venerdì 5 luglio 2024

L’assalto dell’eolico in Sardegna - Antonio Lupo e Maurizio Fadda

È davvero impressionante la mappa delle nuove concessioni per l’eolico in Sardegna, dove viene prodotta già più energia di quanto ne viene consumata. Come altre regioni del Sud ha una produzione eolica alta. Che buffo: le regioni che consumano energia importata e non vogliono torri eoliche in casa loro, sono quelle che hanno sostenuto il governo Meloni per l’approvazione della legge sull’autonomia differenziata. I signori del business dell’eolico non avevano però considerato la determinazione dei Comitati sardi contro la speculazione energetica, secondo i quali le priorità sono tre: la riduzione dei consumi; il fotovoltaico ma solo sui tetti degli edifici pubblici e delle zone industriali; la costituzione di comunità energetiche.


Foto di Comitato contro la speculazione energetica Mamoiada

 

Il 15 giugno, giornata Mondiale del Vento, abbiamo partecipato, presso la splendida basilica medievale romanico-pisana di Saccargia (Sassari), alla bella e partecipata manifestazione, promossa dal Coordinamento Comitati sardi contro la speculazione energetica, un insieme di realtà di tutte le provincie sarde, sempre più numerosi e combattivi.

È poco nota e studiata nelle scuole italiane la storia della Sardegna: ad esempio la fantastica cultura nuragica, cominciata nell’età del bronzo, e la realtà sociale medievale di Eleonora d’Arborea, una società di avanguardia che unificò le popolazioni sarde liberandole dagli Aragonesi. La Sardegna è una terra meravigliosa e antichissima, l’unica in Italia con rischio quasi nullo di terremoti, e anche per questo è stata invasa e violentata da sempre, ad esempio dai Savoia che dal 1800, prima e dopo l’Unità di Italia, l’hanno disboscata per un terzo, utilizzando il duro leccio locale per le traversine delle ferrovie italiane, in primis per la linea Torino-Genova (ne parla Fiorenzo Caterini, antropologo, nel libro Colpi di scure e sensi di colpa). E fino ad oggi continuano in Sardegna le occupazioni militari, italiane e della Nato, e persistono gli estrattivismi di ogni tipo, minerario, agricolo, turistico ecc..

Da moltissimi mesi molti sardi si sono mobilitati contro i progetti di invasione di pale eoliche, a terra e in mare, questo ancor prima delle elezioni regionali del 25 febbraio, vinte da un’alleanza di partiti che ha portato alla presidenza della Regione Sardegna Alessandra Todde, già sottosegretaria al ministero dello Sviluppo economico nel governo Conte II (2019-2021) e viceministra allo Sviluppo economico nel governo Draghi (2021-2022). La loro mobilitazione e opposizione non è di certo corporativa e di stampo “leghista”: si basa su analisi approfondite della situazione attuale e delle prospettive future.

Per conoscere le analisi dei Comitati sardi contro la speculazione energetica, che si nasconde dietro ai progetti dei parchi eolici, si può consultare, tra gli altri, il sito orthobenessere.com: l’analisi, precisa e indiscutibile, ribadisce che i comitati dicono sì alle fonti rinnovabili e no alla speculazione energetica, dicono sì anche alla chiusura delle due centrali a carbone della regione e ricordano che è possibile produrre energia dal vento senza deturpare l’ambiente e il paesaggio.

Qualche dato

Proviamo a capire meglio la situazione attuale. La Sardegna produce più di quanto consuma, circa 12.335 Gwh di energia elettrica a fronte dei consumi netti pari a 8.426 GWh annui, quindi la produzione generata sul territorio regionale è maggiore del 40,8% del fabbisogno netto isolano. Questo surplus di energia in gran parte dei casi viene esportato (fonte: Regione Autonoma della Sardegna).

In tutto il territorio italiano sono attive sette centrali a carbone, di cui due si trovano proprio in Sardegna, una a Fiume Santo e l’altra a Portoscuso.

In percentuale, la Sardegna produce circa il 33% dell’energia da fonti rinnovabili e ben il restante 67% da fonti fossili, ma eliminando il 40% di surplus prodotto solo dalle fonti fossili, la regione raggiungerebbe immediatamente gli obiettivi fissati dall’UE per il 2030.

