Ieri la Corte Internazionale di Giustizia ha emesso, in inglese e francese un parere intitolato “Conseguenze legali derivanti dalle politiche e dalle pratiche di Israele nel territorio palestinese occupato, compresa Gerusalemme Est”, parere richiesto dall’ONU.
Si tratta di un documento di 83 pagine di motivazioni in cui si citano trattati e risoluzioni precedenti e si conclude con il parere riportato qui sotto, votato per punti, e approvato all’unanimità o a maggioranze schiaccianti, di cui riportiamo di seguito il testo integrale.
Per questi motivi, LA CORTE, All’unanimità, ritiene di essere competente a fornire il parere consultivo richiesto;
decide di dare seguito alla richiesta di parere consultivo;
Ritiene che la continua presenza dello Stato di Israele nei Territori palestinesi occupati sia illegittima;
È del parere che lo Stato di Israele abbia l’obbligo di porre fine alla sua presenza illegale nei Territori Palestinesi Occupati il prima possibile;
ritiene che lo Stato di Israele abbia l’obbligo di cessare immediatamente ogni ulteriore attività di insediamento e di evacuare tutti i coloni dai Territori Palestinesi Occupati;
ritiene che lo Stato di Israele abbia l’obbligo di risarcire i danni causati a tutte le persone fisiche o giuridiche interessate nei Territori palestinesi occupati
ritiene che tutti gli Stati abbiano l’obbligo di non riconoscere come legittima la situazione derivante dalla presenza illegale dello Stato di Israele nei Territori Palestinesi Occupati e di non fornire aiuto o assistenza per il mantenimento della situazione creata dalla continua presenza dello Stato di Israele nei Territori Palestinesi Occupati;
ritiene che le organizzazioni internazionali, comprese le Nazioni Unite, abbiano l’obbligo di non riconoscere come legittima la situazione derivante dalla presenza illegale dello Stato di Israele nei Territori Palestinesi Occupati;
È del parere che le Nazioni Unite, e in particolare l’Assemblea Generale, che ha richiesto il presente parere, e il Consiglio di Sicurezza, debbano considerare quali modalità specifiche e misure aggiuntive siano necessarie per porre fine al più presto alla presenza illegale dello Stato di Israele nei Territori Palestinesi Occupati.
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· Israele Stato occupante e razzista con l’ordine Onu
di ritirarsi - Piero Orteca
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· La
sintesi più efficace è del britannico Guardian: «La Corte Onu ordina a Israele
di porre fine all’occupazione dei Territori palestinesi». E lo Stato ebraico,
«dovrebbe andarsene il più rapidamente possibile, risarcendo integralmente gli
atti illeciti commessi». La reazione di Israele e del governo Netanyahu, sulla
scia di quanto continua ad accadere a Gaza e in Cisgiordania.
Furore
biblico contro la Corte di giustizia
Per la Corte internazionale
di giustizia, l’occupazione dei Territori palestinesi deve essere considerata
una «annessione di fatto». Feroce la reazione del governo israeliano. Il
premier Netanyahu, ha lanciato un guanto di sfida all’Onu, dichiarando che «il
popolo ebraico non è occupante nella propria terra, inclusa la nostra capitale
eterna Gerusalemme, né in Giudea e Samaria (la Cisgiordania, n.d.r.), la nostra
patria storica. Nessuna opinione assurda all’Aja può negare questa verità
storica o il diritto legale degli israeliani a vivere nelle proprie comunità,
nella nostra casa ancestrale». Il Ministro della Giustizia, Yariv Levin, ha
detto che la Corte «mente, perché la terra di Israele appartiene al popolo
d’Israele». Il Ministro degli Esteri, Israel Katz ha parlato di «sentenza
pericolosa, che fa il gioco degli estremisti e incoraggia l’ANP a continuare
sulla strada della diffamazione». Anche il Presidente, Isaac Herzog, è
intervenuto per dire che le parole dei giudici «minano l’intera nozione del
processo di pace». Le reazioni più sanguinose sono arrivate dai ministri
estremisti.
Sia Bezalel Smotrich
(Finanze), Orit Strock (Missioni Nazionali) che Itamar Ben-Gvir (Sicurezza
Nazionale) hanno reagito con un solo slogan: «Annessione subito!». E, per
finire in bellezza, il Presidente delle Commissioni Esteri e Difesa del
Parlamento, Yuli Edelstein, ha dato di testa, affermando che la Corte dell’Aja
«è sequestrata dagli islamisti e incoraggia il terrorismo».
