venerdì 27 maggio 2016

Sciola, appunti di una biografia (mai scritta) sulla gioia di vivere e di creare - Donatella Percivale




Nell’ottobre del 2013 Pinuccio Sciola mi chiese di aiutarlo a scrivere la sua biografia. “E’ arrivato il momento di farlo”, mi disse. A lui mi legava una stima profonda e un sentimento forte della vita che chiamavamo bellezza. Accettai.  Quelli che seguirono furono pomeriggi di stupore, ricordi e risate. E frotte di amici e conoscenti che non smettevano mai di bussare alla sua porta. “Pinù, vogliono vedere le tue pietre”, gridavano da dietro la grande finestra. Così, interrompeva i fiumi di racconti e scompariva per far suonare i suoi amati graniti. Quando capimmo che quel libro difficilmente saremmo riusciti a scriverlo, scherzò: “Magari ci ispiriamo a Leopardi e buttiamo giù un bel Zibaldone”. Non scrivemmo nemmeno quello. Erano troppi gli impegni, le commesse, le mostre, la voglia di vivere e lavorare che animavano Pinuccio Sciola.
Quelli che seguono sono solo alcuni pensieri. Appunti di fine estate. Frizzanti come la granita di uva zuccherina che mi preparava in quei pomeriggi carichi di vita e libertà.

Santità
Chi farei santo? Quel gran genio di Leonardo! Chi più di lui ha fatto miracoli? L’artista che possiede la capacità creativa, porta in sé il segno del divino. Santificare vuol dire essere vicino a chi ha creato le meraviglie di questo mondo. Perché Giordano Bruno deve rimanere su un palo a bruciare e non essere invece adorato su un altare? Propongo un calendario laico di cervelli creativi che parta da Bruno per arrivare a Borsellino, uomini che si sono spesi per gli altri. Uomini che per la fede nella loro passione hanno dato la vita.

La funzione dell’arte
L’artista deve incidere, lasciare il segno, documentare il reale, far sì che le mostruosità di cui ci macchiamo non vadano dimenticate. Questa estate ho modellato alcune delle mie pietre pensando ai bambini morti in Siria. Pietre che simboleggiano delle date, pietre come salme crivellate di buchi, come quei poveri corpi. Siria 2013. Ecco cosa dovremmo ricordare di questa estate.

La notorietà
Ad oggi ho contato almeno una ventina di tesi sui miei lavori: studenti dell’Accademia di Brera di Milano, dell’Università di Parma o di Bologna. All’estero, mi conoscono più che in Sardegna. Ma oramai non mi fa più arrabbiare. Il problema della nostra isola è l’invidia. Ci corrode il petto. E ci fa solo strisciare.

Lavoro
Quante ore lavoro durante la giornata? Almeno 14. Sto cercando dove vendono il tempo, ma non sono ancora riuscito a trovare il negozio.

Creatività
Ognuno, a suo modo, ce l’ha. Magari è più nascosta, ma io la sento. Mi viene addosso, anche con un sorriso.

Sagra delle pesche
Nel ’69, con un gruppo di amici di San Sperate, ci inventammo una festa, un’occasione per stare tutti insieme e fare baldoria. Per un mese intero addobbammo portali e dipingemmo murales, un’ondata di creatività che sembrava non finire. Decidemmo di chiamarla “La sagra delle pesche” e alla fine non c’era una casa che non fosse aperta, una gara tra rioni e famiglie a chi avesse più pesche e cibo buono da offrire. Per strada non si riusciva a camminare senza che qualcuno non ti invitasse a bere. L’ultima sera, durante un ballo, crollo a terra dalla stanchezza. Un amico si avvicina tutto spaventato e mi dice: “Pinuccio, Pinuccio, cosa possiamo fare, cosa desideri? Aprii gli occhi e gli gridai forte in faccia: “MORIRE!”.

La morte
E’ un bel momento questo per pensare alla morte, ho tre figli che viaggiano per il mondo con la loro testa, ho regalato e venduto emozioni, e se dovesse finire qui, semplicemente, ringrazierei. Ci troviamo su questa terra solo di passaggio e la nostra vita, paragonata al tempo delle pietre, è solo un attimo. Tutti siamo costretti a sparire, e se ognuno imparasse ad amare il proprio tempo vivrebbe meglio. Con meno ansia e più leggerezza. Avere ben chiara la consapevolezza della propria morte, aiuta a vivere meglio. E fa amare il proprio tempo.

La realtà
Penso che la lettura dei quotidiani sia fondamentale, una fonte inesauribile di idee e di suggestioni. Io sono ancorato alla realtà. La biciclettata che faccio ogni mattina per andare a prendere il cappuccino al bar, è fonte di energia e di pensiero. Amo il rapporto con la gente del paese: chi prima arriva al banco offre a tutti gli altri. E’ una fortuna infinita salutarsi, riconoscersi, scambiare parole. Che senso ha vivere nelle grandi città? Rivolgersi a mala pena qualche parola, vivere perennemente attaccati al telefono. Quante parole si scambia oggi una coppia? In Germania hanno calcolato che in media, durante una cena, ne dicono sette. E quello lo chiamano amore?

La ricchezza
Quando sento la gente che si lamenta, impazzisco. Ma ce l’abbiamo il sole sulla testa o no? E le gambe per camminare? Perché ci lamentiamo sempre se poi continuiamo a sprecare tutto? Non sappiamo più inchinarci, non guardiamo più la terra. All’improvviso siamo diventati troppo alti? La ricchezza è quella che abbiamo sotto ai piedi. E la calpestiamo: tutti i giorni.

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