Non è bastato nemmeno l’attacco condotto con un elicottero, prima contro la sede del ministero dell’Interno (dove si trovavano circa 80 persone) e poi contro il Tribunale Supremo di Giustizia, per far ammettere alla quasi totalità della stampa internazionale che in Venezuela sono in atto da tempo tentativi di colpo di stato nemmeno più striscianti, ma reali.
Due giorni fa, mentre su Rai Due un servizio relativo a questo episodio parlava di un’improbabile messinscena del presidente Maduro per garantirsi maggiori possibilità di governare il Venezuela con il pugno di ferro, emergevano i dettagli sul tentato, e fortunatamente non riuscito, colpo di stato ai danni della rivoluzione bolivariana. A guidare l’elicottero da cui sono partiti gli spari e il lancio di alcune granate è stato Óscar Pérez, alto funzionario del Cuerpo de Investigaciones Científicas, Penales y Criminalísticas (Cicpc), attualmente vicino alla frangia più dura dell’opposizione antichavista. Pérez, che si era impossessato dell’elicottero all’interno della base aerea Francisco Miranda de La Carlota, a Caracas, risulta essere molto legato all’ex ministro Miguel Ángel Rodríguez Torres il quale, solo poche ore prima dell’assalto, implorava di fronte agli uomini della Cia il ripristino dello stato di diritto in Venezuela, assimilato dagli oppositori alla cacciata di Maduro con qualsiasi mezzo. Non appena il presidente ha denunciato, da Miraflores, il nuovo tentativo di golpe, i media internazionali si sono immediatamente affannati per dimostrare che Maduro non aveva alcuna prova tra le mani per dimostrare che si trattava di un colpo di stato, come se non bastasse il profilo di Óscar Pérez a certificarlo. Il funzionario del Cicpc, sui social, alterna foto che lo ritraggono in assetto da combattimento a immagini che lo immortalano in qualità di attore. Ad esempio, in un’intervista rilasciata il 25 ottobre 2015 al quotidiano Panorama, parla del film Muerte Suspendida, in cui propaganda le azioni del suo corpo militare tra i giovani dei quartieri di Caracas. Inoltre, Óscar Pérez non è un militare qualunque, ma membro della Brigada de Acciones Especiales e alla guida delle Operaciones Aéreas en la División Aérea.
La guerra senza quartiere condotta contro il Venezuela bolivariano non si ferma qui. È dalla piattaforma web Dolar Today, con sede a Miami, che sono partite le ultime campagne contro il chavismo sui social network, in particolare su Twitter. Ufficialmente, Dolar Today è un sito che si occupa di monitorare la situazione dell’economia venezuelana, ma fin dal 2013 il presidente Nicolás Maduro lo ha accusato di alimentare una guerra economica contro il suo governo, soprattutto falsificando le cifre del cambio al mercato nero. Inoltre, Dolar Today propaganda apertamente le manifestazioni della destra golpista. Tramite account twitter che non rispondono a persone reali, ma a profili inesistenti creati ad hoc, le frasi che invocano la salida di Maduro, create da imprese di marketing digitale, entrano facilmente tra le tendenze del social network dai 140 caratteri e vengono prese per veritiere dalla stampa internazionale. Era già successo nel 2014, quando l’hashtag “#PrayForVenezuela”, creato dalla piattaforma web messicana LoQueSigue per denunciare la supposta repressione e censura dell’opposizione da parte di Maduro si trasformò in tendenza mondiale.
Come se non bastasse, il chavismo è sotto attacco anche in Europa. A dimostrarlo, il discorso carico di odio pronunciato dal venezuelano Alberto Franceschi nell’ambito di un incontro organizzato dal Movimiento Ciudadano hacia la República Constitucional Islas Canarias e, a questo proposito, sorprende il silenzio dello Stato spagnolo di fronte all’esplicito incitamento all’insurrezione armata contro un governo democraticamente eletto. Franceschi ha ripetuto più volte che i colectivos chavistas andrebbero eliminati tramite pietre e piombo. Tuttavia, il sostegno del Movimiento Ciudadano hacia la República Constitucional Islas Canarias al rovesciamento di Maduro non sorprende se pensiamo che alla sua guida c’è un antichavista per eccellenza come Juan José Benítez de Lugo y Massieu, uno dei figli del falangista spagnolo Marqués de la Florida.
L’attuale scenario politico venezuelano si avvicina, ogni giorno di più, al Cile dei giorni precedenti al colpo di stato dell’11 settembre 1973. Come il Cile, anche il Venezuela deve affrontare una vera e propria guerra economica dovuta alla ricchezza delle sue risorse naturali, a partire dal petrolio e, a Caracas come nella Santiago dei primi anni Settanta, un paese sovrano si scontra con il grande capitale e con gli Stati uniti. Il tessuto sociale della rivoluzione bolivariana è lo stesso di Unidad Popular e Maduro, come Allende, ha promosso una politica volta al controllo dei prezzi per contenere l’inflazione ed entrambi hanno fatto ricorso ai Comites Locales de Abastecimiento. Al tempo stesso, sia in Cile sia in Venezuela, l’opposizione è sostenuta economicamente da Usaid e dal dipartimento di Stato degli Stati uniti.
Per il momento il Venezuela bolivariano è riuscito a sventare un nuovo colpo di stato, ma fino a quando riuscirà a resistere ad attacchi che giorno dopo giorno diventano sempre più pesanti?
(tratto da Peacelink – 30 giugno 2017)
Sempre sulla violenza politica in Venezuela, segnalo questo articolo tratto dal sito web di Gennaro Carotenuto: Violenza politica in Venezuela, proviamo a capire chi sono i morti.
Da divulgare, ancora sulle violenze dei guarimbeiros, anche questo di Geraldina Colotti, tratto dal quotidiano il manifesto: Venezuela: Italiani denunciano, «Dagli squadristi minacce di morte»
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