non ha senso in un'epoca in cui una sola arma nucleare contiene quasi 10 volte la forza esplosiva erogata da tutte le forze aeree alleate nella Seconda guerra mondiale.

 

In secondo luogo, siamo arrivati a un vero multipolarismo. Per la prima volta dal XIX secolo, l'Asia ha superato l'Occidente in termini di produzione economica. Abbiamo superato da tempo l'era della Guerra Fredda in cui dominavano gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica, o il “momento unipolare” rivendicato dagli Stati Uniti dopo la scomparsa dell'Unione Sovietica nel 1991. Oggi gli Stati Uniti sono una delle diverse superpotenze, tra le quali annoveriamo Russia, Cina e India, oltre a diverse potenze regionali (tra cui Iran, Pakistan e Corea del Nord). Gli Stati Uniti e i loro alleati non possono imporre unilateralmente la loro volontà in Ucraina, in Medio Oriente o nella regione indopacifica. Gli Stati Uniti devono imparare a cooperare con le altre potenze.

In terzo luogo, oggi disponiamo di un insieme storicamente senza precedenti di istituzioni internazionali per la formulazione e l'adozione di obiettivi globali (ad esempio, in materia di clima, sviluppo sostenibile e disarmo nucleare), per l'applicazione del diritto internazionale e per l'espressione della volontà della comunità globale (ad esempio, nell'Assemblea generale e nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite). Certo, queste istituzioni internazionali sono ancora deboli quando le grandi potenze scelgono di ignorarle, ma offrono strumenti preziosi per costruire una vera federazione di nazioni nel senso kantiano del termine.

In quarto luogo, il destino dell'umanità è più strettamente interconnesso che mai. I beni pubblici globali - sviluppo sostenibile, disarmo nucleare, protezione della biodiversità della Terra, prevenzione della guerra, prevenzione e controllo delle pandemie - sono molto più centrali per il nostro destino comune che in qualsiasi altro momento della storia umana. Anche in questo caso, possiamo ricorrere alla saggezza di JFK, che vale oggi come allora:

 

Non siamo ciechi di fronte alle nostre differenze, ma concentriamoci anche sui nostri interessi comuni e sui mezzi con cui queste differenze possono essere risolte. E se non possiamo porre fine alle nostre differenze, almeno possiamo contribuire a rendere il mondo sicuro per la diversità. Perché, in ultima analisi, il nostro legame comune più fondamentale è che tutti noi abitiamo questo piccolo pianeta. Respiriamo tutti la stessa aria. Abbiamo tutti a cuore il futuro dei nostri figli. E siamo tutti mortali.

 

Quali principi dovremmo adottare nel nostro tempo per contribuire alla pace perpetua?  

Propongo 10 principi per la pace perpetua nel XXI secolo e invito gli altri a rivedere, modificare o creare il proprio elenco.

I primi cinque principi sono i Principi di coesistenza pacifica proposti dalla Cina 70 anni fa e successivamente adottati dai Paesi non allineati. Questi sono:

 

  1. Rispetto reciproco dell'integrità territoriale e la sovranità di tutte le nazioni;
  2. Non aggressione reciproca;
  3. Non interferenza reciproca di tutte le nazioni negli affari interni di altre nazioni (ad esempio attraverso guerre di scelta, operazioni di cambio di regime o sanzioni unilaterali);
  4. Uguaglianza e vantaggi reciproci nelle interazioni tra le nazioni.
  5. Coesistenza pacifica di tutte le nazioni.

 

Per attuare questi cinque principi fondamentali, ne raccomando altri cinque che richiedono azioni specifiche:

 

  1. La chiusura delle basi militari all'estero, di cui gli Stati Uniti e il Regno Unito ne hanno di gran lunga il maggior numero.
  2. La fine delle operazioni segrete di cambio di regime e delle misure economiche coercitive unilaterali, che sono gravi violazioni del principio di non interferenza negli affari interni di altre nazioni. (La politologa Lindsey O'Rourke ha documentato attentamente 64 operazioni segrete di cambio di regime da parte degli Stati Uniti nel periodo 1947-1969 e la pervasiva destabilizzazione causata da tali operazioni).
  3. Adesione di tutte le potenze nucleari (Stati Uniti, Russia, Cina, Regno Unito, Francia, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord) all'articolo VI del Trattato di non proliferazione nucleare“Tutte le Parti devono perseguire negoziati in buona fede su misure efficaci relative alla cessazione della corsa agli armamenti nucleari e al disarmo nucleare, e su un trattato sul disarmo generale e completo sotto un rigoroso ed efficace controllo internazionale”.
  4. L'impegno di tutti i Paesi “a non rafforzare la propria sicurezza a scapito della sicurezza di altri Paesi” (come da Carta dell'OSCE). Gli Stati non stringeranno alleanze militari che minaccino i loro vicini e si impegneranno a risolvere le controversie attraverso negoziati pacifici e accordi di sicurezza sostenuti dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
  5. L'impegno di tutte le nazioni a cooperare nella protezione dei beni comuni globali e nella fornitura di beni pubblici globali, compreso l'adempimento dell'accordo di Parigi sul clima, gli Obiettivi di sviluppo sostenibile e la riforma delle istituzioni delle Nazioni Unite.

 

 

Gli attuali scontri tra grandi potenze, in particolare i conflitti degli Stati Uniti con la Russia, la Cina, l'Iran e la Corea del Nord, sono in gran parte dovuti al continuo perseguimento dell'unipolarismo da parte dell'America attraverso operazioni di cambio di regime, guerre di scelta, sanzioni coercitive unilaterali e la rete globale di basi e alleanze militari statunitensi. I 10 principi sopra elencati contribuirebbero a portare il mondo verso un multilateralismo pacifico governato dalla Carta delle Nazioni Unite e dallo Stato di diritto internazionale.

 

(Traduzione de l'AntiDiplomatico)

Fonte: https://www.commondreams.org/opinion/10-principles-peace-21st-century

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