Non sono per niente leggeri i toni usati da Jordan Bardella, delfino di
Marie Le Pen e prossimo primo ministro francese in regime di coabitazione col
fatiscente presidente Macron. Bardella infatti ha parlato della “minaccia
esistenziale” rappresentata a suo avviso dalla sinistra. Ciò lascia presagire
l’inizio di tempi molto duri per la Francia e per l’Europa tutta
ma ci permette altresì di formulare talune considerazioni di prospettiva.
In primo luogo lo scontro sarà frontale e sarà fra destra e sinistra. Improbabile
infatti che Macron possa tornare ad agitare con successo il logoro stendardo
dell’unità repubblicana contro Il Rassemblement National, anche se può tuttora
contare su taluni cavallini di Troia all’interno del Nouveau Front Populaire.
Ciò comporta, seconda considerazione, che Mélenchon e la France Insoumise
consolidino la propria egemonia sul fronte alternativo alle destre che sono
uscite vincenti dal primo turno delle elezioni politiche francesi. E tale
egemonia potrà essere consolidata solo ponendo al primo posto, insieme alle
sacrosante questioni sociali e a quelle relative al tipo di società da
costruire, quelle di natura prettamente internazionale attinenti essenzialmente
al rigetto della guerra in Ucraina e alla condanna del genocidio nazisionista
in corso.
Assolutamente prioritaria appare la diserzione dal l’escalation atlantista
in corso in Ucraina. Se è vero che buona parte del popolo francese è
profondamente solidale con quello ucraino, è pure vero che il miglior modo di
manifestare e concretizzare tale solidarietà è porre fine all’insensato
massacro che sta distruggendo generazioni intere di giovani ucraini, avanzando
un’ipotesi negoziale che da tempo è matura e che sta cominciando addirittura a
marcire. Va notato per inciso che si tratta del tema sul quale la destra
emergente presenta le maggiori incertezze e contraddizioni e che la destra
sconfitta di Macron tenterà di approfittare di tali contraddizioni per
rilanciare il discorso atlantista come improbabile strumento di rivincita.
Sarebbe pertanto esiziale che la sinistra risulti in qualsiasi modo permeabile
a tale discorso, anche se dovrà disfarsi di alcune scorie. Del pari, e qui lo
scontro con Le Pen & C. sarà invece più che mai frontale, occorrerà
esasperare più che mai il sostegno al popolo palestinese se vittima di
genocidio, bastonando Netanyahu, cane che affoga, e ponendo le premesse per la
sconfitta definitiva del progetto nazisionista e genocidi che minaccia
anch’esso di gettare il Medio Oriente e il mondo intero nella catastrofe della
guerra globale e nucleare.
L’enfasi sulla politica internazionale appare doverosa anche perché la
crisi francese, pericolosamente caratterizzata dalla vittoria elettorale della
destra estrema, è un aspetto di una più generale e definitiva crisi dell’Europa
e dell’Occidente nel suo complesso. Varie ne sono le manifestazioni. Fra un
paio di giorni il Regno Unito andrà anch’esso alle elezioni politiche e la
probabile vittoria dei laburisti sul niente assoluto rappresentato dai
conservatori di Sunak, ennesimo avatar di una crisi senza fine che ha divorato
nel giro di pochi anni una lunga serie di pittoreschi quanto inconsistenti
leader, non deve far dimenticare il fatto che anche il programma di Starmer &
C. è contrassegnato da forti elementi di vaghezza oltre che dalla sostanziale
accettazione dei dogmi atlantisti e neoliberisti. Verticale appare del resto
anche la crisi del Paese guida dell’Occidente, dove alle elezioni presidenziali
di ottobre si affronteranno un vecchiardo bollito e un anziano cialtrone
mentitore seriale e non si può escludere una degenerazione dello scontro
interno fino alle soglie della guerra civile e forse anche oltre.
La crisi, insomma, è globale ed è dell’Occidente nel suo complesso. Stanno
arrivando al pettine nodi storici antichi risalenti almeno all’inizio dell’età
moderna colla cosiddetta scoperta o meglio conquista dell’America, che segnò
l’avvio del dominio coloniale europeo sul pianeta. Oggi stiamo
assistendo al fenomeno inverso e cioè a una decolonizzazione radicale che si
estende anche agli aspetti economici e culturali e si avvale dell’incipiente
nuova fase multipolare delle relazioni internazionali che vede emblematicamente
l’ascesa, non solo economica, della Cina, perno indiscusso e riconosciuto di un
nuovo schieramento, composito ma di enorme potenza, che punta all’egemonia dopo
oltre cinque secoli di disastroso governo occidentale del Pianeta. Né è
certamente casuale che tra gli elementi oggi di maggiore attualità si collochi
proprio la liquidazione dei non trascurabili rimasugli dell’Impero coloniale
francese, dall’Africa occidentale alla Nuova Caledonia. Tenere presente questo
quadro globale di riferimento è oggi indispensabile per le forze di sinistra
che vogliono sottrarsi alla rovinosa caduta dell’Occidente e proporre un nuovo
costruttivo ruolo per l’Europa nel suo complesso. Ecco perché dobbiamo guardare
con speranza e lucidità alle esperienze e alle scelte dei nostri compagni
francesi, che confermano la propria storica vocazione a costituire
l’avanguardia politica dell’Europa, riaffermando gli storici ideali fondativi
della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità in un contesto
internazionale in forte e tumultuoso mutamento.
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