quando
il 5 febbraio 2003 Colin Powell faceva la sceneggiata all'Onu con quelle poche
gocce di sostanza bianca in una provetta è scoppiata una guerra.
da
noi l'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale)
ha pubblicato l’edizione 2016 del Rapporto
Nazionale Pesticidi nelle Acque (qui il
documento completo), su
dati del 2013 e 2014, nel quale si legge che "le sostanze più vendute,
oltre ai pesticidi inorganici, come lo zolfo e i composti del rame, sono
1,3-dicloropropene, glifosate, mancozeb, metam-sodium, fosetil-aluminium,
clorpirifos, con volumi annui superiori alle 1.000 tonnellate"
1000
tonnellate, non una provetta, vere armi di distruzione di massa, praticamente
un lento omicidio di tutti noi.
e
solo per i profitti dei soliti, per produrre sempre di più, incassare
soldi con le eccedenze di produzione, produrre ogm e crescere animali bionici.
per
capire gli effetti del glisofato si legga fino in fondo.
già
oggi succede tutto questo, il TTIP prossimo venturo sarà una marcia verso
qualche tipo d'inferno (come ricorda qui Susan
George).
abbiamo
fatto le guerre peggiori, attaccando paesi e popoli che non ci hanno invaso,
fregandocene della Costituzione italiana.
sappiamo
chi e come ci sta uccidendo, per mezzo del cibo e dell'acqua, chi e come sta
invadendo, giorno dopo giorno, i nostri corpi, questa sì che sarebbe una guerra
giusta contro gli invasori, ma nessuno la dichiara.
dice
il Rapporto Nazionale Pesticidi nelle Acque*:
I pesticidi non sono un’invenzione recente, l’uso più
antico documentato risale all’incirca al 2500 a.c. quando i Sumeri si
cospargevano con composti di zolfo nella convinzione che l’odore avrebbe
allontanato gli insetti. Il papiro di Ebers, il più antico documento medico
noto (1550 a.c.), descrive oltre 800 ricette degli Egizi, molte contenenti
sostanze riconoscibili come veleni e pesticidi. Omero descrive come Ulisse
abbia "fumigato l’ingresso, la casa e il cortile bruciando zolfo",
attestando che l’uso dei pesticidi era noto anche nell’antica Grecia. Per
secoli l’uomo ha utilizzato sostanze chimiche per difendersi da agenti
patogeni, e successivamente, soprattutto dal 1800, nelle pratiche agricole. Il
ricorso massiccio alla chimica di sintesi, dopo la seconda guerra mondiale, ha
sostituito quasi del tutto altre pratiche di controllo delle avversità
agronomiche. La presa di coscienza delle conseguenze negative dell’uso delle
sostanze chimiche: persistenza ambientale, trasporto nel lungo raggio, tossicità
anche per gli organismi non bersaglio e per l’uomo, ha portato in tempi recenti
allo sviluppo della difesa fitosanitaria integrata, con il ricorso a pratiche
più ecosostenibili e l’obiettivo di minimizzare l’uso di sostanze chimiche.
Essendo concepiti per combattere organismi ritenuti
dannosi, i pesticidi possono comportare effetti negativi per tutte le forme di
vita. In seguito all’uso, in funzione delle caratteristiche molecolari, delle
condizioni di utilizzo e di quelle del territorio, possono migrare e lasciare
residui nell’ambiente e nei prodotti agricoli, con un rischio immediato e nel
lungo termine per l’uomo e per gli ecosistemi.
In Italia in agricoltura si utilizzano ogni anno circa
130.000 tonnellate di prodotti fitosanitari. Ci sono, inoltre, i biocidi
impiegati in tanti settori di attività, di cui non si hanno informazioni sulle
quantità, manca un’adeguata conoscenza degli scenari d’uso e della
distribuzione geografica delle sorgenti di rilascio. Il monitoraggio dei
pesticidi nelle acque richiede la predisposizione di una rete che copra gran
parte del territorio nazionale, il controllo di un grande numero di sostanze e
un continuo aggiornamento reso necessario dall’uso di sostanze nuove.
