Questo articolo tradotto a cura dell’Associazione Sardegna
Palestina tratta un argomento molto attuale e delicato. Si parla della polemica
su come è stato gestito l’anniversario della Nakba da parte del comitato
organizzatore dell’evento. Questo comitato, anche se nell’articolo non viene
riportato direttamente, è sotto il diretto controllo dell’Autorità Nazionale
Palestinese. Gli uomini che fanno parte di tale comitato sono perciò uomini di
fiducia di Abu Mazen. Il motivo è che da questo comitato parte il progetto di
depotenziare la ricorrenza della Nakba. Si cerca di far passare sempre più la
ricorrenza come una festa folkloristica piuttosto che come uno strumento di
lotta e di resistenza. Alla fine dell’articolo si parla di aperture che il
comitato avrebbe avuto nei confronti di tutte le possibili organizzazioni
palestinesi per contribuire ad organizzare l’evento. Una apertura solo di
facciata che non ha permesso di cambiare nulla di quello che in effetti è
stato: una manifestazione folkloristica di balli e canti.
RAMALLAH, West Bank-, Attivisti palestinesi hanno criticato
nei social media alcuni eventi organizzati per il 68 ° anniversario della
Nakba, l’esodo palestinese, che viene commemorato il 15 maggio di ogni anno.
La manifestazione centrale si è tenuta a Ramallah il
17 maggio ed è stata organizazata dal Comitato Nazionale Supremo per
commemorare il Nakba Day. Questa è stata molto criticata, perchè comprendeva
esibizioni di ballerini locali di Dabke e l’esibizione del cantante Mohammed
Assaf, e inoltre durante la manifestazione sono stati distribuiti ai
partecipanti cappelli fatti in Israele.
Il festival di Ramallah si è tenuto due giorni dopo che
l’ambasciata palestinese in Qatar ha organizzato una commemorazione del Nakba
Day, durante la quale il Qatar ha esposto la chiave più grande del mondo,
simbolo palestinese del diritto al ritorno. La chiave è entrata nel Guinness
dei primati il 15 maggio.
In questo contesto, il corrispondente di Al Jazeera Mirvat
Sadeq ha postato su Facebook 14 maggio “La Nakba non è stata un fatto di
folklore. Non si può celebrare con danze Dabke e canti folk. Non è stato un
matrimonio in cui le donne indossavano abiti ricamati. La Nakba non è una festa.
Si tratta di un disastro e un massacro continuo contro terre e persone. Le
tragedie non si devono celebrare con trombe e sirene”. Sadeq si riferiva alla
sirena di allarme che il comitato di commemorazione ha fatto suonare per 68
secondi a mezzogiorno il 15 maggio a Ramallah per segnalare l’inizio dei
festeggiamenti per la Nakba.
Il vignettista Mohammad Sabaaneh ha postato su Facebook il
15 maggio “Alcune persone stanno per commemorare la Nakba davanti agli uffici
dell’UNRWA [United Nations Relief and Works Agency per i rifugiati
palestinesi] in Libano, mentre altri vendono biglietti, ballano, cantano e
fanno soldi. Alcune persone sotto l’occupazione israeliana vivono in agiatezza,
mentre altri marciscono nel buio delle loro celle”.
Sabaaneh ha anche pubblicato una caricatura che mostra un
funzionario palestinese in uniforme in possesso di uno striscione con la
scritta “diritto al ritorno… ai negoziati”.
Tra l’indignazione pubblica, il Fronte Popolare per la
Liberazione della Palestina (FPLP) ha boicottato la celebrazione di Ramallah,
perché si trattava di una “occasione di festa senza un programma di lotta
contro la catastrofe commessa contro il popolo palestinese.”
Omar Chehade, del PFLP, membro del Consiglio Centrale
dell’OLP, ha detto ad Al-Monitor, “Il FPLP si rifiuta di partecipare alle
manifestazioni, perché già un paio di settimane fa durante la discussione
preparatoria del Comitato Nazionale Supremo per commemorare il giorno della
Nakba si percepiva una tendenza a fare di questa ricorrenza una
celebrazione piuttosto che un’occasione per confrontarsi con Israele e
sostenere l’intifada. Ha aggiunto: “La manifestazione principale era scarna e
non ha mostrato nessuna posizione politica in linea con la lotta della Nakba.
