venerdì 7 luglio 2017

Il fondamentalista riluttante - Mohsin Hamid

Changez entra nel sogno americano, si laurea alla grande, riesce a ottenere un lavoro ben pagato e si innamora di Erika, una  ragazza bianca intelligente e bella.
a 22 anni ha il mondo in mano.
siamo a cavallo del 2001, arriva il crollo delle Twin Towers.
poi iniziano i dubbi, con Juan Bautista, a Valparaiso (luogo di un altro 11 settembre, sarà un caso?, fa notare Anna Nadotti) che funge da detonatore.
occidente e oriente, economia degli squali, in giacca e cravatta, guerre, paure, orgoglio, amore, nostalgia della famiglia, e molto altro, un poco più di cento pagine intensissime, ti dispiace arrivare alla fine.
Changez è una specie di Virgilio che ci accompagna nel mondo che sta sotto la superficie, che non vogliono che noi vediamo, con gli occhi degli altri, e anche Erika si perde, non ce la fa.
il libro è una specie di monologo, Changez parla a uno statiunitense, un turista, un vecchio compagno, una spia, un giornalista, chissà, non lo sapremo mai, ma non importa, noi siamo qui per ascoltare Changez.
Mohsin Hamid sa scrivere, non vi annoierà, ne sono certo.
buona lettura!







Hamid costruisce la sua storia in modo speculare sul versante sentimentale e su quello politico. Changez è sedotto da Erika e dall’impero americano, salvo constatare che entrambi si chiudono in un passato nostalgico ed idealizzato da cui lui è escluso. La reazione post 11 settembre (uno scandaloso sorriso di compiacimento) può generare irritazione, ma la critica al sistema economico globale non è certo priva di fondamento. Leggere è anche cercare punti di vista diversi sul mondo e sulla Storia.

Mohsin Hamid, pakistano, la cui biografia richiama per molti aspetti la vita del protagonista, racconta, come se lo facesse a un americano incontrato a Lahore, questo turbinio di pensieri, questo vortice di vicende e la sofferenza morale che hanno portato nella vita del protagonista e, ragionevolmente, nella sua.
Il racconto - che tiene il lettore in perenne tensione in attesa di un evolversi difficile da prevedere - è amplificato da alcuni aspetti: il fatto che il protagonista da un lato appartenga alla sfera del sospetto (musulmano, pakistano, scuro di carnagione e negli ultimi tempi anche con una barba sempre più evidente) e dall'altro a quella del potere (esperto in finanza, laureato in una prestigiosa università americana, newyorkese d'adozione e per passione), ma particolarmente indicativa della volotà di amplificare l'effetto del contrasto e della difficoltà di relazioni, anche la scelta sentimentale del protagonista, che si lega a una ragazza americana il cui fidanzato - Chris, americanissimo anch'egli - è morto di cancro lasciando dietro sé un rimpianto incolmabile. 
Changez non potrà (e alla fine non vorrà) mai essere un "vero" americano e non potrà mai essere Chris. Changez sarà solo un pakistano, con la sua cultura e la sua barba finalmente "sincera": un ex giannizzero moderno e un fondamentalista riluttante.

Splendido nella sua leggerezza e nella sua chiarezza ed efficacia: galleggiano sullo stesso piano diffidenza e contrasti fra occidente ed oriente. Bellissima la disamina linguistica. Da non perdere assolutamente, peccato che duri un giorno :)

…Forse è un fondamentalista anche lui, ma lo è nella misura in cui difende la dignità e la forza (e l’integrità) della sua personale tradizione. Non si tratta, com’è evidente, di criticare l’attuale “stato dell’unione” (siccome lo fanno tutti, risulta retorico) ma di guardare con rispetto e con attenzione ai sentimenti e ai pensieri di un popolo che ha bisogno di riscoprirsi e di accettarsi in una robusta tradizione, e non di essere rinsavito a colpi di mortaio. Nella barba di Changez non si nasconde oscurantismo, ma solo discendimento e catabasi verso il baricentro di un’anima individuale e collettiva. Ascoltare le parole di Changez è più utile di mille proclami opportunistici dei guerrafondai dell’Est e dell’Ovest.

ci sono romanzi in grado di affrescare un’epoca – addirittura quella contemporanea – con la forza di un pamphlet storico e la scorrevolezza di un’opera di grande narrativa. “Il fondamentalista riluttante”, seconda fatica letteraria del pakistano Mohsin Hamid, si iscrive con pieno merito a questo gruppo: una lettura inderogabile per chi stia cercando un punto di vista differente da quello più vicino alla nostra visione del mondo ed una risposta “vista dall’altra parte del muro” ai più pressanti interrogativi dei nostri giorni (“è possibile una integrazione e un dialogo Islam – Occidente o lo scontro di culture è del tutto inevitabile?”).
Certo, c’è da armarsi di buona volontà e bisogna essere pronti ad inghiottire qualche amaro boccone: avete presente le interminabili discussioni con un amico che la pensa in maniera radicalmente diversa da te, e di cui fatichi ad accettare il punto di vista o le motivazione? Ecco.
La trama – efficace la scelta di un dialogo fra due personaggi che si tramuta in realtà in monologo – racconta la storia di Changez, giovane pakistano volato negli Stati Uniti a completare la sua formazione accademica e successivamente inseritosi con successo nella vita lavorativa del paese ospite. Un rientro in patria, un lavoro che sembra riassumere i mali del capitalismo e – forse soprattutto – una storia d’amore intensa e maledetta faranno scattare nel giovane una nuova consapevolezza, a metà tra un recupero della propria identità musulmana ed un rigurgito anti-occidentale….

Hamid costruisce la sua storia in modo speculare sul versante sentimentale e su quello politico. Changez è sedotto da Erika e dall’impero americano, salvo constatare che entrambi si chiudono in un passato nostalgico ed idealizzato da cui lui è escluso. La reazione post 11 settembre (uno scandaloso sorriso di compiacimento) può generare irritazione, ma la critica al sistema economico globale non è certo priva di fondamento. Leggere è anche cercare punti di vista diversi sul mondo e sulla Storia.

Mohsin Hamid, pakistano, la cui biografia richiama per molti aspetti la vita del protagonista, racconta, come se lo facesse a un americano incontrato a Lahore, questo turbinio di pensieri, questo vortice di vicende e la sofferenza morale che hanno portato nella vita del protagonista e, ragionevolmente, nella sua.
Il racconto - che tiene il lettore in perenne tensione in attesa di un evolversi difficile da prevedere - è amplificato da alcuni aspetti: il fatto che il protagonista da un lato appartenga alla sfera del sospetto (musulmano, pakistano, scuro di carnagione e negli ultimi tempi anche con una barba sempre più evidente) e dall'altro a quella del potere (esperto in finanza, laureato in una prestigiosa università americana, newyorkese d'adozione e per passione), ma particolarmente indicativa della volotà di amplificare l'effetto del contrasto e della difficoltà di relazioni, anche la scelta sentimentale del protagonista, che si lega a una ragazza americana il cui fidanzato - Chris, americanissimo anch'egli - è morto di cancro lasciando dietro sé un rimpianto incolmabile. 
Changez non potrà (e alla fine non vorrà) mai essere un "vero" americano e non potrà mai essere Chris. Changez sarà solo un pakistano, con la sua cultura e la sua barba finalmente "sincera": un ex giannizzero moderno e un fondamentalista riluttante.
  

qui ne parla Anna Nadotti

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