Il monitoraggio dimostra una diffusione ampia della contaminazione.
Pesticidi sono presenti nel 63,9% dei punti di monitoraggio delle acque
superficiali e nel 31,7% di quelle sotterranee, più che nel passato. Le
frequenze sono più basse nelle acque sotterranee, ma i pesticidi sono presenti
anche nelle falde profonde naturalmente protette da strati geologici poco
permeabili. Sono state trovate 224 sostanze diverse, un numero sensibilmente
più elevato degli anni precedenti. Indice, questo
soprattutto, di una maggiore efficacia complessiva delle
indagini. La contaminazione è più diffusa nella pianura padanoveneta. Questo
dipende largamente dal fatto che lì le indagini sono generalmente più
rappresentative. Nelle cinque regioni dell’area, infatti, si concentra poco
meno del 60% dei punti di monitoraggio dell’intera rete nazionale.
La presenza di pesticidi nelle acque pone la questione
delle possibili ripercussioni negative sull’uomo e sull’ambiente. Il confronto
delle concentrazioni misurate con i limiti stabiliti dalle norme ci dà
indicazioni sulla possibilità di effetti avversi. Il 21,3% dei punti delle
acque superficiali ha concentrazioni superiori al limite. Nelle acque
sotterranee la percentuale di superamenti è 6,9%. La rete di monitoraggio da
cui provengono i dati è finalizzata alla salvaguardia dell’ambiente e non al
controllo delle acque potabili, ma, queste ultime, spesso sono prelevate dagli
stessi corpi idrici. In caso di contaminazione, pertanto, si rende necessario
operare interventi di depurazione.
Per alcune sostanze, più di altre, la contaminazione per
frequenza, diffusione territoriale e superamento dei limiti di legge,
costituisce un vero e proprio problema, in alcuni casi di dimensione nazionale.
Tali evidenze indicano la necessità di un’analisi critica delle attuali
procedure di autorizzazione delle sostanze, e richiedono che una corretta
valutazione del rischio dovrebbe considerare in modo retrospettivo anche i dati
di monitoraggio ambientale.
I dati evidenziano, ancora più che in passato, la
presenza di miscele di sostanze nelle acque. È aumentato, infatti, il numero
medio di sostanze nei campioni, e sono state trovate fino a un massimo di 48
sostanze diverse contemporaneamente. Dagli studi prodotti finora emerge che la
tossicità di una miscela è sempre più alta di quella del componente più
tossico. La valutazione del rischio deve, pertanto, tenere conto che l’uomo e
gli altri organismi possono essere soggetti all’esposizione
simultanea a diverse sostanze chimiche, e che lo schema
di valutazione usato nell’autorizzazione dei pesticidi non è sufficientemente
cautelativo riguardo ai rischi della poliesposizione.
Il monitoraggio continua a segnalare una presenza diffusa
di pesticidi nelle acque, con un notevole aumento delle sostanze rinvenute e
delle aree interessate. Le ragioni sono diverse. In primo luogo c’è il fatto
che in vaste zone del paese, solo con ritardo, emerge una contaminazione prima
non rilevata da un monitoraggio non adeguato. La causa più preoccupante, però,
è la persistenza di certe sostanze, che insieme alle dinamiche idrologiche
molto lente (specialmente nelle acque sotterranee) rende i fenomeni di
contaminazione ambientale difficilmente reversibili.
da qui *per
i numeri leggere il documento completo
Un fotografo argentino emergente ha deciso di realizzare
un reportage di quelli davvero tosti. Come Davide contro Golia, i suoi nemici
sono il glifosato e la Monsanto.