Per conoscere i dati sulla produzione, sui consumi e sui costi dell’energia elettrica in Italia e in Sardegna si può partire dai numeri raccolti su openpolis.it. La domanda di energia elettrica italiana nel 2023 è stata soddisfatta per l’83,3% con produzione nazionale e per il 16,7% dal saldo dell’energia scambiata con l’estero. La produzione nazionale netta (257 miliardi di kWh), minore del 6,4% rispetto al 2022, ha le seguenti fonti: in crescita l’idrico (+36,1), l’eolico (+15,1%) e il fotovoltaico (+10,6%); in flessione il termico (-17,4%) e geotermico (-1,9%). Nel 2023 (dati Terna) i consumi elettrici italiani sono diminuiti del 2,8% rispetto al 2022, attestandosi a 306,1 miliardi di kWh. con aumento delle fonti rinnovabili, il 36,8% della domanda, rispetto al 31% del 2022 (terna.it). Il consumo medio di elettricità pro capite/anno/Kwh in Italia è circa 5.000. I consumi risultano ben più elevati al Nord (Friuli Venezia Giulia 8556, Lombardia 6651, Emilia R. 6440, Veneto 6.439, Piemonte 5581) mentre sono più bassi nel Centro e soprattutto nel Sud, ultima la Calabria con 2.792 Kwh. La Sardegna ha consumato 5134 Kwh nel 2022 (1475 kwh per uso domestico, il dato più alto in Italia, perché viene usata anche per il riscaldamento).

Infine soffermiamoci sulla produzione dell’eolico in Italia (dati Terna). Attualmente in Italia ci sono 5.985 impianti eolici (vedi mappa dati Terna su potenza eolico installata per Regione a fine 2022, qualenergia.it). Il documento dei Comitati sardi evidenzia che le regioni del Nord Italia, con più alto consumo di elettricità e forte deficit di produzione, assoluto e in percentuale, rispetto ai consumi (Lombardia -28,3%, Veneto -53,5% e Emilia R. -14,7%), hanno un numero di impianti eolici e una produzione irrisoria, sia le regioni continentali come Lombardia (12 impianti) e Piemonte (18 impianti con produzione annua di 25,7 Gwh), sia quelle con anche territorio marino Veneto (14 impianti con produzione 22 Gwh) e Emilia Romagna (76 Gwh prodotti). Che buffo: queste Regioni, che consumano energia importata e non vogliono torri eoliche in casa loro, sono quelle che hanno sostenuto il governo Meloni per l’approvazione della legge sull’autonomia differenziata.

L’assalto dell’eolico in Sardegna

Le regioni del Sud hanno invece una produzione eolica altissima, prima la Puglia con 5,361 Gwh, poi Campania 3404 Gwh e Sicilia 3228 Gwh. La Sardegna 1660 Gwh con 612 parchi eolici a fine 2022.

In questo scenario ha preso forma un assalto dell’eolico in Sardegna. Le richieste di nuove concessioni per impianti e parchi eolici appare infatti eccessivo e spropositato: i dati ufficiali forniti dalla Regione Sardegna indicano la presentazione di 809 nuove richieste di connessioni per un totale di 57,67 GW (invece dei 6 GW previsti dalla bozza del decreto nazionale per la Sardegna). Un grande pericolo è rappresentato anche dal fatto che molte delle società installatrici sono straniere, con capitale sociale di 10.000 euro…

È davvero impressionante la mappa delle nuove concessioni fornita online direttamente da Terna – Rete Elettrica Nazionale:




Mappa delle concessioni rinnovabili da fonte Eolica


Ci si trova di fronte a una vera e propria speculazione energetica di stampo coloniale e centralistico, con progetti presentati per la realizzazione di parchi eolici onshore e offshore, con centinaia e centinaia di aerogeneratori (in mare alti più di 270 metri l’uno, a terra di 240 metri), che presentano problemi enormi in vari ambiti tra consumo di suolo, consumo di materie prime per la costruzione, impatto paesaggistico e sulla biodiversità.

