mercoledì 5 luglio 2017

Il cane di Dio - Diego Marani

Domingo Salazar è un poliziotto della Chiesa, controlla chi non segue le norme della chiesa, e li offre alla giustizia papale.
la Chiesa ha il potere (come adesso, no?), e deve sorvegliare e punire.
Domingo è uno che guarda più lontano, viaggia, prende contatti, vuole fare una rivoluzione, sembra.
è un libro che non vi annoierà, buona lettura.





"Mi chiamo Domingo Salazar, sono nato il giorno di San Domenico e sono stato allevato dai padri domenicani. Sono uno di quelli che la gente chiama Domini canis, un cane del Signore. Faccio il poliziotto, vigilo sul rispetto delle leggi di Santa Madre Chiesa e opero per la sua diffusione nel mondo. Non ho mai conosciuto i miei genitori, ma dal colore della mia pelle dovevano essere caraibici o comunque di sangue misto. I padri mi hanno trovato sotto le macerie dell'orfanotrofio della Santa Croce di Haiti nel 2010 e mi hanno portato in Italia. Sono cresciuto nel collegio delle suore domenicane di Santa Imelda, ho studiato nel convento patriarcale di Bologna e poi all'Accademia di Polizia Pontificia di Roma da dove sono uscito con il grado di maresciallo ispettore nel quinto anno del regno di Papa Benedetto XVIII".

Pensate a una società in cui bisogna pagare regolarmente la tassa di ateismo. Una società in cui la legge vieta definitivamente le teorie darwiniste e in cui il darwinismo, come la blasfemia, è un reato. In cui i parenti dei malati che non si presentano a pregare per celebrare la “Lode mattutina” devono pagare una penale. In cui la terapia somministrata ai malati terminali è la “terapia della preghiera”. In cui, quando un malato cerca di ricorrere all’eutanasia, vengono puniti i familiari con multe, esproprio di beni e perdita dei diritti civili. In cui i parenti dei ricoverati che non vanno a messa regolarmente, registrando l’entrata al tornello, perdono il sussidio per le cure e devono pagare di tasca propria l’ospedale. In cui la pena per l’aborto è di 10 anni di carcere e alle frontiere bisogna esibire un’ecografia per dimostrare che non si va all’estero per abortire.
Questa è l’ambientazione in cui si svolge l’ultimo romanzo di Diego Marani. Un’Italia conquistata dalla Chiesa cattolica che l’ha trasformata in una teocrazia e in cui il Papa governa un feroce stato inquisitoriale e dove gli agenti della polizia pontificia si scatenano alla ricerca di “criminali” come le persone che chiedono di non morire nella sofferenza o come le donne che non desiderano figli nati da uno stupro.
Ma la fantasia non è poi così slegata dalla realtà: la rivolta di tanti cattolici contro le leggi atee della Repubblica italiana che porteranno alla proclamazione dello stato di emergenza e al Nuovo Concordato era partito nel momento in cui il parlamento aveva respinto la proposta di legge che in osservanza del (reale e non romanzesco) numero 2354 del Catechismo della Chiesa cattolica avrebbe fatto diventare reato le offese alla castità, come l’omosessualità, la masturbazione e la fornicazione. E questa rivolta era partita dal principio 2242 dello stesso Catechismo, redatto (ancora una volta: realmente!) nel 2005 da Benedetto XVI che recita: Il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità civili quando tali precetti sono contrari alle esigenze dell’ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo. Il rifiuto d’obbedienza alle autorità civili, quando le loro richieste contrastano con quelle della retta coscienza, trova la sua giustificazione nella distinzione tra il servizio di Dio e il servizio della comunità politica…

La fortuna del romanzo sta nel fatto che l’intreccio vince sulle possibili derive moralistiche. In pratica a Marani soddisfa di più divertire che pontificare (mai come in questo caso!). Ma che l’autore parteggi per “i cattivi” è abbastanza evidente.
Il cane di Dio, insomma, non ha particolari pretese, se non quelle di incollare il lettore alla pagina attraverso un gioco dialettico che cerca di mettere in luce le contraddizioni della nostra società contemporanea, troppo invischiata da teismi retrogradi. Più che la scrittura raffinata e letteraria a Marani interessa il piacere dell’intrattenimento. Parola alla quale forse dovremmo iniziare a restituire dignità.

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