Il glifosato, uno degli erbicidi più usati al mondo
in campo agricolo, ha effetti devastanti e drammatici sulla salute delle
persone che sono costrette a vivere in suo contatto. Questa volta a sostenerlo
non è un’organizzazione
ambientalista o, meglio ancora, qualche agenzia che fa
capo all’Organizzazione mondiale della sanità. Lo dimostra, con
immagini e testimonianze, un reportage realizzato da Pablo Ernesto
Piovano, un fotografo argentino che nel 2014 ha deciso di
documentare la condizione della popolazione del suo paese che lavora o vive nei
pressi dei campi coltivati a soia ogm dove si usano dosi massicce di
diserbanti.
Il costo umano dei pesticidi
Il reportage si chiama El costo humano
de los agrotóxicos, il costo umano dei pesticidi, ed è stato esposto
all’edizione 2015 del Festival della
fotografia etica di Lodi. Le foto di Piovano sono una denuncia senza
appello alla Monsanto, la multinazionale che si è inventata l’accoppiata
ogm-Roundup, ovvero la coltivazione di soia geneticamente modificata abbinata
all’utilizzo del diserbante Roundup (al quale la
soia è resistente) che contiene glifosato.
“Questo lavoro è stato dettato dal mio amore per
la natura. Ho lavorato per trovare prove su questa situazione,
trascorrendo giorni interminabili da solo con la mia macchina fotografica,
viaggiando per oltre seimila chilometri sulla mia auto di vent’anni, per dare
il mio contributo affinché tutto questo finisca”, ha dichiarato Piovano a Burn,
il magazine dedicato ai fotografi emergenti.
Una breve storia del glifosato
La storia del glifosato inizia negli anni Cinquanta, ma
la sua commercializzazione con il nome di Roundup da parte
della Monsanto è partita nel 1974 negli Stati Uniti come
strumento per liberare i campi agricoli dalle erbacce. Poi la cosa è “sfuggita
di mano” quando il glifosato ha iniziato a fare coppia fissa con i cereali
modificati geneticamente per resistere al pesticida. Oggi è
commercializzato in tutto il mondo e il brevetto è scaduto quasi ovunque,
Italia compresa dove è uno dei prodotti fitosanitari più venduti. In Europa
sono quattordici le aziende che lo producono.
La scelta sciagurata dell’Argentina
Il dramma argentino ha avuto inizio nel 1996 quando il
governo ha deciso di approvare la coltivazione e la commercializzazione di soia
transgenica e l’uso del glifosato senza condurre alcuna indagine interna, ma
basando la sua decisione solo sulle ricerche pubblicate dalla Monsanto. Da
allora, la terra coltivata a ogm è arrivata a coprire il 60 per cento del
totale e solo nel 2012 sono stati spruzzati 370 milioni di litri di pesticidi
tossici su 21 milioni di ettari di terreno. In quelle stesse terre, i casi di
cancro nei bambini sono triplicati in dieci anni, mentre i casi di
malformazioni riscontrate nei neonati sono aumentate del 400 per cento. A dir
poco incalcolabili i casi di malattie della pelle e i problemi respiratori
riscontrati senza motivo apparente nei giovani come negli adulti.
Un terzo degli argentini soffre per colpa del glifosato
Un’indagine recente, secondo quanto riportato da Burn, ha
calcolato che 13,4 milioni di argentini (un terzo della popolazione totale) ha
subìto gli effetti negativi del glifosato. A fronte di tutto ciò, l’Argentina
non ha preso alcuna decisione per bloccare questo dramma, né ha commissionato
nuovi studi per capire cosa stia accadendo alla popolazione. Anzi, oggi in
Argentina si trovano 22 dei 90 milioni di ettari coltivati a soia ogm nel
mondo, secondo quanto riportato dal settimanale tedesco Die Zeit.
Il reportage, però, non è passato inosservato vincendo
diversi premi come il Festival internacional de la imagen, in Messico, e
si è piazzato al terzo posto del concorso POY Latam, nella categoria
“Carolina Hidalgo Vivar el medio ambiente”. Ma l’omertà e la forza di una
multinazionale del calibro della Monsanto sono nemici duri da sconfiggere,
molto più potenti dell’evidenza e del dolore.
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