Ci sono varie alternative

I Comitati sardi restano favorevoli alle energie rinnovabili, ma ricordano che ci sono varie alternative: non esistono solo le “pale eoliche”, le cosiddette HAWT (Horizontal Axis Wind Turbines) – Generatori eolici ad asse orizzontale. Ci sono anche i VAWT (Vertical Axis Wind Turbines) – Generatori eolici ad asse verticale, alti dieci metri e larghi 1,2 metri, con maggior resistenza alle raffiche (orthobenessere.com). I Comitati ribadiscono che le priorità sono: uno, la riduzione dei consumi; due, il fotovoltaico sui tetti degli edifici pubblici e delle zone industriali; tre, l’uso dell’eolico verticale e la costituzione di comunità energetiche.

E ora? Dopo la protesta di Saccargia, consapevoli di essere in ritardo, i comitati continuano la mobilitazione: mentre nascono nuovi comitati si spinge per un nuovo confronto con le istituzioni. La presidente della Regione Todde ha proposto da tempo una moratoria sui nuovi impianti, ma fino ad oggi questa non è stata approvata in Consiglio Regionale e si prevede che venga bocciata dal governo Meloni (che confermerà lo sciagurato Decreto Draghi, che ha originato la speculazione).

I Comitati chiedono alla Regione di avvalersi dello «Statuto Autonomo» che assegna alla Sardegna competenze più ampie rispetto a quelle a Statuto ordinario per emanare una legge regionale (sotto la spinta anche dai 377 sindaci dei Comuni sardi, finora latitanti), che recepisca le direttive UE 2018/2001, che tra l’altro istituiscono e regolamentano le comunità energetiche.

Di certo, la lotta sarà difficile e dura, dicono i comitati, ma è importante che in tutta Italia si capisca come non siamo di fronte a lotta corporativa, ma di difesa della natura e delle sue comunità, in nome della sovranità energetica dei territori, che nulla ha a che fare con l’autonomia differenziata e il “leghismo”. In questo senso è evidente che in Sardegna, dove solo il 20% del cibo consumato è prodotto localmente, bisogna rimettere al centro la sovranità alimentare, proposta da decenni dagli oltre duecento milioni di contadini del movimento internazionale Via Campesina e da diverse associazioni sarde, massacrati ogni giorno dall’agrobusiness e dalla grande distribuzione.

Infine molti cittadini e comitati sono dispiaciuti dalle posizioni assunte dalle grandi associazioni ambientaliste nazionali come Legambiente, Greenpeace e WWF: su sardegnarinnovabile.org parlano di sviluppare l’infrastruttura energetica in Sardegna, “passaggio cruciale per il futuro dell’isola e anche per le politiche energetiche nazionali…”. Il 9 maggio, inoltre, Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace ha scritto un articolo su Extraterrestre, l’inserto settimanale del manifesto (La moratoria sulle rinnovabili significa continuare col gas), in cui tra l’altro si legge: “La moratoria sulle rinnovabili della Sardegna, proposta dalla giunta di centrosinistra della Sardegna guidata dalla pentastellata Alessandra Todde, è tra gli ultimi atti di una campagna ostile, che rischia di rallentare o bloccare la transizione dopo la ripresa, tuttora insufficiente, di questi ultimissimi due anni. In Italia c’è un partito, trasversale, del gas e del petrolio…”. In realtà un emendamento di Alessandra Todde e della giunta regionale del 15 giugno ha svuotato la precedente proposta di moratoria (unionesarda.it). Queste grandi associazioni ambientaliste dovrebbero leggere, riflettere, dialogare e rispondere alle analisi e alle proposte dei Comitati sardi contro la Speculazione energetica, che stanno già collaborando con comitati di altre regioni italiane.

Il caso dell’assalto eolico in Sardegna, intanto, è arrivato anche all’università di Cambridge, nel Regno Unito. Una conferenza online organizzata dall’ateneo ha analizzato il fenomeno, mettendolo in correlazione con altri casi simili. La speculazione nell’Isola sulle rinnovabili, infatti, non è un unicum nel mondo: anche le comunità degli zapotechi in Messico e dei sami nel Nord Europa sono interessate dallo stesso fenomeno. Secondo gli studiosi sono le comunità ritenute più deboli ad essere prese di mira dalle imprese multinazionali… (link).

 

[Antonio Lupo (medico per l’ambiente) e Maurizio Fadda (agronomo)]

 

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