Gli eventi organizzati per la ricorrenza della Nakba riflettono un modello
consumista che è in armonia con le politiche dell’Autorità Palestinese e da cui
non traggono beneficio né la causa dei rifugiati, né la lotta agli insediamenti
e non possono essere un deterrente per l’esercito israeliano “.
Chehade ha poi detto: “Per commemorare la Nakba sarebbe
stato meglio dare più spazio all’intifada dandogli una dimensione ufficiale e
pubblica e promuovere il dialogo nazionale, invece di celebrare e correre
dietro l’iniziativa francese, che elimina il diritto al ritorno”.
Molti scrittori e analisti politici speravano
che con la celebrazione della Nakba i militanti sarebbero stati
stimolati a riaccendere la rivolta che da ottobre infuria nei territori
palestinesi, rivolta segnata da un pubblico scontro con le forze israeliane sia
nelle barricate dell’esercito sia nella terra confiscata. Tuttavia, le loro
previsioni non si sono avverate.
Khaled Awad Allah, un ricercatore in scienze sociali e già
docente all’Università di Birzeit, ha detto ad Al-Monitor, “La commemorazione
della Nakba si è trasformata da uno scontro con Israele in una celebrazione. Si
tratta di una forma di collasso politico e di un deterioramento della
situazione nazionale palestinese. Di conseguenza, la commemorazione della Nakba
è diventata una successione di rituali privi di valori spirituali e nazionali
“. Ha sostenuto che le celebrazioni della Nakba “l’hanno trasformata in
un evento superficiale, privo di spessore e di comprensione del vero
significato della storia della Nakba. L’aspetto celebrativo, predominante sul
ricordo, riflette la mancanza di consapevolezza della Nakba, un evento decisivo
e fondamentale della nostra storia “. Awad Allah ha aggiunto: “Il ricordo della
Nakba dovrebbe riaccendere la resistenza. Ma, purtroppo, la nostra vita nazionale
è diventata nelle attuali vicende politiche, priva di qualsiasi atto di lotta
di qualche significato. La Nakba è stata svuotata del suo vero significato”.
Il capo del Comitato Nazionale Supremo per il Nakba Day,
Mohammad Alyan, ha detto ad Al-Monitor, “I palestinesi sono cresciuti cantando
canzoni anche durante cortei funebri. Perché, allora, dobbiamo criticarli ora
per il Nakba Day?” Ha detto: “Abbiamo un programma di eventi variegato che
comprende aspetti tradizionali, culturali e di sensibiliazzazione, ma anche
confronti con l’esercito israeliano. Coloro che criticano gli organizzatori non
hanno offerto alternative. Dal mese di marzo abbiamo chiesto a individui,
organizzazioni e partiti come l’Organizzazione per la Liberazione della
Palestina, le fazioni palestinesi, che attraverso i media ci dessero
suggerimenti per gli eventi del Nakba day. Ma la risposta è stata scarsa, ed i
nostri compagni nel FPLP non hanno fatto proposte alternative “.
Omar Assaf, il segretario del Comitato nazionale per la
difesa del diritto al ritorno e membro del Comitato Nazionale Supremo per
commemorare il Nakba Day, ha detto ad Al-Monitor, “siamo aperti ad avere un
feedback sul nostro operato e sulle nostre scelte per correggere qualsiasi
errore. Ogni anno valutiamo gli eventi ed impariamo dalle discussioni con tutte
le parti “.Ed ha aggiunto: “C’è stato un’ esagerazione nella critica della
manifestazione, in particolare si sono criticate le manifestazioni artistiche,
ma la nostra identità culturale ha sempre fatto parte della nostra lotta.”
Nonostante la controversia sugli eventi di commemorazione
della Nakba, le condizioni difficili dei profughi palestinesi nei campi non
sono cambiate. I dati del Palestinian Central Bureau of Statistics pubblicati
il 15 maggio ha dimostrato che nel 2015, il 42,8% dei cittadini palestinesi
sono rifugiati nella stessa Palestina. Nel frattempo da gennaio 2015 secondo
dati dell’ UNRWA i rifugiati palestinesi sono cresciuti
del 5,59%. Sempre secondo dati UNRWA i rifugiati vivono per
il 28,7% in 58 campi distribuiti in: 10 campi in Giordania,
9 in Siria, 12 in Libano, 19 in Cisgiordania e 8 nella striscia di
Gaza.
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