martedì 28 novembre 2017

La città & la città – China Miéville

immaginate una Berlino senza muro, ma con una divisione altrettanto forte, di qua e di là, due mondi separati fino all’assurdo.
China Miéville sovrappone le due città, a volte coincidono, una rappresentazione audace.
all’interno di questo microcosmo ci sono cose che succedono, sono due mondi dominati dalla paura e dalla polizia e da una forza ancora superiore, ignota, incomprensibile, ma concreta.
si può leggere in tanti modi, a me è sembrato, con un salto enorme, che quelle reti, quei poteri che intrappolano le menti degli abitanti di Beszel e Ul Qoma, città gemelle e nemiche, siano come i draghi di cartone, che Edward Snowden e Julian Assange hanno smascherato.
ma quei poteri, la Violazione, fanno molto male, sembrano invincibili, anche perché tutti credono che lo siano.
anche chi ci lavorerà, nella Violazione, come l’ispettore Borlù, non sa molto, è il Potere, che si è radicato nelle teste degli abitanti di quel piccolo angolo di mondo, così è e così sarà, l’impero romano, l’impero di Carlo V, l’impero inglese, l’impero cinese, l’impero Usa, così è e così sarà, hanno sempre detto.
mi sa che il romanzo di China Miéville, attivista e socialista (fa parte del Socialist Workers Party inglese e si è presentato senza successo alle elezioni per il parlamento britannico nel 2001 come candidato della Socialist Alliance) è un romanzo (molto) politico.
se non l’avessi appena letto me lo leggerei, è come un consiglio, mi sembra,
l’ispettore Borlù mi ha ricordato Martin Bora (l’investigatore nazista creato da Ben Pastor), quel mondo strano mi ha ricordato il mondo (altro) di Epepe.
buona lettura





«E’ più stupido e infantile presumere che ci sia una cospirazione o che non ci sia?». Così riflette l’ispettore Borlù. Sarebbe un quesito sconcertante anche nel nostro mondo ma suona un bel po’ diverso per chi vive a Beszel e nella sua gemella siamese/nemica Ul Qoma ma può vedere una sola delle due città pure quando passa attraverso l’altra.
La magia dell’inglese China Miéville è di farci abbandonare quasi subito l’incredulità e di abituarci che «La città & la città» (Fanucci editore: 366 pagine per 12.90 euri, traduzione di Maurizio Nati) possano davvero esistere l’una dentro l’altra ma ognuna invisibile ai cittadini “stranieri” che lì abitano. Dove accade? In una immaginaria repubblica post-sovietica. Chi legge il romanzo non saprà se l’anomalia di Beszel e Ul Qoma sia tecnologica, magica, una frattura spazio-temporale, uno spicchio di mondi alieni (come nel romanzo-film «Stalker») oppure lo scherzo di un dio burlone, di un pagliaccio cosmico. Non importa saperlo. Perché la vera stregoneria, il mistero inesplicabile è da dove Miéville abbia tirato fuori queste storie…
da qui

…A romanzo finito posso dire che non condivido l’entusiasmo della critica internazionale. Forse l’edizione è stata penalizzata da una traduzione fatta coi piedi, ma lo stile di Miéville a me è sembrato sciatto, poco curato, piatto, noioso. Un libro con una storia del genere si merita di essere scritto da qualcuno che, per lo meno, ha una minima cognizione del senso del ritmo narrativo, cosa che, secondo me, Miéville non ha.
La storia è fenomenale in sé, una delle migliori che abbia letto quest’anno (lo so che siamo solo a febbraio, ma sono tre mesi che leggo roba che rasenta a malapena la sufficienza.
Per fare un paragone cinematografico, avete presente Il padrino parte seconda? Ecco, è universalmente riconosciuto come uno dei film migliori di sempre (e piace pure a me, pur non essendo un fan del genere), e ci sono dei buoni motivi per questo: storia, interpretazione, regia, sceneggiatura. Ora immaginate se Il padrino parte seconda, sempre interpretato da Robert De Niro, sempre sceneggiato da Francis Ford Coppola e Mario Puzo, però diretto da Michael Bay. Cosa pensate succederebbe? Succederebbe La città e la città, ecco cosa.
Insomma, il libro vale la pena di leggerlo solo in virtù della storia (che è l’unico motivo per cui questa recensione è positiva) e se ciò significa doversi turare il naso e sopportare lo stile blando di Miéville, beh, pazienza.
da qui

…Al di là della genialità dell'invenzione narrativa, ciò che è veramente geniale è il modo in cui l'autore palesa la nostra superficialità: in quanto spettatori esterni siamo pronti a cogliere e ridicolizzare l'assurdità della situazione di Beszel e Ul Quoma senza nemmeno capire che i besz e gli ul quomani siamo proprio noi.
In questo contesto la detective story in stile Blade Runner compie un ruolo marginale, assoggettata all'esigenza dell'autore di mostrare il funzionamento del disvedere nelle piccole cose quotidiane. Le indagini di Borlù sono principalmente una scusa per reiterare cosa si può fare e cosa non si può fare, quanto complicato e inumano sia vivere in questo modo, per questo soprattutto nella parte del romanzo mancano di ritmo e non sempre seguono la logica. La risoluzione dell'intrigo è poi un po' raffazzonata, non particolarmente originale e poco credibile nel modo in cui viene individuata dal protagonista…

da qui

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