sabato 6 luglio 2024

Serve una Rivoluzione francese - Fabio Marcelli

  

Non sono per niente leggeri i toni usati da Jordan Bardella, delfino di Marie Le Pen e prossimo primo ministro francese in regime di coabitazione col fatiscente presidente Macron. Bardella infatti ha parlato della “minaccia esistenziale” rappresentata a suo avviso dalla sinistra. Ciò lascia presagire l’inizio di tempi molto duri per la Francia e per l’Europa tutta ma ci permette altresì di formulare talune considerazioni di prospettiva.

In primo luogo lo scontro sarà frontale e sarà fra destra e sinistra. Improbabile infatti che Macron possa tornare ad agitare con successo il logoro stendardo dell’unità repubblicana contro Il Rassemblement National, anche se può tuttora contare su taluni cavallini di Troia all’interno del Nouveau Front Populaire. Ciò comporta, seconda considerazione, che Mélenchon e la France Insoumise consolidino la propria egemonia sul fronte alternativo alle destre che sono uscite vincenti dal primo turno delle elezioni politiche francesi. E tale egemonia potrà essere consolidata solo ponendo al primo posto, insieme alle sacrosante questioni sociali e a quelle relative al tipo di società da costruire, quelle di natura prettamente internazionale attinenti essenzialmente al rigetto della guerra in Ucraina e alla condanna del genocidio nazisionista in corso.

Assolutamente prioritaria appare la diserzione dal l’escalation atlantista in corso in Ucraina. Se è vero che buona parte del popolo francese è profondamente solidale con quello ucraino, è pure vero che il miglior modo di manifestare e concretizzare tale solidarietà è porre fine all’insensato massacro che sta distruggendo generazioni intere di giovani ucraini, avanzando un’ipotesi negoziale che da tempo è matura e che sta cominciando addirittura a marcire. Va notato per inciso che si tratta del tema sul quale la destra emergente presenta le maggiori incertezze e contraddizioni e che la destra sconfitta di Macron tenterà di approfittare di tali contraddizioni per rilanciare il discorso atlantista come improbabile strumento di rivincita. Sarebbe pertanto esiziale che la sinistra risulti in qualsiasi modo permeabile a tale discorso, anche se dovrà disfarsi di alcune scorie. Del pari, e qui lo scontro con Le Pen & C. sarà invece più che mai frontale, occorrerà esasperare più che mai il sostegno al popolo palestinese se vittima di genocidio, bastonando Netanyahu, cane che affoga, e ponendo le premesse per la sconfitta definitiva del progetto nazisionista e genocidi che minaccia anch’esso di gettare il Medio Oriente e il mondo intero nella catastrofe della guerra globale e nucleare.

L’enfasi sulla politica internazionale appare doverosa anche perché la crisi francese, pericolosamente caratterizzata dalla vittoria elettorale della destra estrema, è un aspetto di una più generale e definitiva crisi dell’Europa e dell’Occidente nel suo complesso. Varie ne sono le manifestazioni. Fra un paio di giorni il Regno Unito andrà anch’esso alle elezioni politiche e la probabile vittoria dei laburisti sul niente assoluto rappresentato dai conservatori di Sunak, ennesimo avatar di una crisi senza fine che ha divorato nel giro di pochi anni una lunga serie di pittoreschi quanto inconsistenti leader, non deve far dimenticare il fatto che anche il programma di Starmer & C. è contrassegnato da forti elementi di vaghezza oltre che dalla sostanziale accettazione dei dogmi atlantisti e neoliberisti. Verticale appare del resto anche la crisi del Paese guida dell’Occidente, dove alle elezioni presidenziali di ottobre si affronteranno un vecchiardo bollito e un anziano cialtrone mentitore seriale e non si può escludere una degenerazione dello scontro interno fino alle soglie della guerra civile e forse anche oltre.

La crisi, insomma, è globale ed è dell’Occidente nel suo complesso. Stanno arrivando al pettine nodi storici antichi risalenti almeno all’inizio dell’età moderna colla cosiddetta scoperta o meglio conquista dell’America, che segnò l’avvio del dominio coloniale europeo sul pianeta. Oggi stiamo assistendo al fenomeno inverso e cioè a una decolonizzazione radicale che si estende anche agli aspetti economici e culturali e si avvale dell’incipiente nuova fase multipolare delle relazioni internazionali che vede emblematicamente l’ascesa, non solo economica, della Cina, perno indiscusso e riconosciuto di un nuovo schieramento, composito ma di enorme potenza, che punta all’egemonia dopo oltre cinque secoli di disastroso governo occidentale del Pianeta. Né è certamente casuale che tra gli elementi oggi di maggiore attualità si collochi proprio la liquidazione dei non trascurabili rimasugli dell’Impero coloniale francese, dall’Africa occidentale alla Nuova Caledonia. Tenere presente questo quadro globale di riferimento è oggi indispensabile per le forze di sinistra che vogliono sottrarsi alla rovinosa caduta dell’Occidente e proporre un nuovo costruttivo ruolo per l’Europa nel suo complesso. Ecco perché dobbiamo guardare con speranza e lucidità alle esperienze e alle scelte dei nostri compagni francesi, che confermano la propria storica vocazione a costituire l’avanguardia politica dell’Europa, riaffermando gli storici ideali fondativi della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità in un contesto internazionale in forte e tumultuoso mutamento.

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