Le
definizioni giuridiche che bruciano
Gli elementi di novità
rispetto alla vecchia sentenza del 2004 esistono e sono dirompenti.
Innanzitutto, viene definitivamente chiarito che la qualifica di Territori
occupati» comprende la Cisgiordania, Gerusalemme est e la Striscia di Gaza. I
giudici puntualizzano che la loro sentenza non si occupa degli eventi di Gaza
dopo il 7 ottobre, ma che comunque «Israele anche dopo il ritiro dalla
Striscia, conservava elementi di controllo del territorio. La pronuncia, che
non ha effetti vincolanti, potrebbe comportare pesantissime ripercussioni a
livello diplomatico, fino all’adozione di sanzioni internazionali. Secondo il
Guardian, «il parere consultivo della Corte, radicale e schiacciante, afferma
che l’occupazione viola il diritto internazionale, ed è caratterizzata da discriminazione
sistematica, segregazione e apartheid». I giudici parlano inoltre, di
‘discriminazione razziale’ attuata da Israele, dimostrata dalla completa
separazione di due popoli.
Gerusalemme
Est rubata e Coloni squadristi
La sentenza si occupa anche
della situazione esistente a Gerusalemme Est, condannandola con la stessa
energia e fa riferimento, come già detto, alla Striscia di Gaza, dove Israele
viene definito «forza ancora occupante». Secca la valutazione fornita sulla
politica degli insediamenti dei coloni, «che sono stati continuamente
ampliati», e sullo sfruttamento delle risorse naturali «incompatibile con la
sovranità palestinese». La Corte accusa, inoltre, le autorità di Tel Aviv «del
fallimento sistematico nel prevenire la violenza dei coloni». «Questi ultimi –
è scritto – hanno di fatto la giurisdizione sulla Cisgiordania». Uno dei
passaggi più significativi della pronuncia di ieri, che toglie definitivamente
un vecchio alibi alle autorità israeliane, riguarda la «dottrina della
sicurezza». «Gli Accordi di Oslo del 1993 – viene stabilito – non autorizzano
Israele ad annettersi parte del Territorio palestinese occupato per esigenze di
sicurezza. Né lo autorizzano a mantenere una presenza permanente».
La
politica di Israele in paranoia
Inutile sottolineare, come
la decisione della Corte internazionale di giustizia dell’Aja, abbia avuto un
effetto deflagrante sul già rovente dibattito politico all’interno di Israele.
Secondo Haaretz, il quotidiano liberal di Tel Aviv, «la sentenza va oltre le
peggiori aspettative. È spiacevole e pericolosa, in quanto esige che Israele
ponga fine all’occupazione il più rapidamente possibile». Altrettanto
drammatica la lettura che viene data dal Jerusalem Post, la cui analisi si
spinge a ipotizzare le possibili ricadute pratiche. «Alcune delle conclusioni
della Corte – scrive il JP – potrebbero costituire la base per futuri
procedimenti per crimini di guerra». Come nel caso della possibile violazione
dell’art. 49 della Quarta Convenzione di Ginevra, e dell’articolo 3 del CERD
sulla segregazione razziale. Nel complesso, riporta il Jerusalem Post, la Corte
sostiene che «la politica di insediamento di Israele, i suoi atti di annessione
e le relative misure e legislazioni discriminatorie, violano il diritto
internazionale».
L’assordante
silenzio americano
Finora, da parte americana
un assordante silenzio. Blinken è impegnato in un disperato tentativo di
mediazione, per arrivare a un cessate il fuoco temporaneo. E la sentenza, le
dure ed esplicite reazioni del governo Netanyahu, che quasi si fa beffa dei
giudici, il voto della Knesset contro la politica dei ‘due Stati’, non
suscitano grandi ottimismi per l’immediato futuro.
In fondo, forse ha
ragione Haaretz quando prevede e scrive che «il governo messianico, estremista
e di destra di Netanyahu dirà che la Corte ha espresso un antisionismo che ha
oltrepassato la sottile linea dell’antisemitismo». Ma questo, secondo il
giornale liberal, non cambierà di una virgola le cose. Anzi. In tutto il mondo
aumenterà il consenso per la causa palestinese. Mentre, al contrario, Israele
si troverà sempre più isolato.
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